William Shea
Nel 1959 in una NY orfana di squadre della NL (Dodgers e Giants sono volate in California dopo la stagione 1957), il sindaco Robert Wagner incarica un comitato di quattro persone di riportare una franchigia della NL in città. La NL ha otto squadre (LA e SF appunto, i Milwaukee Braves, Pittsburgh, i Cubs, Cincinnati, i St Louis Cardinals e Philadelphia) e il comitato tenta di avvicinare Reds, Phillies e Pirates. Non ha successo. Non avvicina le squadre della AL (Boston, Baltimore, White Sox, Cleveland, NY, Detroit, KC Athletics e Washington Senators), non avrebbe molto senso, in effetti.
A quel punto a William Shea, un avvocato di NY, nasce l'idea di creare una terza Major League, la Continental League. Le franchigie proposte sono: ovviamente NY appunto per "sostituire" Dodgers e Giants, poi Buffalo, Toronto, Atlanta, Minneapolis, Denver, Houston e Dallas. Si nota come Shea ci avesse visto lungo. Gran parte di quelle città oggi hanno una franchigia MLB. La lega sarebbe ufficialmente scesa in campo nel 1961.
AL e NL rispondono annunciando che avrebbero allargato le due leghe aggiungendo due franchigie per lega. L'unica condizione era che nessuna franchigia potesse finire in città che già ospitavano una squadra MLB. Questo non fece la felicità del sindaco (e del suo comitato) che voleva una squadra a NY. La NL scelse di espandersi a Houston, la AL scelse Washington, visto che i Senators avevano annunciato che nel 1961 si sarebbero trasferiti a Minneapolis, lasciando Washington senza squadra. A quel punto la NL (lega che si considerava migliore e, in un certo senso, la vera "proprietaria" del baseball, spesso chiamata the senior circuit) ragionò in termini di anzianità (e business) e scelse di mettere la sua altra franchigia di espansione a NY. Offrì la franchigia al gruppo che doveva possedere la franchigia newyorchese della Continental League. Accettarono immediatamente. Il sindaco fu felice. La Continental League perse la sua location migliore e scomparve, senza mai disputare una partita. Quella franchigia sono oggi i Mets. Per inciso, la AL, immediatamente copiò la lega rivale, e piazzò una squadra a Los Angeles (gli Angels), seconda squadra in città.
L'espansione avverrà nel 1961 per Washington e Angels e nel 1962 per Mets e Houston (nati come Colt .45s), Astros dal 1965.
I Mets nel 1962 chiuderanno la stagione 40-120, record di sconfitte infranto dagli White Sox solo pochi giorni fa.
Nel 1964 il nuovo stadio dei Mets verrà dedicato a William Shea.
Profondo Baseball
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Re: Profondo Baseball
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Republicans declared the Capitol attack on Jan. 6 “legitimate political discourse"
“Access to cheap goods is not the essence of the American Dream” said Scott Bessent
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Re: Profondo Baseball
Al finestrino c’è un uomo completamente tatuato. Sta leggendo un libro su Al Pacino, credo una biografia. Il sedile B è libero. Io sono, come sempre, in C, corridoio. Il sedile delle spie. Sul sedile libero, orrore!, un cappello degli Yankees. Penso a @Dreamer. L’aereo in ritardo, provo a buttare giù due righe.
Cerchiamo di fare chiarezza. Non che gli americani siano modesti, ma World Series non ha mai voluto essere un titolo per incoronare i campioni del mondo. Anche se per molti decenni, e posso affermarlo con discreta convinzione, l’unico baseball di un certo livello si giocò negli States. Probabilmente era il miglior baseball del mondo. Ma il nome arriva in tutt’altra maniera. La sfida tra la vecchia National League e la neonata American League nasce da un’idea: facciamo affrontare in una serie al meglio delle nove partite le vincenti delle due leghe. L’idea nasce in un giornale di New York (la capitale del baseball, se permettete). E quel giornale si chiamava New York World Telegram. Sponsorizziamo la serie chiamandola World Telegram Series. Troppo lungo: World Series.
Nulla di più falso. Dopo estenuanti ricerche, lettura di ogni copia del Telegram dal 1902 al 1905, è stato confermato che il tabloid, perché tale era quel quotidiano, non ebbe nulla che fare con il nome delle serie. Molto più semplicemente nel 1903 il proprietario dei Pirates, tale Dreyfuss, sfidò il proprietario degli Americans, a giocare le World’s Championship Series per decidere chi fosse più forte tra NL e AL. Formato 3-4-2, con le quattro sfide centrali a Pittsburgh. I Pirates andarono avanti 3-1, i Royal Rooters cominciarono a cantare Tessie, Honus Wagner si infastidì, Cy Young divenne Cy Young, Boston ne vinse quattro in fila e si portò a casa le prime World Series per 5-3. Nel 1907 diventarono i Red Sox.
A Brooklyn si gioca a baseball probabilmente dal 1858, un tempo davvero antico (la guerra civile insanguinò gli States dal 1861 al 1865). La franchigia che conosciamo oggi nasce però solo nel 1883, e come Boston e come altre, non ha un nome ben definito. Passa da Grays ad Atlantics, ritorna a Grays, poi Bridegrooms, solo Grooms, ancora Bridegrooms, Superbas, Trolley Dodgers, solo Dodgers, Robins e finalmente Dodgers dal 1932 quando lo scrivono sulle divise. Forse una crisi di identità. Sicuramente una crisi di risultati. Ma non lo sanno ancora. Infatti nel 1890 Brooklyn vince la National League. Si ripete nel 1899 e nel 1900.
Non lo sanno ancora che quei tre titoli resteranno per lunghissimo tempo gli unici e che arriveranno l’invenzione dell’aeroplano, una guerra mondiale, il crollo di Wall Street, un’altra guerra mondiale, la guerra in Corea, insomma oltre mezzo secolo di avvenimenti vari, prima di rivedere le stelle.
