joesox ha scritto: 30/05/2018, 7:53
Non ci sono prove. Non sono d'accordo su nulla.
JR Smith ha fatto esattamente il contrario.
A Boston 3-19
A Cleveland 7-15
Quindi abbiamo una lega di giocatori che fuori casa vanno in crisi emotiva.
Giocatori che hanno fatto finali e che se la fanno sotto?
Tutte le squadre perdono di più in trasferta e giocano peggio in trasferta.
La stragrande maggioranza degli arbitri fischiano più falli alle squadre in trasferta.
Le luci del palazzetto, i viaggi, i riferimenti di tiro, la routine, forse anche le urla della folla penalizzano chi viaggia.
Poi ci sono gare in cui giochi male anche in casa. Succede.
Ariza ieri ha fatto 0-12, in casa. Anche lui un cagasotto?
KD invece ne ha messi 34. Fuori casa. Allora?
Ci sono trend chiari ed ogni tanto noise che ci fa credere alle fiabe.
Non ci sono prove???
Davvero ti accontenti delle luci diverse di un palazzetto per giustificare un 10-1 in casa(era la statistica esatta) contro un 1-7 in trasferta?
Sono proprio le tue statistiche, senza nemmeno bisogno di andare nel complesso, ad essere la prova più evidente...Che le semplici statistiche non spiegano niente.
Sono una fotografia, non la spiegazione.
Il tuo vuole essere un approccio scientifico che nei fatti si rivela come una delle cose meno scientifiche che esista, perchè le statistiche, quando conta, ti lasciano a piedi.
Tratti la psicologia come se fosse l'astrologia o l'alchimia, ma non è affatto così: la psicologia è una signora scienza, non l'ho deciso io.
Possiamo anche togliere di mezzo lo sport e guardare alla vita, se ti è più comodo.
Esame per la patente, esami universitari, discussione della tesi, colloqui di lavoro, ambienti di lavoro...
La miglior prova del fatto che il fattore psicologico esiste dovresti essere tu stesso.
Io sono il tipo di persona che, in tutti questi esercizi, ha sperimentato un rendimento che è andato dal clamorosamente positivo al disastroso, indipendentemente dalle luci nella stanza e dalla mia preparazione.
Perchè? Non lo so nemmeno io...A volte mi sentivo in grado di fare qualsiasi cosa, in altre circostanze la tensione era così forte da impedirmi di respirare correttamente.
Tra l'altro tutto ciò indipendentemente dall'importanza reale di quanto stavo per fare.
Io appartengo a questa macrocategoria, per quanto si possa ricondurre il tutto a categoria(ma uno degli aspetti affascinanti è che non si può del tutto...E meno male, altrimenti lo sport, ad esempio, sarebbe noiosissimo).
Tu non sei così'? Magari sei "un Jordan", uno che sotto pressione tira sempre e comunque fuori il meglio, il che non vuol dire, ovviamente, che segnerai sempre quando conta: vuol dire che quando sbaglierai sarà più verosimile la spiegazione della casualità.
Ripeto...Il prossimo passo della ricerca sportiva sarà riuscire ad applicare ad un persona la SCIENZA psicologica, ottimizzando, per quanto possibile, il suo rendimento.
Ne trarranno beneficio anche le statistiche, che riusciranno a fotografare qualcosa di più esatto e ad essere, quindi, più utili.
Altro fattore che le statistiche schifano: l'esperienza.
James è molto più forte mentalmente di 10 anni fa, perchè sa leggere le partite, dosare lo sforzo, gestire al meglio le situazioni complesse.
Se un rookie di norma regge meno bene di un veterano è solo un caso? Ovviamente no.
Ci sarà il rookie che istintivamente fa già tutte le cose o quasi tutte al meglio, così come ci sarà il veterano ormai marcio per cui l'esperienza non serve più a niente, ma sono estremi rari.
La normalità è che i giocatori raggiungono il top ad un'età che è più o meno una via di mezzo tra il giovanissimo e il vecchio.
Cosa lo dice? Le statistiche.
Le statistiche fotografano, non spiegano, e sono contentissimo che sia così.