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Straniero nella mia città

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rodmanalbe82
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Straniero nella mia città

Messaggio da rodmanalbe82 » 05/12/2015, 14:37

Riprendo un favoloso pezzo dei Negrita per denominare un topic (il primo in ages!) e probabilmente prendermi degli insulti :biggrin:
Tre i motivi principali: a) curiosità mia personale, passati 100 giorni dal mio ritorno dall'estero per motivi familiari b) forumisti con cui è un piacere parlare, e nettamente migliori dell' italiano medio che si vede tra online forum e vari social media c) un inizio di argomento con Rico su un topic NBA :biggrin:
ALERT: Non voglio farlo diventare un secondo topic di politica, anzi, vi prego.

Premettendo che, dopo questi tre mesi, sono più che mai convinto che l'Italia sia il paese più bello al mondo (naturalmente in base ai miei parametri), continuo a chiedermi come a) siamo nella merda più totale da vari anni e continuiamo a credere alle storielle che ci raccontano b) non facciamo nulla per cambiare, o perchè accettiamo di rimanere qui, praticamente a farci prendere per il culo fino alla fine dei nostri giorni.

Vero, come diceva Rico, certe cose sono cambiate: anche io son stato a Milano dopo vari anni, e l'ho trovata più bella.
Ma ci sono molte, ma molte cose che mi fan cascare le palle. Per esempio, la news sulle pensioni per noi nati dopo l'80 (ok, avevo detto niente politica). Ok, allora la mia personale esperienza sulla ricerca lavoro, nulla fin'ora non nel senso che non ho trovato lavoro, ma che ho ricevuto ZERO proposte di colloquio. O anche, e qui riderete, sulla mia teoria che in Italia si scopi veramente poco, ed è imbarazzante :forza: o tante altre cose, tra cui, ed è la cosa che mi sta più a cuore, che tante persone hanno perso la speranza.
All'estero ho conosciuto persone che rischiano, falliscono, aprono, vanno, mentre noi siamo sempre e solo attaccati a un mode (casa-lavoro-casa-lavoro) che non ci permette di sognare. E che non permetterà di sognare nemmeno ai nostri figli. Quanti di noi siamo andati all'estero per esprimerci. Per avere una cazzo di possibilità. Io son ancora convinto che se fossi rimasto qui in Italia, sarei depresso. E vi dico, dopo 3 mesi qui, non sono depresso perchè è una malattia. Ma son più nervoso e astioso (come si può notare da questo topic :stressato: )

Sarò un esterofilo convinto, ma sono anche (scusate la ripetizione) convinto che tanti di voi che conosco siano NETTAMENTE sottovalutati qui in Italia, sotto-utilizzati, sotto-sviluppati, trattati (De Laurentis mode ON) comedellemmmmerde (DL mode off) - e perdano fiducia, confidence.
A volte mi viene da dire (e l'ho detto ad alcuni forumisti con cui sono in confidenza) che siete meglio di così, che c'è tanto di più oltre l'orizzonte, che "nothing is impossible" and "you can do it". Però magari vengo visto come un saccente. Forse lo sono, ma sicuramente non sono il portatore della verità.
Però so che noi italiani, all'estero, spacchiamo i culi. E mi chiedo come mai, in Italia, non facciamo lo stesso. Mancanza di opportunità? o siamo i migliori al mondo quando si tratta di hustle e sopravvivere?

Ognuno è diverso, e ognuno ha le proprie ragioni. Ognuno ama le proprie cose, le proprie passioni e le valuta come vuole, nella propria vita. Ci può essere un legame familiare, amoroso, economico ecc ecc ma a volte vediamo questi muretti di 2metri come l'Everest.