I dolori provati dai tifosi dei Dodgers, dopo quel 1900, sono paragonabili solo a quelli dei tifosi dei Red Sox. Brooklyn perde le World Series del 1916 proprio contro Boston e quelle del 1920 contro Cleveland. Dal 1941 al 1953 i Dodgers perdono cinque World Series contro gli Yankees, nel 1942 e nel 1946 finiscono secondi entrambe le volte due partite dietro ai Cardinals.
Nel 1950 nell’ultima partita della stagione regolare giocano in casa contro i Phillies (gli Whiz Kids). Si gioca a Ebbets Field. Phila è 90-63, i Dodgers 89-64. Vincendo forzerebbero uno spareggio. Don Newcombe contro Robin Roberts, al nono sono 1-1. I Phillies non segnano. Brooklyn mette due uomini in base. Il singolo di Duke Snider li fa vincere, giusto? No, out a casa. Ora uomini agli angoli, con un out. Danno la base a Jackie Robinson. Basi piene. Carl Furillo e Gil Hodges non riescono a mandare a casa il punto della vittoria. Al decimo Dick Sisler batte un 3-run homer. Buonanotte Brooklyn.
Nel 1951 la stagione, incredibilmente, è ancora più drammatica. L’undici agosto hanno un vantaggio di 13 partite sui Giants che hanno appena preso una sweep a Ebbets Field. La stagione si avvia verso una facile conquista del pennant. Arriva una sweep di ritorno, ma i Giants sono sempre lontani. Il 30 agosto i Dodgers sono 82-45, hanno sette partite di vantaggio. Ne perdono altre due al Polo Grounds, ma recuperano e il 14 settembre sono ancora avanti di sei partite. Un lento cucinare. Finiscono la stagione 14-13, mentre i Giants volano, in settembre vanno 20-5. Nelle ultime due partite della stagione sono pari, solo perché Brooklyn, nella partita che chiude la stagione regolare, vince 9-8 al quattordicesimo a Philadelphia segnando contro Robin Roberts che ha lanciato sei inning da rilievo.
Pari vuol dire spareggio. Due su tre. Perdono la prima, vincono la seconda, gara tre al Polo Grounds: avanti 4-1 al nono, sta lanciando Don Newcombe. Concede un punto, 4-2. E Chuck Dressen, manager, pensa di toglierlo. Con Bobby Thomson al piatto mette manda sul monte Ralph Branca, che nella prima partita (persa) ha concesso un fuoricampo decisivo proprio a Thomson. Ma lo fai apposta: Shot Heard Around The World and The Giants Win The Pennant.
Nel 1952 e nel 1953 perdono le World Series contro gli Yankees, 4-3 e 4-2. Se non le leggi queste vicende non ci credi. Troppo impossibile. Non può continuare a succedere. Con tale frequenza e tale crudeltà. Invece…
Nel 1955 affrontano ANCORA gli Yankees. In gara sette sono avanti 2-0, una parte bassa del sesto tutta da leggenda: Sandy Amoros REPLACED Shuba (playing LF); Martin walked; On a bunt McDougald singled to pitcher, Martin to second; Berra hit a deep fly to left… ecco che perdono di nuovo. Invece: Fantastic catch by Amoros led to double play at first. Riescono a chiuderla. Campioni finalmente!
La gente piange nelle strade di Brooklyn, sconosciuti si abbracciano, le radioline volano in cielo. Nel 1956 perdono in garasette, sempre contro New York subendo pure un perfect game, ma ora ci sono, sanno che finalmente ossono contendere e anche vincere, ma…
… a fine 1957 spariscono da Brooklyn.
Rinascono/si trasferiscono/vanno a fare soldi/riempiono uno spazio vuoto. Improvvisamente diventano i Los Angeles Dodgers. E nel 1959 nel cavernoso Coliseum vincono le World Series.
Gli Yankees non nascono a New York. Nel 1901 infatti Ban Johnson crea l’American League in otto città: Boston (dove ci sono già i Braves), St. Louis (dove giocano anche i Cardinals), Chicago (casa dei Cubs), Philadelphia (casa dei Phillies), Cleveland, Detroit, Washington e Baltimore. Quattro città “nuove” e quattro già “abitate”. Ma non se la sente di aggiungere una terza franchigia a New York.
Nel 1903 però sono i Baltimore Orioles a muoversi e si trasferiscono a New York diventando inizialmente gli Highlanders, poiché giocavano su un terreno rialzato. Non avevano nulla di immortale, perdevano spesso.
La storia però cambia repentinamente quando arriva un giocatore che era nato proprio a Baltimore, Babe Ruth.
Gli Yankees costruiscono lo Stadium, acquistano (o meglio vengono loro regalati) una serie infinita di giocatori da Boston e diventano la più grande squadra professionistica di sempre. Se la rivalità con i Giants è stata forte e antica, quella con i Red Sox fortissima e spietata, quasi odio, quella con i Dodgers ha preso la forma di vittima e carnefice. Brooklyn continua a trovarsi gli Yankees in finale e continua a perdere. Finalmente li batte nel 1955, per poi scappare in California.
Il viaggio coast to coast smorzò un po’ gli entusiasmi. I Dodgers? Dove sono? A che ora giocano? Nonostante appartenessero a due leghe differenti, negli anni d’oro della radio, le notizie rimbalzavano dal Bronx a Brooklyn. C’era un continuo clima di sfida, le partite erano spessissimo in contemporanea. Ma ora…
Se i Dodgers (con Don Drysdale, Johnny Podres e un giovane Sandy Koufax) vinsero nel 1959, gli Yankees vinsero nel 1961 e nel 1962 con una squadra favolosa (Mickey Mantle, Roger Maris, Whitey Ford e un veteranissimo Yogi Berra). V?
