La verità è un dito in culo non demonizzato
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
ah quando vorrei vedervi assaggiare questo o quel vino,range 2,50-250€, da bendati ma soprattutto ascoltare i vostri pareri. credo mi emozionerei follemente.
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
Arrivo lungo,
dipende dal tipo di vino
Si alterna modernità e in alcuni casi anche sperimentazione ai metodi classici.
Tra l'altro, leggevo qualche tempo fa alcuni articoli/scritti in cui si spiegava che contrariamente a quanto si pensa, la patria del "metodo classico" è la coda delle Langhe, e specificatamente Canelli, con le sue case spumantiere storiche, che proprio con il metodo classico avevano spopolato oltre confini e oltre oceano già nei primi anni del '900.
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
Leggevo che nei post successivi si parlava di molte cose interessanti, qualità, quantità, etc...
Fortunatamente negli ultimi 10-15 anni il mercato del Vino ha capito che per cambiare passo deve puntare sulla qualità, un percorso che inizialmente è stato perseguito negli anni '90 dai piccoli produttori per emergere e farsi un nome nel mercato e che dal 2005-2010 in poi è stato finalmente cavalcato anche da diverse Cantine sociali, dove proprio sulla spinta dei Soci che le compongono si è puntata con decisione sulla produzione di un vino di qualità, curando in primis la filiera produttiva con una maggiore attenzione nella scelta del prodotto fondamentale, ovvero l'uva.
Negl'ultimi lustri si è infatti iniziato a premiare la qualità dell'uva, grado, freschezza del prodotto, con un'incremento dell'importo riconosciuto al viticoltore, e poi si è passati a istituire delle DOCG che tutelano e curano la qualità del prodotto dalla produzione in vigna fino alla trasformazione finale in cantina, proprio per arrivare ad avere un Vino sempre più figlio dell'uva da cui nasce e non "aggiustato" successivamente in fase di trasformazione.
Per quanto riguarda invece le "malattie", con la peronospora ci si continua a convivere e con i trattamenti fitosanitari giusti la si riesce a combattere, anche nell'ambito dell'Agricoltura Biologica, il vero problema, almeno qui in Piemonte, è la Flavescenza Dorata, malattia che come la filossera è causata da un insetto e che, da quel che sembra, si è diffusa in Italia con l'arrivo delle barbatelle dalla Francia (dove con la Flavescenza combattono da decenni) ad inizio degli anni 2000.
Il vitigno Barbera quello decisamente più sensibile e colpito, seguito da Chardonnay, Dolcetto, Pinot... tra i più resistenti il Nebbiolo (la base del Barolo e del Barbaresco per intenderci) e il Moscato, che dal canto suo deve invece combattere con il Mal dell'Esca, un fungo che in questo momento risulta parecchio difficile da contrastare.
Fortunatamente negli ultimi 10-15 anni il mercato del Vino ha capito che per cambiare passo deve puntare sulla qualità, un percorso che inizialmente è stato perseguito negli anni '90 dai piccoli produttori per emergere e farsi un nome nel mercato e che dal 2005-2010 in poi è stato finalmente cavalcato anche da diverse Cantine sociali, dove proprio sulla spinta dei Soci che le compongono si è puntata con decisione sulla produzione di un vino di qualità, curando in primis la filiera produttiva con una maggiore attenzione nella scelta del prodotto fondamentale, ovvero l'uva.
Negl'ultimi lustri si è infatti iniziato a premiare la qualità dell'uva, grado, freschezza del prodotto, con un'incremento dell'importo riconosciuto al viticoltore, e poi si è passati a istituire delle DOCG che tutelano e curano la qualità del prodotto dalla produzione in vigna fino alla trasformazione finale in cantina, proprio per arrivare ad avere un Vino sempre più figlio dell'uva da cui nasce e non "aggiustato" successivamente in fase di trasformazione.
Per quanto riguarda invece le "malattie", con la peronospora ci si continua a convivere e con i trattamenti fitosanitari giusti la si riesce a combattere, anche nell'ambito dell'Agricoltura Biologica, il vero problema, almeno qui in Piemonte, è la Flavescenza Dorata, malattia che come la filossera è causata da un insetto e che, da quel che sembra, si è diffusa in Italia con l'arrivo delle barbatelle dalla Francia (dove con la Flavescenza combattono da decenni) ad inizio degli anni 2000.