Vi racconto un aneddoto simpatico, per cui la mia famiglia mi prende per il culo da anni: amante di Bardolino e del mio comfort, a 18anni fui costretto ad andare in vacanza con i miei per una settimana in Toscana. Posti stupendi, ma checazzocapivoaquell'eta. Insomma, sulla via del ritorno, inizio a urlare 045 (prefisso telefonico di Verona) come a dire che non riuscivo ad allontanarmi da casa, perchè adoravo vivere sul lago. A 21 anni, avevo paura a prendere un appartamento a Verona per condividerlo con amici. Stiamo parlando di 20 minuti in macchina.
Son finito a 24h d'aereo. Per sette anni.

Perchè abbiamo 'sta mentalità per cui stiamo in casa fino a che non ci si sposa, per passare dalla mamma alla moglie? Il mio migliore amico, che adora, non fa un cazzo in casa, la ragazza lava stira asciuga cucina ecc mentre lui è a casa che sta sul divano. A LEI VA BENE.
Quando usciamo, vedo le donne "esiliarsi" in gruppettini, non chiediamo mai le loro opinioni.
All'estero, le donne sono individui, con una propria voce. Qui, o perlomeno sembra a me, vengono zittite. Trattate come "la fidanzata di X".
Perchè, così come tantissimi australiani o europei, non ci facciamo un viaggio di 3-6-12 mesi dopo le superiori? Cosa cambierebbe alle nostre 'carriere'?

Forse questo non è un topic, è solo una confessione personale (e affanculo, vi voglio bene e abbiamo passato bellissimi momenti assieme, reputandovi amici, mi posso anche permettere di aprirlo :metal: ) ma non vedo veramente l'ora di vedere le vostre risposte.

Sarò sbagliato completamente io, e son apertissimo a ricevere i vostri insulti/critiche, ma, personalmente, a volte, mi chiedo come mai non si veda più in là dell'orizzonte, e non si prendano certi rischi per vivere, e scappare a un'esistenza già scritta.

Much love, rod
Ultima modifica di rodmanalbe82 il 05/12/2015, 14:49, modificato 1 volta in totale.
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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da Rico Tubbs » 05/12/2015, 14:44

Gran post Rod, sono in viaggio ed elaborare da telefonino e un Po dura ma appena arrivo a casa voglio anche io dare il mio pov

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da Pozz4ever » 05/12/2015, 15:24

rodmanalbe82 ha scritto: Sarò sbagliato completamente io, e son apertissimo a ricevere i vostri insulti/critiche, ma, personalmente, a volte, mi chiedo come mai non si veda più in là dell'orizzonte, e non si prendano certi rischi per vivere, e scappare a un'esistenza già scritta.


post molto bello e pieno di verità, che anche se non posso confermare visto che non ho questa esperienza estera clamorosa, immagino siano tutte ampiamente veritiere.
collegandomi al finale, mi viene da dire, almeno personalmente, che non si prendano certi rischi perché si ha paura di cosa rappresentino questi rischi. o come mi piace spesso pensare tra me e me, è sempre meglio la merda che conosco rispetto a quella che non conosco.
nel mio piccolissimo ho rischiato adesso lasciando un posto di lavoro dove non avevo più colleghi ma veri e propri amici per un altro dove prendo sicuramente di più ma mi ritrovo a ricostruire rapporti personali e soprattutto, dopo 6 anni di esperienza, torno a rivivere l'inadeguatezza di quando ero neo-laureato. e per me questo è già un piccolo rischio.
ma il rischio di andare a vivere a 24 ore di volo come hai fatto tu, io personalmente non riuscirei a prenderlo. ammetto di aver paura e di non averci mai pensato a farlo perché non riuscirei a pensarmi da solo, in un altro paese, in un'altra cultura e lontano dai miei affetti. come direbbe stanis, è una mentalità molto italiana (cit.), ma è così. ciò non toglie che rispetto molto chi riesce a superare queste paure e chi riesce a capire che in questo momento il futuro di noi nati dopo l'80 è molto, molto nebuloso.

