
Seconda esperienza dietro la macchina da presa di tale Scott Z. Burns, finora conosciuto ai meno come sceneggiatore per Soderbergh. Si parla di Daniel Jones, investigatore capo per conto del senato americano riguardo le tecniche di "detenzione e interrogazione" (leggasi: torture) perpetrate dalla CIA in seguito all'11 settembre. Un film lineare nella sua esposizione e nel messaggio, a tratti forse troppo. Burns non risparmia pugni nello stomaco quando si tratta di mostrare la brutalita' di certe pratiche, quasi come se l'obiettivo principale fosse farne qualcosa di accurato, prima ancora che con valore di intrattenimento. Burns non riesce a credere che certe cose siano avvenute per mano di americani, nei nostri giorni, e vuole che tu condivida la sua rabbia. Questa rabbia e' come un filo steso lungo tutto il film, mai esplosa, sempre sotto controllo e che raramente si fa viva negli occhi del protagonista. Non una visione semplice ma interessante, non inventa niente ma tutto quello che vuole fare lo fa con bravura. Consigliato agli appassionati del genere.
Una parola a parte per Adam Driver, che per quanto mi riguarda e' gia' entrato nella categoria di quegli attori che vado a vedere al cinema, a prescindere da tutto il resto. Questa e' un'interpretazione magnifica, per sottrazione, in cui ci mostra un investigatore che non puo' farsi prendere dalle emozioni o dal credo politico, eppure ogni centimetro che scava lo porta piu' vicino all'esplosione. Vorrebbe urlare in faccia a tutti e non puo', perche' il suo senso del dovere e' piu' importante. Non una di quelle parti che andra' a finire nel tuo highlight reel fra 30 anni, ma l'ennesima prova di un attore che sa essere incredibilmente eclettico (dal franchise alla commedia al dramma senza perdere un colpo). Non vedo l'ora di vederlo di nuovo in A Marriage Story che dovrebbe uscire tra poco.