Il vitigno Barbera quello decisamente più sensibile e colpito, seguito da Chardonnay, Dolcetto, Pinot... tra i più resistenti il Nebbiolo (la base del Barolo e del Barbaresco per intenderci) e il Moscato, che dal canto suo deve invece combattere con il Mal dell'Esca, un fungo che in questo momento risulta parecchio difficile da contrastare.
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
Mi permetto di soffermarmi su questa frase, che da viticoltore/vignaiolo "dilettante", trovo sia una sorta di motto che dovrebbe guidare tutti noi che dedichiamo parte del nostro tempo alla cura delle viti (cosa che per fortuna, soprattutto nelle generazioni contadine più recenti sta finalmente succedendo), ma che allo stesso tempo spesso diventa difficile da perseguire/sostenere.Mickyleroy ha scritto: 31/03/2023, 9:28
Nel primo caso si può (e come penso avrai capito, per la mia personale visione a riguardo, si deve) lavorare in modo da portare in bottiglia quello che la natura ti ha dato, per essere il più sinceri possibile.
Mi spiego meglio, la coltivazione dell'uva, essendo a cielo aperto, è molto soggetta alle condizioni climatiche, e nella composizione di un Vino subentrano diversi fattori su cui influisce positivamente o negativamente il clima di ogni annata; per certi Vini, soprattutto quelli di etichette molto conosciute, si è raggiunto ormai uno standard qualitativo che per soddisfare una clientela ormai acquisita va giocoforza mantenuto, per questo non sempre è possibile "portare in bottiglia quello che natura ti ha dato", perchè capita che a volte la natura ti ha dato troppo, altre troppo poco, e per forza per ritornare ad avere quello "standard riconosciuto" devi "aggiustare" il prodotto nelle varie fasi di lavorazione.
Va comunque detto che stanno nascendo sempre più Vini, soprattutto di DOCG selezionate e spesso con numeri di bottiglie prodotte non esagerate, che puntano ad ottenere un prodotto finito sempre più fedele all'uva che l'ha originato; in questi casi, come cercavo di spiegare nel post precedente, si cura molto di più la filiera produttiva e si parte da un uva che garantisce una determinata qualità, valutando le caratteristiche dei terreni sui quali sorge il vigneto, l'esposizione solare, etc... insomma, partire da un uva di ottima qualità per ottenere un buon vino.
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
vikings11 ha scritto: 03/04/2023, 10:44Mi permetto di soffermarmi su questa frase, che da viticoltore/vignaiolo "dilettante", trovo sia una sorta di motto che dovrebbe guidare tutti noi che dedichiamo parte del nostro tempo alla cura delle viti (cosa che per fortuna, soprattutto nelle generazioni contadine più recenti sta finalmente succedendo), ma che allo stesso tempo spesso diventa difficile da perseguire/sostenere.Mickyleroy ha scritto: 31/03/2023, 9:28
Nel primo caso si può (e come penso avrai capito, per la mia personale visione a riguardo, si deve) lavorare in modo da portare in bottiglia quello che la natura ti ha dato, per essere il più sinceri possibile.
Mi spiego meglio, la coltivazione dell'uva, essendo a cielo aperto, è molto soggetta alle condizioni climatiche, e nella composizione di un Vino subentrano diversi fattori su cui influisce positivamente o negativamente il clima di ogni annata; per certi Vini, soprattutto quelli di etichette molto conosciute, si è raggiunto ormai uno standard qualitativo che per soddisfare una clientela ormai acquisita va giocoforza mantenuto, per questo non sempre è possibile "portare in bottiglia quello che natura ti ha dato", perchè capita che a volte la natura ti ha dato troppo, altre troppo poco, e per forza per ritornare ad avere quello "standard riconosciuto" devi "aggiustare" il prodotto nelle varie fasi di lavorazione.
Va comunque detto che stanno nascendo sempre più Vini, soprattutto di DOCG selezionate e spesso con numeri di bottiglie prodotte non esagerate, che puntano ad ottenere un prodotto finito sempre più fedele all'uva che l'ha originato; in questi casi, come cercavo di spiegare nel post precedente, si cura molto di più la filiera produttiva e si parte da un uva che garantisce una determinata qualità, valutando le caratteristiche dei terreni sui quali sorge il vigneto, l'esposizione solare, etc... insomma, partire da un uva di ottima qualità per ottenere un buon vino.
Tutto giusto.
Il nocciolo di questa questione sta, secondo me, nella distinzione tra vini "artigianali" e vini "industriali" (definizioni mie, sono ancora in cerca di due vocaboli che rendano meglio l'idea. Artigianale è stato azzoppato dalla bolla dei birrifici, settore vicino al nostro, mentre industriale ha con sé una piccola accezione negativa che non vorrei far passare).