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da andreaR » 05/12/2015, 16:05

Argomento interessante, io a casa non faccio una cavolo, ho 30 anni e vivo con mia mamma, mi piacerebbe vivere da solo ma come faccio ? mia mamma ha 68 anni, prende 500 € circa di pensione, io pago affitto, bollette e tutto quello che serve, onestamente non me la sento di lasciarla da sola, a far che ? a vivere come ? tanto il welfare in Italia se ne sbatte di ste persone, per cui sto qui, con le ali tarpate, mi piacerebbe invitare gli amici a casa a mangiare una pizza come loro fanno con me, mi piacerebbe farmi una scopata nel mio letto invece che sempre in quello di un altra, purtroppo non ti regala niente nessuno e quando era il momento di studiare o imparare un mestiere vero io ho preferito cazzeggiare e ora mi mangio le mani, fortunatamente un lavoro ce l'ho ma non mi permette di vivere da solo in una casa e aiutare mia mamma in un'altra, per cui datemi pure del bamboccione, non mi offendo.

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da ripper23 » 05/12/2015, 16:51

L'argomento e' molto complesso e nel post di rod ci sono molte verita' e qualche luogo comune. Io non ci vedo niente di "migliore" nell'andare via, come non lo vedo nel restare. Sono scelte di vita, e come tali sono personali e dipendenti spesso anche da tantissimi fattori contingenti.
Inoltre ci sono mischiate molte cose che secondo me sono scollegate. Per esempio il modo in cui vengono considerate le donne ha poco a che fare con la voglia o non voglia di partire imho.

In ogni caso, per provare a rispondere al tuo post, credo che il motivo principale sia semplicemente da trovare nella nostra cultura. DISCLAIMER, generalizzazioni in arrivo, ovvio non parlo del 100% delle persone ma ragiono sui grandi numeri.
Se c'e' una cosa che ho imparato ad apprezzare davvero solo quando ho lasciato l'Italia e ho conosciuto persone di tutte le nazionalita', e' quanto la cultura del proprio paese di origine e l'educazione ricevuta da bambini abbia un potere incredibile nel indirizzare i comportamenti anche di persone molto emancipate, intelligenti, che vivono in un altro paese da decenni. Alcune cose che per noi sono normalissime sono viste come follia altrove e viceversa.

Da questo punto di vista, quello che distanza tantissimo noi italiani da persone di altre nazionalita' e' l'enorme attaccamento alla famiglia. Per noi e' impensabile lasciare la propria famiglia di origine a cuor leggero, chi lo fa vive con un costante senso di colpa (presente) e cerca sempre la prima opportunita' per fare il weekend a casa. E' una cosa che riscontro in praticamente tutti i ragazzi italiani che conosco qui, e in quasi nessuno di altre nazionalita'. E ovviamente non sono solo gli italiani ad esprimere spesso il desiderio di tornare, ma mentre la maggior parte lo vuol fare per mancanza del proprio paese, conosco tantissimi italiani che vogliono farlo o lo hanno fatto, solo e unicamente per stare vicini alla famiglia. E questo attaccamento e' imho conseguenza di quello inverso che si ha avuto dai propri genitori da bambini. Ogni volta che vedo conoscenti inglesi con figli, ho sempre l'impressione che questi abbiano una liberta' diversa. Parlo anche di cose molto molto stupide, tipo uscire di casa senza indossare quindici strati di cappotti. Ma in generale questo legame fortissimo e' secondo me il motivo principale per cui tu noti questa differenza. Sia chiaro che non gli sto dando minimamente una connotazione negativa, anzi. E' la nostra cultura, e' una nostra forza in tante cose ma ha anche un lato negativo.

Poi ci sarebbe tutta un'altra serie di considerazioni molto piu' rilevanti da fare riguardo lo stato del lavoro, dell'universita', della legalita' e societa' civile in Italia, ma vabbe'.