E così si arriva al 1963. New York va per il threepeat. E nelle World Series si trova proprio loro, i Los Angeles Dodgers. A che ora giocano? Alla stessa!
Walter Alston, il manager, non ha mai avuto paura. Non la ebbe nel 1955, non la avrà nel 1963. D’altra parte, con Koufax dalla sua, si sente al sicuro. A roster ha ancora Drysdale e Podres, più uno dei primi rilievi della storia, Ron Perranoski. Se a molte edizioni “perdenti” dei Dodgers mancava pitching, questa volta non succederà. Koufax e Podres, due mancini, lanciano allo Stadium. Koufax (contro Ford) fa 15 K, Podres concede pochissimo e dopo 8.1 IP lascia il monte a Perranoski che chiude. Sul 2-0 si vola a LA, Alston usa il suo secondo asso, Drysdale, che lancia una partita magistrale, concedendo tre singoli. Koufax (ancora contro Ford) chiude la serie al Dodger Stadium con un altro completo. LA ha concesso a NY quattro punti in quattro partite, una sweep storica. Prima volta che gli Yankees vanno 0-4 (nel 1922 contro i Giants ne pareggiarono una, oltre a perderne quattro). É pure la prima sfida NY-LA nello sport professionistico americano. Ed è a tutt’oggi l’unica serie vinta dai Dodgers davanti al loro pubblico.
Annichiliti, gli Yankees perdono le serie anche nel 1964. E non vi ritornano più fino al 1976 quando perdono contro la Big Red Machine di Cincinnati. Nel frattempo, i Dodgers invece vivono stagioni vincenti, campioni nel 1965, in finale nel 1966, in finale nel 1974.
E arriva il 1977. Il baseball è cambiato. Ci sono le divisioni, le finali di lega, i free agent e c’è Reggie Jackson portato a NY per ritornare a vincere dopo “ben” quindici stagioni. La serie del 1977 tra Yankees e Dodgers é un classico. Jackson diventa Mr. October battendo cinque fuoricampo, tre nella decisiva gara sei… gli Yankees si vendicano del 1963 battendo LA e si ripetono con un altro 4-2 nel 1978. La rivalità rinasce dalle ceneri mai davvero spente dei tempi di New York.
E nel 1981 altra serie classica con i Dodgers di Tommy LaSorda, con un indimenticabile rookie messicano, che battono 4-2 gli Yankees di Bob Lemon. E poi, nulla, da 43 anni Dodgers e Yankees non si ritrovano più in finale, ma solo nelle partite di interleague introdotte nel 1997. Le franchigie sono trenta quindi incontrarsi alla fine è ovviamente più difficile.
Dopo il periodo vincente di fine Anni Novanta, gli Yankees vincono nel 2009, i Dodgers nel 1988 e poi nella stagione mozzata dalla pandemia nel 2020, un digiuno di 32 anni.
E arriviamo al 2024. Come attratti da una calamita i grandi campioni finiscono spesso nelle due grandi città affacciate sugli oceani, NY e LA. Shohei Ohtani, Freddie Freeman e Mookie Betts sul Pacifico, Juan Soto, Giancarlo Stanton e Gerrit Cole a NY. E le grandi squadre finiscono alle World Series, gli Yankees per la quarantunesima volta!
Queste righe non vogliono essere una preview. Dave Roberts non userà i mancini, non ne ha. Si tiene Walker Buehler per lo Stadium. Aaron Boone usa subito Cole, forse vuole usarlo tre volte.
Ci sono giapponesi e caraibici, venezuelani e americani. Un po’ di tutto il mondo. Ci saranno eroi e villani. Momenti caldi e freddi, uomini in forma e zoppicanti. Saranno serie drammatiche? Leggendarie?
Ma soprattutto, è davvero possibile che eventi anche relativamente recenti siano già velati di leggenda, Dreyfuss, Thomson, Amoros, Kirk Gibson, Boone (che ha chiuso le ALCS del 2003), Roberts (che ha rubato la base nel 2004), Aaron Judge che ha battuto 196 fuoricampo in quattro stagioni, Ohtani che ha completato un incredibile 54-59 solo qualche settimana fa, Fernando Valenzuela che ci ha lasciato solo qualche giorno fa.
Forse è tutto solamente un infinito field of dreams.
Cerchiamo di fare chiarezza. Non che gli americani siano modesti, ma World Series non ha mai voluto essere un titolo per incoronare i campioni del mondo. Anche se per molti decenni, e posso affermarlo con discreta convinzione, l’unico baseball di un certo livello si giocò negli States. Probabilmente era il miglior baseball del mondo. Ma il nome arriva in tutt’altra maniera. La sfida tra la vecchia National League e la neonata American League nasce da un’idea: facciamo affrontare in una serie al meglio delle nove partite le vincenti delle due leghe. L’idea nasce in un giornale di New York (la capitale del baseball, se permettete). E quel giornale si chiamava New York World Telegram. Sponsorizziamo la serie chiamandola World Telegram Series. Troppo lungo: World Series.
Nulla di più falso. Dopo estenuanti ricerche, lettura di ogni copia del Telegram dal 1902 al 1905, è stato confermato che il tabloid, perché tale era quel quotidiano, non ebbe nulla che fare con il nome delle serie. Molto più semplicemente nel 1903 il proprietario dei Pirates, tale Dreyfuss, sfidò il proprietario degli Americans, a giocare le World’s Championship Series per decidere chi fosse più forte tra NL e AL. Formato 3-4-2, con le quattro sfide centrali a Pittsburgh. I Pirates andarono avanti 3-1, i Royal Rooters cominciarono a cantare Tessie, Honus Wagner si infastidì, Cy Young divenne Cy Young, Boston ne vinse quattro in fila e si portò a casa le prime World Series per 5-3. Nel 1907 diventarono i Red Sox.