Il piccolo produttore, l'artigiano che lavora una piccola quantità di bottiglie (o di ettari, c'è chi considera un dato chi l'altro) riesce a seguire con cura dei dettagli tutte le fasi della produzione, in primis il lavoro in vigna.
L'azienda che fa invece un vino "industriale", ha dei vincoli secondo me maggiori per quanto riguarda i costi di produzione, soprattutto nella fase in campo, per cui si deve "accontentare" di soluzioni consone in termini di costo/qualità del risultato finale.
In seconda battuta, il primo può seguire con maggiore cura dove arriva ognuna delle sue bottiglie e può spendere del tempo per spiegare al cliente finale o agli intermediari le differenze vendemmiali, che per forza di cose esistono e da un lato sono il lato poetico di questo settore. La grande azienda, che metti caso magari vende anche nella GDO, questa cosa non la può fare, quindi "standardizza" il prodotto di anno in anno, per dare al cliente finale un risultato sempre simile. (Riconosco della maestria anche in questo modo di lavorare, per questo non mi piace l'accezione negativa di industriale).
Nei piccoli produttori fortunatamente esistono ancora casi in cui, per "onestà intellettuale", certi vini considerati "la riserva" o comunque il prodotto di punta della casa vengono in annate meno fortunate declassati. Si parla di scelte coraggiose che non tutti possono fare, soprattutto a livello economico. Prendo 5000 bottiglie che vendo a 50€ al consumatore finale e di cui vado sempre in sold out e, ammettendone un più basso livello qualitativo, le vendo a 18€ come il mio prodotto "entry level". Io da consumatore leggo questo gesto in maniera più che positiva.
Di contro, una grande azienda una decisione del genere non la può praticamente mai prendere, essendo "schiava" sia degli intermediari che dei consumatori finali.
PS: trovassi una soluzione a Flavescenza dorata o al Mal dell'Esca andrei in pensione domani.
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
Diciamo che il problema di "stare dentro al prezzo" che impone la GDO crea un bel contrasto alla qualità del prodotto, anche se devo dire che, dando un'occhiata di sfuggita ai reparti vini ho visto alcuni supermercati iniziare ad avere prodotti interessanti ed in fasce di prezzo consone alla qualità del vino/etichetta messa in vendita, ma sono casi davvero sporadici.
Succede altresì, e di questo ho conoscenza diretta, di Cantine che abbiano tirato una bella riga sopra gli accordi di vendita con la GDO, rinunciando anche degli introiti di una certa consistenza, perchè il prezzo "imposto" non gli consentiva di mantenere il proprio prodotto allo standard qualitativo perseguito dalla mission aziendale.
Queste scelte potrebbero premiare a lungo termine...
PS. Per la FD ne han provate diverse finora, ma la soluzione sembra ancora lontana; sul Mal dell'Esca un'attenzione costante in fase di potatura sembra che un minimo di controllo sulla diffusione la stia consentendo...
Succede altresì, e di questo ho conoscenza diretta, di Cantine che abbiano tirato una bella riga sopra gli accordi di vendita con la GDO, rinunciando anche degli introiti di una certa consistenza, perchè il prezzo "imposto" non gli consentiva di mantenere il proprio prodotto allo standard qualitativo perseguito dalla mission aziendale.
Queste scelte potrebbero premiare a lungo termine...
PS. Per la FD ne han provate diverse finora, ma la soluzione sembra ancora lontana; sul Mal dell'Esca un'attenzione costante in fase di potatura sembra che un minimo di controllo sulla diffusione la stia consentendo...
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
Per hobby e passione qualche cantina grossa l'ho visitata in vita mia....Mickyleroy ha scritto: 03/04/2023, 11:39vikings11 ha scritto: 03/04/2023, 10:44
Mi permetto di soffermarmi su questa frase, che da viticoltore/vignaiolo "dilettante", trovo sia una sorta di motto che dovrebbe guidare tutti noi che dedichiamo parte del nostro tempo alla cura delle viti (cosa che per fortuna, soprattutto nelle generazioni contadine più recenti sta finalmente succedendo), ma che allo stesso tempo spesso diventa difficile da perseguire/sostenere.