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da Spree » 05/12/2015, 17:43

rodmanalbe82 ha scritto: Perchè abbiamo 'sta mentalità per cui stiamo in casa fino a che non ci si sposa, per passare dalla mamma alla moglie? Il mio migliore amico, che adora, non fa un cazzo in casa, la ragazza lava stira asciuga cucina ecc mentre lui è a casa che sta sul divano. A LEI VA BENE.
Quando usciamo, vedo le donne "esiliarsi" in gruppettini, non chiediamo mai le loro opinioni.
All'estero, le donne sono individui, con una propria voce. Qui, o perlomeno sembra a me, vengono zittite. Trattate come "la fidanzata di X".
Perchè, così come tantissimi australiani o europei, non ci facciamo un viaggio di 3-6-12 mesi dopo le superiori? Cosa cambierebbe alle nostre 'carriere'?

Per ora mi limito a questo passaggio: frequenti gente del cazzo, trovati un altro giro di amici.

Saremo strani io e i miei conoscenti e amici, ma questa cosa non è minimamente concepibile nella stragrande maggioranza dei casi a cui posso pensare. Non dico che non succeda, per carità - ma se è la norma, è una norma che si applica a circoli che non ho mai frequentato.

Per il resto c'è un sacco di carne al fuoco, con elementi molto giusti (l'assenza di speranza, l'attaccamento alla casa e al paese di nascita - e qui quoto abbastanza Ripper sulla famiglia - ma anche lì, dipende da cosa si considera "estero" - i paesi anglosassoni o nordici sono diversi da Francia, Spagna e Grecia, che sono diverse dai paesi dell'Est Europa, che sono diversi dal Sudamerica, eccetera), altri un po' confusi (la propensione *spinta* alla mobilità geografica e la tendenza al "tento/fallisco/riprovo" sono sostanzialmente un fenomeno statunitense/australiano, molto più che di altri paesi. Qui in Belgio la gente vorrebbe non muoversi neanche di 5 kilometri).

Vorrei anche sottolineare che, mentre "al paese" si frequentano persone di un certo tipo socio/culturale, perché sono quelle legate al paese, all'infanzia, alla famiglia, quando si va all'estero per lavoro - come "cervelli", non come immigrati italiani del primo dopoguerra - di solito si finisce a frequentare un tipo di persone socio/culturalmente più in alto - non è un dramma e non è essere snob, ma è un fatto. Questo ha come conseguenza che si finiscono per confrontare una "società italiana" di un certo tipo con una "società estera" molto diversa, e tendenzialmente più elitaria. Un conto è Cambridge in mezzo ai professori universitari, e un conto Stoke on Trent tra i muratori; Un conto è Monaco di Baviera tra - per dire - gli ingegneri BMW e un conto è Rostock tra i portuali.

Ah, e io - ma è una questione di carattere, tipo di istruzione, problemi linguistici e varie ed eventuali - sarò potentemente sottoutilizzato anche all'estero :forza:

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da Toni Monroe » 05/12/2015, 20:58

Io ho il sospetto che molti di noi, italiani, non abbiano ancora smesso di sentirsi stranieri appena giunti in un luogo in cui si parla un dialetto diverso (cosa che può avvenire anche a pochi km di distanza), quindi figuriamoci se esiste una differenza abissale tra lo stare in Italia o in un altro paese. La differenza è tra lo stare a Bardolino, Forlì, Mestre, Canosa, Spinaceto, San Severo, Canicattì (altri posti a caso, del nostro belpaese) e qualsiasi altro posto nel mondo. :forza:

Naturalmente le differenze ci sono e il primo ostacolo, apparentemente insormontabile, è la lingua straniera con cui ci si va a confrontare, diversa dai rispettivi dialetti o dalla rassicurante lingua-ponte che ci permette di spostarci perlomeno all'interno della penisola, sentendoci in difficoltà solo nel tirolo, con chi decide che affanculo quello che dicono i confini e ci parla in tedesco. :biggrin:


C'è un video che mi strappò molte risate amare, qualche tempo fa e che a 1.26 circa illustra quella che probabilmente è una tesi accettata, ancorché non dimostrata, dalla gran parte degli italiani. Pare sia sufficiente che non è stata mai smentita. I fatti, al momento, ci portano a quella conclusione.