A Brooklyn si gioca a baseball probabilmente dal 1858, un tempo davvero antico (la guerra civile insanguinò gli States dal 1861 al 1865). La franchigia che conosciamo oggi nasce però solo nel 1883, e come Boston e come altre, non ha un nome ben definito. Passa da Grays ad Atlantics, ritorna a Grays, poi Bridegrooms, solo Grooms, ancora Bridegrooms, Superbas, Trolley Dodgers, solo Dodgers, Robins e finalmente Dodgers dal 1932 quando lo scrivono sulle divise. Forse una crisi di identità. Sicuramente una crisi di risultati. Ma non lo sanno ancora. Infatti nel 1890 Brooklyn vince la National League. Si ripete nel 1899 e nel 1900.
Non lo sanno ancora che quei tre titoli resteranno per lunghissimo tempo gli unici e che arriveranno l’invenzione dell’aeroplano, una guerra mondiale, il crollo di Wall Street, un’altra guerra mondiale, la guerra in Corea, insomma oltre mezzo secolo di avvenimenti vari, prima di rivedere le stelle.
I dolori provati dai tifosi dei Dodgers, dopo quel 1900, sono paragonabili solo a quelli dei tifosi dei Red Sox. Brooklyn perde le World Series del 1916 proprio contro Boston e quelle del 1920 contro Cleveland. Dal 1941 al 1953 i Dodgers perdono cinque World Series contro gli Yankees, nel 1942 e nel 1946 finiscono secondi entrambe le volte due partite dietro ai Cardinals.
Nel 1950 nell’ultima partita della stagione regolare giocano in casa contro i Phillies (gli Whiz Kids). Si gioca a Ebbets Field. Phila è 90-63, i Dodgers 89-64. Vincendo forzerebbero uno spareggio. Don Newcombe contro Robin Roberts, al nono sono 1-1. I Phillies non segnano. Brooklyn mette due uomini in base. Il singolo di Duke Snider li fa vincere, giusto? No, out a casa. Ora uomini agli angoli, con un out. Danno la base a Jackie Robinson. Basi piene. Carl Furillo e Gil Hodges non riescono a mandare a casa il punto della vittoria. Al decimo Dick Sisler batte un 3-run homer. Buonanotte Brooklyn.
Nel 1951 la stagione, incredibilmente, è ancora più drammatica. L’undici agosto hanno un vantaggio di 13 partite sui Giants che hanno appena preso una sweep a Ebbets Field. La stagione si avvia verso una facile conquista del pennant. Arriva una sweep di ritorno, ma i Giants sono sempre lontani. Il 30 agosto i Dodgers sono 82-45, hanno sette partite di vantaggio. Ne perdono altre due al Polo Grounds, ma recuperano e il 14 settembre sono ancora avanti di sei partite. Un lento cucinare. Finiscono la stagione 14-13, mentre i Giants volano, in settembre vanno 20-5. Nelle ultime due partite della stagione sono pari, solo perché Brooklyn, nella partita che chiude la stagione regolare, vince 9-8 al quattordicesimo a Philadelphia segnando contro Robin Roberts che ha lanciato sei inning da rilievo.
Pari vuol dire spareggio. Due su tre. Perdono la prima, vincono la seconda, gara tre al Polo Grounds: avanti 4-1 al nono, sta lanciando Don Newcombe. Concede un punto, 4-2. E Chuck Dressen, manager, pensa di toglierlo. Con Bobby Thomson al piatto mette manda sul monte Ralph Branca, che nella prima partita (persa) ha concesso un fuoricampo decisivo proprio a Thomson. Ma lo fai apposta: Shot Heard Around The World and The Giants Win The Pennant.
Nel 1952 e nel 1953 perdono le World Series contro gli Yankees, 4-3 e 4-2. Se non le leggi queste vicende non ci credi. Troppo impossibile. Non può continuare a succedere. Con tale frequenza e tale crudeltà. Invece…
Nel 1955 affrontano ANCORA gli Yankees. In gara sette sono avanti 2-0, una parte bassa del sesto tutta da leggenda: Sandy Amoros REPLACED Shuba (playing LF); Martin walked; On a bunt McDougald singled to pitcher, Martin to second; Berra hit a deep fly to left… ecco che perdono di nuovo. Invece: Fantastic catch by Amoros led to double play at first. Riescono a chiuderla. Campioni finalmente!
La gente piange nelle strade di Brooklyn, sconosciuti si abbracciano, le radioline volano in cielo. Nel 1956 perdono in garasette, sempre contro New York subendo pure un perfect game, ma ora ci sono, sanno che finalmente ossono contendere e anche vincere, ma…
… a fine 1957 spariscono da Brooklyn.
Rinascono/si trasferiscono/vanno a fare soldi/riempiono uno spazio vuoto. Improvvisamente diventano i Los Angeles Dodgers. E nel 1959 nel cavernoso Coliseum vincono le World Series.
Gli Yankees non nascono a New York. Nel 1901 infatti Ban Johnson crea l’American League in otto città: Boston (dove ci sono già i Braves), St. Louis (dove giocano anche i Cardinals), Chicago (casa dei Cubs), Philadelphia (casa dei Phillies), Cleveland, Detroit, Washington e Baltimore. Quattro città “nuove” e quattro già “abitate”. Ma non se la sente di aggiungere una terza franchigia a New York.
Nel 1903 però sono i Baltimore Orioles a muoversi e si trasferiscono a New York diventando inizialmente gli Highlanders, poiché giocavano su un terreno rialzato. Non avevano nulla di immortale, perdevano spesso.
La storia però cambia repentinamente quando arriva un giocatore che era nato proprio a Baltimore, Babe Ruth.
