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Federico Buffa è il nostro inviato al Sundance Film Festival che troveremo nello Sky Cine News di stasera e nei prossimi giorni con altri aggiornamenti direttamente dal Sundance.
Ecco se mi mandano Buffa al Sundance, e lo coprono in maniera adeguata, si son riguadagnati i miei soldi per i prossimi 10 anni.
Tra l'altro il cinema è sempre stata una delle sue 2-3 più grandi passioni, ma non viene mai fuori l'occasione per parlarne.
Non so quanto ci sia di romanzo ma aveva raccontato come da giovane pur di vedere più film possibile si fece assumere come addetto alle pulizie nelle sale.
Se gli trovassero uno spazietto fisso per parlare di cinema potrei quasi sopportare il suo addio al basket
francilive ha scritto:IL FIGLIO DI SAUL
Cannes, Golden Globe per quello che da molti viene dato quale favorito all'Oscar per il miglior film straniero. Autentica rivelazione del 2015.
Girato in formato 1:1 con piani molto ravvicinati, quasi sempre in soggettiva sul protagonista, l'ebreo ungherese Saul, che cerca di dare la sepoltura al figlio, ucciso nelle camere a gas presso cui lavora come Sonnerkommando. Non si capisce se si tratta del figlio naturale o di un figlio metaforico, ma la sostanza non cambia.
Lo scenario è impressionante. Il film ti porta letteralmente all'interno delle camere a gas, nei forni crematori, nelle fosse comuni, in cui vengono vissute le procedure, tutte le pratiche dei luoghi dell'orrore, offuscati da un'uso quasi ossessionato del fuori fuoco, della profondità di campo, in cui emerge una regia davvero incredibile.
Con un'altra tecnica di ripresa, i giorni più drammatici della soluzione finale, quando i forni non riuscivano a star dietro ai ritmi dello sterminio, avrebbero prodotto il risultato di un film horror. Invece qui c'è la vicenda di Saul, vissuta fianco a fianco, per due ore che scorrono via quasi come se fossero vissute in tempo reale, fino al tragico epilogo.
Straordinario.
Consigliatissimo.
Mi sento di quotare tutto, un'esperienza travolgente, forse l'opera che meglio riesce a farti immedesimare nell'esperienza dei campi di sterminio.
Alcune scene, in particolare
quella delle fosse credo siano quanto di più vicino ci possa essere all'inferno in terra.
L'uso dello sfuocato è magistrale, in effetti senza quello molti passaggi sarebbero stati un pugno nello stomaco forse insopportabile, il regista László Nemes ha rischiato parecchio con questa scelta, ma è bravo a capire quando lo spettatore è vicino al punto di saturazione e offrire delle brevi scene "riposanti"per l'occhio. Il rischio di creare un film inguardabile era altissimo, ma giocando sul filo del rasoio è stato evitato alla grande, visto che nonostante lo stile estremo il film non risulta pesante e fila via abbastanza bene.
La candidatura all'Oscar è sacrosanta, hanno solo sbagliato categoria, un'opera del genere, se il cinema è ancora una forma d'arte e non solo intrattenimento, vale 10 volte di più di diversi film candidati nella sezione principale.
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