[youtube]https://youtu.be/r47rrUZipqo[/youtube]


Perché poi, stringi stringi mi ritrovo in quello che dice Ripper e che in fin dei conti era stato anticipato anche da Andrea nel post immediatamente sopra: l'attaccamento alla famiglia ha un ruolo fondamentale nel non volersi allontanare troppo o nel tornare ogni volta che si può. Ho dei nipoti in svizzera, emigrati per lavoro, che non perdono occasione per tornare nel salento, che esultano ogni volta che incontrano altri salentini (altri salentini, mica italiani :laughing: ) in giro per l'Italia, la Svizzera o dovunque abbiano la possibilità/necessità di viaggiare. Perché la famiglia -soprattutto per il meridionale- spesso si allarga agli amici di infanzia e in senso lato (se ti trovi lontano dal paesello) può esserlo anche solo il conterraneo. Parlare lo stesso dialetto, noi siamo ancora vincolati a questo ed è il nodo socio-culturale più difficile da sciogliere nella valutazione sullo spostarsi.


Poi ci sarà, probabilmente, un'apatia che non riusciamo a scrollarci di dosso, una pigrizia per cui Se non hai voglia di farlo tu oggi vuoi che, se va fatto per forza, non lo farà qualcun altro domani? e molte cose siamo ancora qui ad aspettare che qualcuno si decida a farle. :forza: :forza: :forza:

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da GecGreek » 05/12/2015, 21:10

Secondo me è tutta colpa della chiesa cattolica che si tromba poco!!! O del fatto che sono sul forum di sabato sera

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da SafeBet » 05/12/2015, 21:45

Comunque vedo molti post in cui si parla dei propri limiti, o dei vincoli creati dai nostri valori/cultura, ma il nocciolo del discorso di Rod era proprio ribaltare questa prospettiva secondo me.

Anch'io come lui qui in Italia mi sento largamente sottoutilizzato, anch'io come lui non riesco nemmeno a fare un colloquio per i posti di lavoro che ritengo siano alla mia portata, anch'io come lui vedo persone accontentarsi malgrado abbiano strumenti e competenze per fare molto di più. Se penso ai miei amici/conoscenti la maggior parte di loro ha trovato lavoro grazie a un familiare o perché ha fatto una determinata università o perché conosceva già qualcuno in quel posto di lavoro. È un fenomeno diffuso anche all'estero? Probabilmente. Ma nei due mesi in cui ho cercato lavoro in Australia ho ricevuto più chiamate per posizioni interessanti che in 5 anni di ricerca in Italia.

@spree: io sono d'accordo con Rod sulla questione femminile. Sicuramente esistono determinati ambienti dove non è così, e anche io li frequento, quando posso. Ma non è la norma, specie fuori dalla grande città. E se sei cresciuto in un paese non è nemmeno detto che tu abbia così tante chance di cambiare gruppo di amici.

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da Gio » 05/12/2015, 22:14

Spree ha scritto:......
Vorrei anche sottolineare che, mentre "al paese" si frequentano persone di un certo tipo socio/culturale, perché sono quelle legate al paese, all'infanzia, alla famiglia, quando si va all'estero per lavoro - come "cervelli", non come immigrati italiani del primo dopoguerra - di solito si finisce a frequentare un tipo di persone socio/culturalmente più in alto - non è un dramma e non è essere snob, ma è un fatto. Questo ha come conseguenza che si finiscono per confrontare una "società italiana" di un certo tipo con una "società estera" molto diversa, e tendenzialmente più elitaria. Un conto è Cambridge in mezzo ai professori universitari, e un conto Stoke on Trent tra i muratori; Un conto è Monaco di Baviera tra - per dire - gli ingegneri BMW e un conto è Rostock tra i portuali.

Ah, e io - ma è una questione di carattere, tipo di istruzione, problemi linguistici e varie ed eventuali - sarò potentemente sottoutilizzato anche all'estero :forza:


Non son totalmente d'accordo. Al estero si frequentano italiani prima e poi colleghi "locali" e non .... la collocazione socio/locale e` solo una funzione del lavoro.