Gli Yankees costruiscono lo Stadium, acquistano (o meglio vengono loro regalati) una serie infinita di giocatori da Boston e diventano la più grande squadra professionistica di sempre. Se la rivalità con i Giants è stata forte e antica, quella con i Red Sox fortissima e spietata, quasi odio, quella con i Dodgers ha preso la forma di vittima e carnefice. Brooklyn continua a trovarsi gli Yankees in finale e continua a perdere. Finalmente li batte nel 1955, per poi scappare in California.
Il viaggio coast to coast smorzò un po’ gli entusiasmi. I Dodgers? Dove sono? A che ora giocano? Nonostante appartenessero a due leghe differenti, negli anni d’oro della radio, le notizie rimbalzavano dal Bronx a Brooklyn. C’era un continuo clima di sfida, le partite erano spessissimo in contemporanea. Ma ora…
Se i Dodgers (con Don Drysdale, Johnny Podres e un giovane Sandy Koufax) vinsero nel 1959, gli Yankees vinsero nel 1961 e nel 1962 con una squadra favolosa (Mickey Mantle, Roger Maris, Whitey Ford e un veteranissimo Yogi Berra). V?
E così si arriva al 1963. New York va per il threepeat. E nelle World Series si trova proprio loro, i Los Angeles Dodgers. A che ora giocano? Alla stessa!
Walter Alston, il manager, non ha mai avuto paura. Non la ebbe nel 1955, non la avrà nel 1963. D’altra parte, con Koufax dalla sua, si sente al sicuro. A roster ha ancora Drysdale e Podres, più uno dei primi rilievi della storia, Ron Perranoski. Se a molte edizioni “perdenti” dei Dodgers mancava pitching, questa volta non succederà. Koufax e Podres, due mancini, lanciano allo Stadium. Koufax (contro Ford) fa 15 K, Podres concede pochissimo e dopo 8.1 IP lascia il monte a Perranoski che chiude. Sul 2-0 si vola a LA, Alston usa il suo secondo asso, Drysdale, che lancia una partita magistrale, concedendo tre singoli. Koufax (ancora contro Ford) chiude la serie al Dodger Stadium con un altro completo. LA ha concesso a NY quattro punti in quattro partite, una sweep storica. Prima volta che gli Yankees vanno 0-4 (nel 1922 contro i Giants ne pareggiarono una, oltre a perderne quattro). É pure la prima sfida NY-LA nello sport professionistico americano. Ed è a tutt’oggi l’unica serie vinta dai Dodgers davanti al loro pubblico.
Annichiliti, gli Yankees perdono le serie anche nel 1964. E non vi ritornano più fino al 1976 quando perdono contro la Big Red Machine di Cincinnati. Nel frattempo, i Dodgers invece vivono stagioni vincenti, campioni nel 1965, in finale nel 1966, in finale nel 1974.
E arriva il 1977. Il baseball è cambiato. Ci sono le divisioni, le finali di lega, i free agent e c’è Reggie Jackson portato a NY per ritornare a vincere dopo “ben” quindici stagioni. La serie del 1977 tra Yankees e Dodgers é un classico. Jackson diventa Mr. October battendo cinque fuoricampo, tre nella decisiva gara sei… gli Yankees si vendicano del 1963 battendo LA e si ripetono con un altro 4-2 nel 1978. La rivalità rinasce dalle ceneri mai davvero spente dei tempi di New York.
E nel 1981 altra serie classica con i Dodgers di Tommy LaSorda, con un indimenticabile rookie messicano, che battono 4-2 gli Yankees di Bob Lemon. E poi, nulla, da 43 anni Dodgers e Yankees non si ritrovano più in finale, ma solo nelle partite di interleague introdotte nel 1997. Le franchigie sono trenta quindi incontrarsi alla fine è ovviamente più difficile.
Dopo il periodo vincente di fine Anni Novanta, gli Yankees vincono nel 2009, i Dodgers nel 1988 e poi nella stagione mozzata dalla pandemia nel 2020, un digiuno di 32 anni.
E arriviamo al 2024. Come attratti da una calamita i grandi campioni finiscono spesso nelle due grandi città affacciate sugli oceani, NY e LA. Shohei Ohtani, Freddie Freeman e Mookie Betts sul Pacifico, Juan Soto, Giancarlo Stanton e Gerrit Cole a NY. E le grandi squadre finiscono alle World Series, gli Yankees per la quarantunesima volta!
Queste righe non vogliono essere una preview. Dave Roberts non userà i mancini, non ne ha. Si tiene Walker Buehler per lo Stadium. Aaron Boone usa subito Cole, forse vuole usarlo tre volte.
Ci sono giapponesi e caraibici, venezuelani e americani. Un po’ di tutto il mondo. Ci saranno eroi e villani. Momenti caldi e freddi, uomini in forma e zoppicanti. Saranno serie drammatiche? Leggendarie?
Ma soprattutto, è davvero possibile che eventi anche relativamente recenti siano già velati di leggenda, Dreyfuss, Thomson, Amoros, Kirk Gibson, Boone (che ha chiuso le ALCS del 2003), Roberts (che ha rubato la base nel 2004), Aaron Judge che ha battuto 196 fuoricampo in quattro stagioni, Ohtani che ha completato un incredibile 54-59 solo qualche settimana fa, Fernando Valenzuela che ci ha lasciato solo qualche giorno fa.
Forse è tutto solamente un infinito field of dreams.
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Re: Profondo Baseball
Gli Stati Uniti stanno pericolosamente andando alla deriva. Non lo so quanto durerà il sogno o l'incubo. Non mi pare un bel momento.
Qui mi sento ancora un po' a casa. Ma c'è del fastidio.
A casa, quella reale, ho due pacchi di baseball cards, entrambe della stessa stagione, prima del Covid, forse del 2016 o 2017. Uno lo ordinai online e, nello stesso momento, in regalo, me ne arrivò un altro. Una coincidenza incredibile direi. Mi chiedo se un giorno, qualcuno potrà usarli per chiedere un prestito alla banca. Quando la figurina intonsa di Mike Trout varrà qualche milione di dollari.
