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da doc G » 01/09/2010, 0:05
a) Una scoperta poco piacevole
Il casale dei signori Fattori era situato in contrada Santa Croce, non lontano da Tuscania. Il paesaggio però era irriconoscibile, perchè le impervie collinette brulle o ricoperte da boschi in quella zona diventavano morbide colline, dal profilo molto più arrotondato, interamente seminate, probabilmente a cereali. Anche il casale era una sorpresa, definirlo casale era sicuramente riduttivo, era un vero e proprio palazzo, al centro di un piccolo borgo di casupole che avevano almeno tre secoli.
La scalinata per arrivare al portale, il portale stesso, la forma delle finestre, tutto dava l'idea della ricchezza di chi lo aveva costruito, e perfino l'ipotesi che il progetto fosse del Sangallo ora sembrava meno ridicola.
Il signor Fattori attendeva seduto all'ombra, vestito di un paio di Jeans leggeri, una camicia di lino ed un paio di scarpe sportive scamosciate. Doveva avere quasi sessant'anni, ma era atletico ed abbronzato, perfino i capelli bianchi gli davano un aspetto più maturo che anziano.
“Architetto Pediconi, puntualissimo.”
“Buongiorno signor Fattori.”
“Posso offrirvi qualcosa, un caffè, un bicchiere di vino?”
“La ringrazio, ma siamo stati ora a pranzo con Don Diego. Piuttosto, le porta le sue condoglianze, mi pare sia morto un suo parente, un avvocato.”
“Si. Pietro Dominici, un mio cugino di primo grado. Uno dei pochissimi parenti stretti che ho, anzi, avevo. Sa, nella mia famiglia parecchie persone nell'ultimo secolo sono morte giovani, prima di avere figli, siamo rimasti solamente in pochi. Io, mia moglie, mio cugino, Marini, che lei ha conosciuto, mio fratello, un medico che ha lo studio vicino al comune e non è sposato, una mia cugina di secondo grado, che vive con il marito a Montefiascone, sono produttori di vino e gli unici ad avere un figlio, che sta seguendo le loro orme. Sa, si parlava tempo fa anche di una maledizione!”
“Maledizione?”
“Si, qui vicino c'erano alcune tombe etrusche, che sono crollate prima che venissero scoperte, circa ottant'anni fa, in piena epoca fascista. Allora ci fu chi accusò i miei antenati di averle distrutte apposta, perchè davano fastidio in un'azienda agricola. Fandonie, come capirà. Poi tanti miei parenti morirono negli anni successivi, ma ben quattro morirono in guerra, due nella guerra d'Abissinia e due in Grecia, nella seconda guerra mondiale, erano tutti ufficiali. Mio nonno era il podestà di un paese qui vicino e venne ucciso da balordi subito dopo la guerra, allora si diffuse quella storia della maledizione. Poi si è spenta, perchè i parenti successivi sono morti naturalmente ad età piuttosto avanzate, solo che sa, noi Fattori siamo inguaribili donnaioli, non ci piace sposarci. Anche io e mia moglie ci siamo sposati ben oltre i quaranta anni...”
“Interessante. Ma ora in questo borgo volete realizzare una struttura ricettiva?”
“Si. Una specie di agriturismo, ma di gran lusso, mi capisce. Noi ci ritireremo in un casale non lontano da qui, piccolo, ma confortevole, sa sono cinquecento metri quadri, ci staremo.”
“Immagino di si. Stringendovi bene, ma ci starete. Io a Roma vivo in 70 metri quadri, e solo perchè l'appartamento era quello dei miei nonni, altrimenti ne avrei scelto uno più piccolo.”
“A, ma a Roma è diverso. Comunque prima o poi glielo mostrerò.”
“La ringrazio, ma ora che ne direbbe di dare un'occhiata alla villa padronale? Poi, naturalmente, mi serviranno delle fotografie, delle piantine, se non le avete le farò fare io, tutto quello che avete riguardo alla storia di questo posto!”
Quattro ore impiegarono a fare il giro della villa, lo stesso tempo che avevano impiegato al Duomo, e per tutto il tempo il signor Fattori spiegò loro aneddoti della sua famiglia, da suoi antenati che facevano parte della nobiltà papalina, uno che combattè a Lepanto con i Cavalieri di Malta, un altro che era fra i protettori del Cavalier D'Arpino, un altro che era fuggito per unirsi a Napoleone, tutti di rami diversi, tutti estinti con il tempo. I nomi nobili erano andato perduti, così i titoli, a lui erano rimasti la tenuta dove era la villa, una tenuta di circa tremila ettari con svariati immobili, un palazzetto al centro di Roma, debitamente affittato, qualche appartamento fra Roma, Viterbo, Tuscania, Tarquinia, Civitavecchia, un albergo a Roma ed uno a Fiumicino. Non poteva lamentarsi, il Fattori.