Io ho frequentato e frequento macellai/agricoltori (andavo in giro per macelli e fattorie) cosi come non premi nobel ma sicuramente persono un po piu affluenti di me e/o sicuramente piu "inteligenti". E` anche possibile che io sia l'eccezione alla regola, eh, non sto a presumere che sia "verita" assoluta ho conusciuto parecchi italiani all estero che non hanno mai provato a "integrarsi", pero genralmente ho visto che prima o dopo piu o meno per tutti le persono che frequentavano erano una funzione del lavoro che si faceva. Ovviamente in un contesto universiatrio, trovare il muratore diventa un po piu diffile, pero se si frequentano studenti locali, almeno in universita` publiche americane si trova gente di tutti/molti diffenti ceti sociali ...
La questione, per quel che mi riguarda, e` in fondo abbastanza semplice, e` solo un fatto di opportunita` per qualche motivo in italia manca o non e` cosi facile da trovare ....
Non so se funziona cosi anche da voi, pero spesso, e mi e` stato detto anche da amici starnieri che vivevano a roma quando gli ho conosciuti, a roma non cambia niente, si apre un ristorante nuovo chiude uno, ma alla fine le cose rimangono piu o meno le stesse, il bar, cambia magari i tavolini, la proprietaria e` in pensione e adesso ci sono i figli dietro la cassa, ma il barista e` sempre lo stesso (piu vecchio) e le persone sono sempre le stesse cosi come i discorsi .... non si inveisce piu contro andreotti magari pero il senso e` lo stesso.

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da Spree » 05/12/2015, 22:26

SafeBet ha scritto:Comunque vedo molti post in cui si parla dei propri limiti, o dei vincoli creati dai nostri valori/cultura, ma il nocciolo del discorso di Rod era proprio ribaltare questa prospettiva secondo me.

Anch'io come lui qui in Italia mi sento largamente sottoutilizzato, anch'io come lui non riesco nemmeno a fare un colloquio per i posti di lavoro che ritengo siano alla mia portata, anch'io come lui vedo persone accontentarsi malgrado abbiano strumenti e competenze per fare molto di più. Se penso ai miei amici/conoscenti la maggior parte di loro ha trovato lavoro grazie a un familiare o perché ha fatto una determinata università o perché conosceva già qualcuno in quel posto di lavoro. È un fenomeno diffuso anche all'estero? Probabilmente. Ma nei due mesi in cui ho cercato lavoro in Australia ho ricevuto più chiamate per posizioni interessanti che in 5 anni di ricerca in Italia.

@spree: io sono d'accordo con Rod sulla questione femminile. Sicuramente esistono determinati ambienti dove non è così, e anche io li frequento, quando posso. Ma non è la norma, specie fuori dalla grande città. E se sei cresciuto in un paese non è nemmeno detto che tu abbia così tante chance di cambiare gruppo di amici.

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Sul Boldato: guarda che questo è vero un po' dappertutto. Ho recentemente fatto un seminario su come preparare e mandare i curriculum e trovare lavoro, e c'erano i dati. In Canada (non il posto in cui pensi al nepotismo e al familismo, e uno degli stati con una mobilità sociale eccellente) il primo canale per trovare lavoro era la conoscenza diretta, di gran lunga.

Sempre ragionando sui numeri, però, è ovvio che in italia le cose vanno male da questo punto di vista, anche se con *enormi* differenze regionali.
1)la mobilità sociale è la terza peggiore tra i paesi sviluppati (ma ricordate sempre che UK e USA, che la gente considera terre delle opportunità, sono ultima e penultima. Sono terre piene di opportunità per chi ha i soldi e la cultura di famiglia, in linea di massima), 2)il tasso di sotto-impiego (lavoro per cui servirebbe titolo minore di quelo che si ha) è altissimo, vuoi per arretratezza del mondo imprenditoriale vuoi per un sistema universitario rimasto a metà del guado tra la forma novecentesca elitaria e la forma di massa anglosassone, prendendo il peggio da entrambi i modelli, e 3)la disoccupazione giovanile è altissima.