***
Un po’ grezzo, tagliato con l’accetta, figlio dell’Era m-ELON-iana.
Judith
Chiamiamola Judith. Figlia di un chirurgo plastico. Cresce nell’opulenza, anche un po’ vanesia, circondata da donne che si rifanno tette, labbra (superiori e inferiori). Si innamora? Si sposa. Divorzia.
Vive annoiata a Manhattan, mestiere: socialite. Nessuno sa esattamente che cosa voglia dire, ma certamente non ha nulla a che fare con socialista.
Le viene voglia di comprarsi una casa nel sud della Francia, così genericamente nel sud della Francia. Cannes o Tolone? Lo dicevano sempre anche in Beautiful (lo guardava anche mia suocera), “…andremo in vacanza nel sud della Francia”. Ma dove esattamente? A Marsiglia?
Forse Judith è troppo giovane, forse non vedeva Beautiful, chi lo sa. Resta che le viene questa voglia. Però non ha pronti i tre milioni di euro nella LV che porta al braccio. Si veste in tute bianche, ma di Gucci; quindi è ricca? Chi lo sa. Tutte quelle isole, le Cayman, SKN, Aruba? No, Aruba no, parlano strano, una specie di olandese.
Judith, però ha un Basquet (oppure si dice Baskèt), un Bouchet, whatever. Telefona alla banca, ma non a una banca normale, telefona a una banca che ti organizza un prestito a fronte di un quadro. Tu mi dirai: a me non danno novecento euro per cambiare la cinghia di una Tiguan che mi serve per andare a lavorare e per tutto il resto, cane, bambini, nell’ordine, è del 2017, ormai fuori garanzia. Meglio se facciamo anche i freni.
“Ma lei come lo ha avuto questo quadro?”
Il divorzio.
"Guarda, un incubo."
Ma prima il matrimonio, sullo yacht di Paul Allen (o Woody, boh, uno dei due), con quel meraviglioso vestito da sposa, cucito a mano nelle Asturie. Il divorzio, se possibile, ancora più sensazionale.
Eravamo a casa, una cena, con gli amici, un party e cazzo! La mattina lo trovo a letto con una mia amica, anzi sul tappeto, nudi, addormentati, coperti da un quadro di Richard Prince. Quello di Runaway Nurse, l’infermiera, puro sesso.
È partita una rissa infernale. Lei diceva che in casa entravano cinque milioni di dollari all’anno, gli avvocati di lui ribattevano: al massimo centocinquantamila al mese (come le cifre delle folle della Questura). Intanto lei scioglieva carte di credito da Chanel e Valentino. Ha dovuto addirittura vendere il solitario del fidanzamento per pagare gli avvocati, centomila spaccati.
In tribunale si è presentata con il giubbotto antiproiettile.
“Mio marito ha assoldato un sicario per uccidermi!”
Lui nega.
Lo ha messo anche a Parigi, il giubbotto, in una sfilata di moda.
Ma lì era per solo per la Fashion Week. Nessuno voleva spararle.
Nel 2020 hanno risolto, lui le ha dato una magione, pezzi d’arte, quadri. Incluso un Warhol. Che tristezza, un grande artista, diventato cambiale. Eh, sì. La banca che organizza prestiti a fronte di quadri, ha anche un suo costo, una parcella. E lei non se l’aspettava. Fuck! Dodicimila cinquecento dollari.
Il Warhol
“Cara, ma fagli un assegno.”
Negli USA usano ancora gli assegni e il cash, naturalmente, per le amanti.
“Fanculo, gli do il Warhol.”
“Ma scherzi, quello di Jackie?”
“Certo, lo sai che vale un milione.”
“Ma se ne ha fatti cento?“
“Sedici, ne ha fatti sedici!”
La banca le lascia a casa il Bousket, o Busquets (no, quel criminale giocava a Barcellona) ma si porta via il Warhol.
Anche qui, io avrei tenuto l’altro. Almeno era al sicuro, o così credevamo tutti.
“E poi ‘sti stronzi non mi hanno dato i tre milioni!”
“Come? Figli di… non farmi parlare delle banche. Quella di mio marito…”
“Mi avete rubato il quadro come i nazisti”, gridava a squarciagola Judith, l’ebrea. Una scenata a cena, erano da Frevo, o forse alla Marea. Boh, comunque la storia, ormai, la sapevano tutti. Era veramente ebrea.
Non era pazza, era furiosa. È andata in giro per Manhattan a incollare manifesti con la scritta Wanted $ 10,000 fuori dagli uffici della banca, con le facce dei direttori. Come nel Far West.
E loro l’hanno denunciata, per trenta milioni di dollari (!), per la campagna intimidatoria, e per diffamazione. “Noi siamo persone oneste!” E hanno pure dovuto vendere il Warhol, al prezzo scontato di £325,000, un affare per il compratore, per pagare i loro di costi.
Judith li ha contro-denunciati: “Loro non sono nessuno; qui, la star sono io!”
***
L’arte ormai vale come le azioni. Anzi di più. Un’azione ha un valore variabile, che, però, alle cinque di ogni giorno si ferma. Il fixing. Puoi venderla a un prezzo noto, accettato da tutti. Ma un Picasso? Eh, caro mio, vale quello che vuoi tu.
Un Picasso è meraviglioso, anche se ha un occhio in mezzo alla fronte.
Gli artisti stessi hanno acquistato ville con i loro quadri come garanzia. Chiamala deregulation, se vuoi. Conflitto di interessi, se sei onesto. Rubare, se...
“C’è troppa incertezza, non possiamo imprestare soldi per un quadro.”