Mi spiego meglio, la coltivazione dell'uva, essendo a cielo aperto, è molto soggetta alle condizioni climatiche, e nella composizione di un Vino subentrano diversi fattori su cui influisce positivamente o negativamente il clima di ogni annata; per certi Vini, soprattutto quelli di etichette molto conosciute, si è raggiunto ormai uno standard qualitativo che per soddisfare una clientela ormai acquisita va giocoforza mantenuto, per questo non sempre è possibile "portare in bottiglia quello che natura ti ha dato", perchè capita che a volte la natura ti ha dato troppo, altre troppo poco, e per forza per ritornare ad avere quello "standard riconosciuto" devi "aggiustare" il prodotto nelle varie fasi di lavorazione.
Va comunque detto che stanno nascendo sempre più Vini, soprattutto di DOCG selezionate e spesso con numeri di bottiglie prodotte non esagerate, che puntano ad ottenere un prodotto finito sempre più fedele all'uva che l'ha originato; in questi casi, come cercavo di spiegare nel post precedente, si cura molto di più la filiera produttiva e si parte da un uva che garantisce una determinata qualità, valutando le caratteristiche dei terreni sui quali sorge il vigneto, l'esposizione solare, etc... insomma, partire da un uva di ottima qualità per ottenere un buon vino.
Tutto giusto.
Il nocciolo di questa questione sta, secondo me, nella distinzione tra vini "artigianali" e vini "industriali" (definizioni mie, sono ancora in cerca di due vocaboli che rendano meglio l'idea. Artigianale è stato azzoppato dalla bolla dei birrifici, settore vicino al nostro, mentre industriale ha con sé una piccola accezione negativa che non vorrei far passare).
Il piccolo produttore, l'artigiano che lavora una piccola quantità di bottiglie (o di ettari, c'è chi considera un dato chi l'altro) riesce a seguire con cura dei dettagli tutte le fasi della produzione, in primis il lavoro in vigna.
L'azienda che fa invece un vino "industriale", ha dei vincoli secondo me maggiori per quanto riguarda i costi di produzione, soprattutto nella fase in campo, per cui si deve "accontentare" di soluzioni consone in termini di costo/qualità del risultato finale.
In seconda battuta, il primo può seguire con maggiore cura dove arriva ognuna delle sue bottiglie e può spendere del tempo per spiegare al cliente finale o agli intermediari le differenze vendemmiali, che per forza di cose esistono e da un lato sono il lato poetico di questo settore. La grande azienda, che metti caso magari vende anche nella GDO, questa cosa non la può fare, quindi "standardizza" il prodotto di anno in anno, per dare al cliente finale un risultato sempre simile. (Riconosco della maestria anche in questo modo di lavorare, per questo non mi piace l'accezione negativa di industriale).
Nei piccoli produttori fortunatamente esistono ancora casi in cui, per "onestà intellettuale", certi vini considerati "la riserva" o comunque il prodotto di punta della casa vengono in annate meno fortunate declassati. Si parla di scelte coraggiose che non tutti possono fare, soprattutto a livello economico. Prendo 5000 bottiglie che vendo a 50€ al consumatore finale e di cui vado sempre in sold out e, ammettendone un più basso livello qualitativo, le vendo a 18€ come il mio prodotto "entry level". Io da consumatore leggo questo gesto in maniera più che positiva.
Di contro, una grande azienda una decisione del genere non la può praticamente mai prendere, essendo "schiava" sia degli intermediari che dei consumatori finali.
PS: trovassi una soluzione a Flavescenza dorata o al Mal dell'Esca andrei in pensione domani.
Onestamente ho sempre trovato molto fumo e poco arrosto, l'apparire prima ancora della sostanza dei vini.
Ovviamente ci sono tantissime eccellenze eh come Pepe, il gia' citato Conterno e Voerzio, Gaja, Bressan in Friuli che e' un visionario avanti 100 anni a tutti, diciamo che ciccia buona ne esiste ecco.
Ho trovato invece alcune sorprese nel sottobosco dei piccoli conosciuti clamorose.
Spiriti Ebbri in Calabria e' uno tra questi.
SOLITO POST AGGRESSIVO...cit
alla riscossa stupidi, che i fiumi sono in piena, potete stare a galla...
https://twitter.com/dannyvietti/status/ ... 48193?s=21
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
Ho recuperato un mio libro del 1935, il ghiottone errante, raccolta di articoli che il giornalista Paolo Monelli scrisse l'anno prima per la Gazzetta del Popolo.
Il libro è un tour enogastronomico in giro per l'Italia, credo sia stato ristampato da poco.