Solo che bisogna vedere con cosa si confronta, e bisogna guardare un po' ai dati, ecco.

Quanto alla condizione femminile: avete sicuramente ragione, sarò stato fortunato io. Però allora badate anche a fare i confronti con le realtà corrispondenti all'estero, ecco - cioè con il Nebraska rurale e non con gli studenti di New York. E a pate l'Europa del Nord e parti del mondo anglosassone non siamo messi benissimo in tutto il mondo.

Gio ha scritto:genralmente ho visto che prima o dopo piu o meno per tutti le persono che frequentavano erano una funzione del lavoro che si faceva. Ovviamente in un contesto universiatrio, trovare il muratore diventa un po piu diffile, pero se si frequentano studenti locali, almeno in universita` publiche americane si trova gente di tutti/molti diffenti ceti sociali ...

Appunto. E siccome né Rod né Ripper fanno i macellai o gli agricoltori, l'ambiente è comunque di persone laureate *e* con un buon lavoro.

Tra l'altro, l'università è comunque un luogo privilegiato - anche e soprattutto negli Stati Uniti.
Ultima modifica di Spree il 05/12/2015, 22:39, modificato 1 volta in totale.

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da boantos » 05/12/2015, 22:28

All'estero dicono che gli italiani sono mammoni e non hanno tutti i torti. Sopratutto al Sud l'attaccamento alla famiglia è molto forte, così come il legame con il proprio paese.
Quando vivevo a Trieste alcuni miei compaesani "scappavano" per tornare al paesello alla prima occasione, un ponte tra la festività e il fine settimana era benedetto e subito andavano ad acquistare il biglietto con la windjet.
Per me questo è sempre stato un limite.
Il post laurea è stato un trauma, mi son laureato a febbraio ma pur di non tornare in Sicilia ho tenuto casa e vissuto a Trieste fino a Settembre, con la scusa dell'esame di stato e di qualche colloquio. Anche lì, le aziende a parità di curriculim preferiscono uno del Nord.
Semplicemente perchè il meridionale molto spesso dopo un paio di anni nel "Continente", inizia a rompere le scatole al fine di ottenere il trasferimento vicino casa. Esigenze personali che cozzano con quelle aziendali.
Quando ho dato le dimissioni dal mio precedente lavoro, all'ufficio del personale mi han chiesto se tornavo in Sicilia. C'è ancora sta mentalità retrograda!
Amo la mia terra, ma oggi i confini territoriali sono meno marcati rispetto a 50 anni fa, alla generazione dei nostri genitori.
Il prossimo anno mi scade il contratto in Francia, ufficialmente si torna in Italia, ma spero andrà diversamente.
Una volta si emigrava in Sud America perchè si viveva di stenti nel Bel Paese, ora si parla di fuga di cervelli.
Forse anche per nascondere una triste verità, in Italia le occasioni mancano e a partire non sono solo i giovani laureati ma anche i padri di famiglia, proprio come 50 anni fa. Stiamo tornando indietro insomma.
Ma va bene così all'italiano medio, prima o poi la crisi passa, non siamo mai stati un popolo che scende in piazza. Piuttosto facciamo la notte davanti al mediaworld per prendere il nuovo iphone... la nuova generazione mi fa venire veramente i brividi!
I cambiamenti faranno sempre paura, ma sopratutto se uno ha la fortuna di avere accanto la propria compagna di vita, vanno affrontati a viso aperto.
Solo così prendere un aereo e andare a vivere a 24ore di distanza non sarà più la fine del mondo bensì un nuovo capitolo dalla propria vita.