Tornato a Tuscania Claudio parcheggiò come al solito fuori Porta San Marco, salutò Jack che abitava li vicino e tornò in albergo a farsi una doccia. Voleva chiedere alla signora Lucia se poteva fare un servizio lavanderia, in quanto stava sporcando roba in quantità industriale, per quanto sudava, ma non la vide, quindi si sbrigò ad andare a mangiare, in quanto erano le otto passate anche quella sera.
Loretta gli indicò lo stesso tavolo della sera prima, e gli servì immediatamente pesci e verdure fritte come antipasto, con lo stesso vino bianco della sera prima.
Quando la ragazza portò degli spaghetti con le vongole, senza pomodoro, con un forte aroma di aglio e prezzemolo, Claudio provò a scambiare due parole.
“Sembra che io sia rimasto l'unico cliente, stasera.”
“A quest'ora di questi tempi preferiscono tutti andare a casa presto, lei è l'unico che si presenta a mangiare alle otto e mezzo. Di solito sarebbe un'ora più che comune.”
“Ma perchè tanta paura? Un assassino o una bestia, non ho ben capito, ma se non erano mai avvenute cose simili qui intorno probabilmente sarà di passaggio...”
“Lei non sa. Io non ho visto i cadaveri, per fortuna, ma si parla di qualcosa di terribile. C'è qualcosa di mostruoso che aleggia su di noi, che non sappiamo cosa sia.”
“Ma non le sembra di esagerare? Lei è giovane, non mi sembra superstiziosa!”
“Grazie per la giovane, ho quasi trent'anni, ma qui non si parla di superstizione, ma di qualcosa di tremendo, vedrà anche lei...”
“Può darsi, ma una cosa: a me proprio da fastidio sentirmi dare del lei a cena davanti ad un bicchiere di vino, non possiamo darci del tu?”
“Lei faccia come crede, ma io ai clienti do del lei. Ora vado a prenderle il secondo.”
Un Claudio gelato come se fosse in una camera criogenica smangiucchiò il secondo, costituito da crostacei grigliati, quindi finì il suo bicchiere di vino, bevve il sorbetto al limone che gli venne servito a fine pasto, pagò quasi senza proferir parola, salutò e si alzò.
Loretta, forse resasi conto di aver esagerato, abbozzò un sorriso, quindi disse:
“Ci vediamo domani sera?”
“Si, certamente.”
“Ma quanto tempo pensa di restare qui a Tuscania?
“Un paio di settimane, ma non ne sono certo.”
“Spero si trovi bene. Comunque mi dia retta, vada subito in albergo stasera.”
“Grazie del consiglio, e buonanotte.”
Forse era la fine di una giornata calda e faticosa, forse la malinconia di mangiar solo, forse Loretta che voleva tener distanze elevate, nonostante lui quella sera proprio non fosse in condizione di tentare audaci approcci, ma non aveva voglia di andare a dormire, si permise quindi due passi al fresco.
Era però l'unico a passeggiare per il centro, iniziava a sentire una certa inquietudine. Sentì anche una specie di urlo soffocato, ma senza dubbio proveniva da una televisione accesa, tenuta da qualche maleducato con il volume troppo alto.. passò davanti al comune e volle provare a guardare il panorama da li, magari sperando ci fosse un venticello fresco. Si affacciò, guardando, grazie alla luna piena, il declivio e la nera ombra della chiesa di Santa Maria Maggiore appena più in basso, quando vicino a lui sentì un rumore strano, provenire da dietro la chiesa dei Santissimi Martiri.
“C'è qualcuno?”
Provò a chiedere Claudio, ma nessuna risposta. Solo fu gelato da un movimento furtivo, come di una ombra nera e minacciosa. Restò bloccato qualche istante, poi maledisse se stesso e quegli accidenti di discorsi che gli avevano fatto quel branco di isterici in paese, che gli facevano immaginare chissà quale orrore. Andò diretto a verificare, dietro la chiesa, certo che non ci fosse nulla di strano e fosse solo la sua fantasia a correre troppo. Sentì però un fruscio venire da una zona in ombra, corse e vide qualcosa di tremendo.
Un uomo era a terra, in un lago di sangue, sventrato e con le viscere sparse intorno, con segni di morsi e graffi dovunque. Non c'era bisogno di verificare le sue condizioni, era evidente che quel poveretto non poteva essere vivo.
Claudio doveva immediatamente chiamare la polizia, ma prima c'era qualcosa che doveva fare.
Il contenuto del suo stomaco aveva un assoluto bisogno di uscire, e lui chi era per opporsi a questo desiderio? Quindi si appoggiò ad un albero e fece ciò che doveva, poi prese il telefono cellulare e, mentre correva nell'atrio del comune, chiamò la polizia.
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