Per portare spunti di discussioni vi leggo dei vini venduti in una tipica vendita di ombre di Treviso. San Severo, Foresto nero, Zagarese dolce, Malvasia bianco dolce , Moscatello.
Da un osteria di Genova che si distingue per la scelta di cambiare i vini ad ogni portata, influenza francese?
Aperitivo , un pompelmo zuccherato per aprire lo stomaco ( probabile influenza americana). Primo piatto trenette con il pesto, vino di Coronata, descritto come vino magro,pallido con gusto mordente,segue il vino Rossese con aliti di catrame e di fragola . Poi vitello con i funghi con vino Frecciarossa vino nobile vermiglio con pieni poteri. Poi con la frutta lo Sciacchetrà delle cinque terre vino dolce aromatico e compresso.
Curiosità, citazione di un modo di bere il vino di Verici con il puron di tradizione catalana, molto simile al guttus, contenitore per bevande di origine greca.
Il libro è un tour enogastronomico in giro per l'Italia, credo sia stato ristampato da poco.
Per portare spunti di discussioni vi leggo dei vini venduti in una tipica vendita di ombre di Treviso. San Severo, Foresto nero, Zagarese dolce, Malvasia bianco dolce , Moscatello.
Da un osteria di Genova che si distingue per la scelta di cambiare i vini ad ogni portata, influenza francese?
Aperitivo , un pompelmo zuccherato per aprire lo stomaco ( probabile influenza americana). Primo piatto trenette con il pesto, vino di Coronata, descritto come vino magro,pallido con gusto mordente,segue il vino Rossese con aliti di catrame e di fragola . Poi vitello con i funghi con vino Frecciarossa vino nobile vermiglio con pieni poteri. Poi con la frutta lo Sciacchetrà delle cinque terre vino dolce aromatico e compresso.
Curiosità, citazione di un modo di bere il vino di Verici con il puron di tradizione catalana, molto simile al guttus, contenitore per bevande di origine greca.
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
Ti facevo più giovanegarylarson ha scritto: 06/04/2023, 16:33 Ho recuperato un mio libro del 1935, il ghiottone errante, raccolta di articoli che il giornalista Paolo Monelli scrisse l'anno prima per la Gazzetta del Popolo.
Il libro è un tour enogastronomico in giro per l'Italia, credo sia stato ristampato da poco.
Per portare spunti di discussioni vi leggo dei vini venduti in una tipica vendita di ombre di Treviso. San Severo, Foresto nero, Zagarese dolce, Malvasia bianco dolce , Moscatello.
Da un osteria di Genova che si distingue per la scelta di cambiare i vini ad ogni portata, influenza francese?
Aperitivo , un pompelmo zuccherato per aprire lo stomaco ( probabile influenza americana). Primo piatto trenette con il pesto, vino di Coronata, descritto come vino magro,pallido con gusto mordente,segue il vino Rossese con aliti di catrame e di fragola . Poi vitello con i funghi con vino Frecciarossa vino nobile vermiglio con pieni poteri. Poi con la frutta lo Sciacchetrà delle cinque terre vino dolce aromatico e compresso.
Curiosità, citazione di un modo di bere il vino di Verici con il puron di tradizione catalana, molto simile al guttus, contenitore per bevande di origine greca.

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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
Visto che poco sopra si parlava di alta cucina e vi leggo ferrati, ragù pronti buoni ? Non ho voglia di farlo ne di farlo fare a mia madre
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
andreaR ha scritto: 07/04/2023, 10:18 Visto che poco sopra si parlava di alta cucina e vi leggo ferrati, ragù pronti buoni ? Non ho voglia di farlo ne di farlo fare a mia madre
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pronti buoni e' un ossimoro di per se'....
se non vuoi fare sbattimenti, vai almeno in una gastronomia che te li faccia al momento, no prodotti fatti tre mesi fa impestati di conservanti.
SOLITO POST AGGRESSIVO...cit
alla riscossa stupidi, che i fiumi sono in piena, potete stare a galla...
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
garylarson ha scritto: 06/04/2023, 16:33 Ho recuperato un mio libro del 1935, il ghiottone errante, raccolta di articoli che il giornalista Paolo Monelli scrisse l'anno prima per la Gazzetta del Popolo.
Il libro è un tour enogastronomico in giro per l'Italia, credo sia stato ristampato da poco.
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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
Frogs l'uomo con una sola cosa in testa, una bistecca. 

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Re: La verità è un dito in culo non demonizzato
Al singolare prego, ti riferisci alla Fiorentina o a quella giapponese