Infatti, nel 2023 infatti i prestiti di dollari a fronte di opere d’arte hanno raggiunto “solo” 34 miliardi, continuando ad aumentare del 10% annuo. Nel 2025 saranno circa 40 miliardi. Banche?
***
La storia, la storia, non questi dettagli economici.
Judith ha affermato che il Basquiat (eccolo, che non mi veniva il nome giusto) vale 30 milioni di dollari. La banca dice che vale solo 4-6 milioni. Purtroppo, Judith ha fatto le cose in fretta, aveva tanta voglia di quella casa nel sud della Francia che ha firmato le carte in una umida domenica mattina di novembre, a casa, senza il suo avvocato. Firmando, sulla i di Judith invece del puntino aveva messo addirittura un cuoricino.
E ha cominciato ad aspettare. E sul conto non apparivano mica i tre milioni. Il Warhol era in banca. E dopo quattro settimane ha chiamato la polizia: “Mi hanno rubato il Warhol”.
“Quanti erano? Da dove sono entrati?”
“Erano qui, gli ho aperto io!”
“Ma come?”
“Sono andata un attimo in bagno e lo hanno preso. Ero convinta che fosse solo per controllare che non fosse falso!”
“Madam, ma allora non si configura come furto.”’
“Ah, no? Come cosa allora?”
Cambiale?
E dopo altre quattro settimane le hanno detto che non le davano il prestito. Ha una storia di assegni scoperti (anche se rimbalzanti è così figurativo) e cause perse. E non pagava l’affitto quando viveva nell’Upper East Side. Il padrone di casa l'ha denunciata.
“Ma la causa è ancora in corso!” ha precisato lei.
Poi ti chiedi perché gli avvocati fanno i soldi?
Con le infinite cause in corso.
Alla fine, e siamo rimasti tutti delusi, hanno fatto la pace. Lei ha “venduto” il Warhol alla banca per $440,000 e hanno cenato e brindato tutti insieme amichevolmente da Amaranth, sessantaduesima e Madison. Lei era pure con il nuovo fidanzato, un creativo della moda, quello che creava i cappelli di Jay-Z.
In cauda venenum
“Allora avete portato i soldi?”
“Veramente…”
“Come, veramente, non avete i soldi, dov’è il quadro, allora? Lo avete ancora voi, giusto?”
“Veramente…”
“Non lo avrete mica perso? Guarda che io ti arresto!”
[Tutto legale, è possibile farlo anche in Italia, articolo 383 codice procedura penale, si dice in flagranza di reato. Flagranza con la L. Non fragranza, quello era Fassino.]
I direttori della banca erano preoccupati per i manifesti, avevano dubbi se portare i soldi in un ristorante, ma lei non li aveva incollati i manifesti, non li aveva visti nessuno, li aveva solo inviati via e-mail. Anzi li aveva creati e inviati il fidanzato, il cappellaio matto. Ma tutto era finito sul Post e il casino aveva deprezzato il valore del quadro. Mentre le spese aumentavano.
Quali spese?
E l’avvocato di lei, allora, ha avuto l’idea. Ha chiesto la ricevuta fiscale della vendita del quadro. Ma i direttori della banca non la trovano. Come dal salumiere. L'ho messa nella borsa.
“Ma lo avete venduto o no?”
Judith cavalca rabbia e ansia. Non sappiamo se anche il fidanzato. Sopravvive tra spavalderia e sconcerto.
“Questa guerra legale ha distrutto la mia carriera nella moda, non mi invitano più alla Fashion Week”. Ha progetti, una linea di vestiti, un business in espansione, e addirittura un podcast, che non riesco neppure a tradurre: “Sexless in the Sticks,” focusing on faith, fashion and female empowerment. Una vera perla, un uragano di F.
“Tutto quello che ho viene dal divorzio, ma la casa è pignorata e i quadri sono… persi.”
“Non lo so come queste persone ritengano di potersi prendere non uno, ma due quadri dal mio glorioso divorzio!”
Glorioso lo ho aggiunto io.
“Ma, forse è tutta colpa mia. Ho lasciato accesso a troppe persone. E sto imparando la lezione.”
***
New York City
Un quarto dei residenti di New York City (più una) non ha abbastanza soldi per generi di prima necessità come casa e cibo. Molti non possono permettersi di andare dal dottore, una crisi di accessibilità ai servizi primari che l’amministrazione politica di New York non riesce più a fronteggiare.
Il rapporto, redatto da un gruppo di ricerca della Columbia University e da Robin Hood, un gruppo anti-povertà, ha rilevato che la percentuale di newyorkesi in condizioni di povertà era quasi il doppio della media nazionale nel 2023 ed era aumentata di sette punti percentuali in soli due anni.
Il picco è, in parte, dovuto alla scadenza degli aiuti governativi che erano stati erogati durante la pandemia.
Il governatore Kathy Hochul e il sindaco Eric Adams (attualmente in galera, no, ma dovrebbe starci), apparentemente riconoscendo il malcontento per l’alto costo della vita, e preoccupati per le loro poltrone, hanno concentrato i loro programmi e le loro speranze di rielezione trasmettendo agli elettori il seguente messaggio: stiamo cercando di rendere New York più accessibile. È un compito arduo, ha affermato Richard Buery Jr., amministratore delegato di Robin Hood.
La città “ha tanta ricchezza ma anche tanti bisogni. Questi sono problemi interamente causati dall’uomo”.
Non hanno fatto la ricerca la scorsa settimana. Lo studio dura da circa tredici anni. Coinvolge tremila nuclei familiari. Un numero rilevante da un punto di vista statistico.
I ricercatori utilizzano un sistema di misurazione diverso rispetto a quello utilizzato dal governo federale (quello che sta scomparendo) per misurare la povertà, tenendo conto del reddito, del sostegno non monetario come i crediti d’imposta e del costo della vita locale.