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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da shilton » 05/12/2015, 23:24

Ho 42 anni ormai, una vita normale.
Un lavoro che era sicuro ma da due anni si è trasformato in precario (ma grazie a Dio non ho smesso di lavorare un solo giorno).
Ho davanti a me un futuro pieno di nubi anche per la mia compagna, che vedo da quindici anni come fossi un pendolare.
Devo cambiare la mia vita, l'anno che sta arrivando probabilmente mi consentirà di farlo.
E se non lo consentirà, farò in modo che accada lo stesso.

Tutto per questo per dire cosa?
Che tornando indietro farei scelte completamente diverse, tipo andare all'Università che invece non ho fatto, andare all'estero giovanissimo per provare delle esperienze che invece non ho mai fatto.
Facile con il senno di poi, anche se il coraggio di fare scelte folli mi è sempre mancato.

Lo so, non c'entra un cazzo ma era un piccolo sfogo pure per me.
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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da Jamal Crawford » 06/12/2015, 0:18

Rod, non so bene cosa dire, perchè il tema è così ampio che forse finirei su un sentiero che non è quello che intendevi tu e soprattutto non me la sento di parlare di alcune cose personali che dovrei tirare in ballo per spiegare la mia prospettiva sulla questione, comunque ci tenevo a dire che apprezzo che a distanza di tanti anni ci tieni a condividere con noi l'Albe persona.

Gio
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Re: Straniero nella mia città

Messaggio da Gio » 06/12/2015, 3:49

Spree ha scritto:...
Gio ha scritto:genralmente ho visto che prima o dopo piu o meno per tutti le persono che frequentavano erano una funzione del lavoro che si faceva. Ovviamente in un contesto universiatrio, trovare il muratore diventa un po piu diffile, pero se si frequentano studenti locali, almeno in universita` publiche americane si trova gente di tutti/molti diffenti ceti sociali ...

Appunto. E siccome né Rod né Ripper fanno i macellai o gli agricoltori, l'ambiente è comunque di persone laureate *e* con un buon lavoro.

Tra l'altro, l'università è comunque un luogo privilegiato - anche e soprattutto negli Stati Uniti.


Non era quello che intendevo, ovviamente. Quello che volevo dire e` che anche nel ambiente universitario c'e` varieta`, specialmente si si e` disposti ad essere un po "aperti". Da studente (graduate) nei dorms come vicino oltre ad un coreano, e uno strano che usciva solo di notte (sbattendo la porta ogni ora), c'era il figlio di un contadino - con cui uscivo spesso (birra e ali e "modiche quantita"), e un ragzzo portoricano con cui ho poi diviso un appartamneto insieme ad un ex US Army e la fidanzata .... ho scoperto solo dopo che la vicina di casa, che veniva spesso a cena, oltre che essere studentessa al universita, la sera arrotondava lo stipendio ballando attorno un palo poco vestita :shades: .
Nella squadra di softball dove giocavo c'erano un paio di studenti, ma anche cameriere, una sindacalista locale con fidanzata, e "lavoratori non universitari" assortiti, dopo le partite andavamo a bere insieme sono stato invitato a qualche ringraziamento dai non universitari. Nella stessa settimana ho cenato un un ex- C.S. Lewis Chair, eletricisti e falegnami .... La spogliarellista, purtroppo si era gia trasferita. Adesso lavoro in una universita, ancora in un contesto rurale, ma vado a pescare con il marito della ex secretaria del dipartimento dove lavoro, che prima di andare in pensione lavorava, si all universita ma nella amutenzione (puliva vetri e spalava la neve).
Se si vuole la varieta si trova, vale/va per me in un costesto universitario "rulale" (UConn e` in mezzo al nulla - la citta piu vicina, Willimantic - dove ho abitato per 5 anni - e` stata nominata la capitale del eroina per 3 anni di fila) ma anche per amici che lavoravano a NY, tutti universitari. C'erano anche quelli che non riuscivano ad uscire da un cotesto "famigliare-italiano" ma generalizare sul ambiente che si finisce a frequentare, e perlomeno un po difficile.

Per quel che mi riguarda ho molta piu varieta all'estero che a roma ....

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