Secondo questo parametro, la soglia di povertà per una coppia con due figli in una famiglia in affitto a New York City è ora di 47.190 dollari. Lo studio ha rilevato che il 58% dei newyorkesi, ovvero più di 4,8 milioni di persone, apparteneva a famiglie con redditi inferiori del 200% della soglia di povertà.
La governatrice ha proposto di tagliare l’imposta statale sul reddito per la maggior parte dei residenti, e vuole dare alle future mamme che ricevono assistenza pubblica un sussidio di 100 dollari mensili durante la gravidanza, e 1200 dollari quando nasce il bambino.
Il rapporto ha rilevato che il 26% dei bambini di New York City, ovvero 420.000 bambini, vivono in povertà.
Quattrocentoventimila bambini.
Una proposta ancor più favorevole offrirebbe alle famiglie ammissibili un’agevolazione fiscale fino a 1.000 dollari per ogni bambino di età inferiore ai 4 anni o fino a 500 dollari per ogni bambino di età compresa tra 4 e 16 anni. I ricercatori dell’Urban Institute hanno stimato che il taglio fiscale e molte altre proposte precedenti sostenute dalla Hochul potrebbero ridurre la povertà infantile a New York di circa il 18%.
(Non che sia una rivoluzione. Resterebbero comunque 345.000 bambini in stato di povertà.)
“Come mamma mi addolora pensare allo stomaco dei bambini che ringhia mentre sono a scuola, quando invece dovrebbero imparare”, ha detto la Hochul nel suo discorso sullo stato dello Stato il mese scorso.
***
Davvero un brutto momento. Povera Judith.
Qui mi sento ancora un po' a casa. Ma c'è del fastidio.
A casa, quella reale, ho due pacchi di baseball cards, entrambe della stessa stagione, prima del Covid, forse del 2016 o 2017. Uno lo ordinai online e, nello stesso momento, in regalo, me ne arrivò un altro. Una coincidenza incredibile direi. Mi chiedo se un giorno, qualcuno potrà usarli per chiedere un prestito alla banca. Quando la figurina intonsa di Mike Trout varrà qualche milione di dollari.
***
Un po’ grezzo, tagliato con l’accetta, figlio dell’Era m-ELON-iana.
Judith
Chiamiamola Judith. Figlia di un chirurgo plastico. Cresce nell’opulenza, anche un po’ vanesia, circondata da donne che si rifanno tette, labbra (superiori e inferiori). Si innamora? Si sposa. Divorzia.
Vive annoiata a Manhattan, mestiere: socialite. Nessuno sa esattamente che cosa voglia dire, ma certamente non ha nulla a che fare con socialista.
Le viene voglia di comprarsi una casa nel sud della Francia, così genericamente nel sud della Francia. Cannes o Tolone? Lo dicevano sempre anche in Beautiful (lo guardava anche mia suocera), “…andremo in vacanza nel sud della Francia”. Ma dove esattamente? A Marsiglia?
Forse Judith è troppo giovane, forse non vedeva Beautiful, chi lo sa. Resta che le viene questa voglia. Però non ha pronti i tre milioni di euro nella LV che porta al braccio. Si veste in tute bianche, ma di Gucci; quindi è ricca? Chi lo sa. Tutte quelle isole, le Cayman, SKN, Aruba? No, Aruba no, parlano strano, una specie di olandese.
Judith, però ha un Basquet (oppure si dice Baskèt), un Bouchet, whatever. Telefona alla banca, ma non a una banca normale, telefona a una banca che ti organizza un prestito a fronte di un quadro. Tu mi dirai: a me non danno novecento euro per cambiare la cinghia di una Tiguan che mi serve per andare a lavorare e per tutto il resto, cane, bambini, nell’ordine, è del 2017, ormai fuori garanzia. Meglio se facciamo anche i freni.
“Ma lei come lo ha avuto questo quadro?”
Il divorzio.
"Guarda, un incubo."
Ma prima il matrimonio, sullo yacht di Paul Allen (o Woody, boh, uno dei due), con quel meraviglioso vestito da sposa, cucito a mano nelle Asturie. Il divorzio, se possibile, ancora più sensazionale.
Eravamo a casa, una cena, con gli amici, un party e cazzo! La mattina lo trovo a letto con una mia amica, anzi sul tappeto, nudi, addormentati, coperti da un quadro di Richard Prince. Quello di Runaway Nurse, l’infermiera, puro sesso.
È partita una rissa infernale. Lei diceva che in casa entravano cinque milioni di dollari all’anno, gli avvocati di lui ribattevano: al massimo centocinquantamila al mese (come le cifre delle folle della Questura). Intanto lei scioglieva carte di credito da Chanel e Valentino. Ha dovuto addirittura vendere il solitario del fidanzamento per pagare gli avvocati, centomila spaccati.
In tribunale si è presentata con il giubbotto antiproiettile.
“Mio marito ha assoldato un sicario per uccidermi!”
Lui nega.
Lo ha messo anche a Parigi, il giubbotto, in una sfilata di moda.
Ma lì era per solo per la Fashion Week. Nessuno voleva spararle.
Nel 2020 hanno risolto, lui le ha dato una magione, pezzi d’arte, quadri. Incluso un Warhol. Che tristezza, un grande artista, diventato cambiale. Eh, sì. La banca che organizza prestiti a fronte di quadri, ha anche un suo costo, una parcella. E lei non se l’aspettava. Fuck! Dodicimila cinquecento dollari.
Il Warhol
“Cara, ma fagli un assegno.”
Negli USA usano ancora gli assegni e il cash, naturalmente, per le amanti.
“Fanculo, gli do il Warhol.”
“Ma scherzi, quello di Jackie?”
“Certo, lo sai che vale un milione.”
“Ma se ne ha fatti cento?“
“Sedici, ne ha fatti sedici!”
La banca le lascia a casa il Bousket, o Busquets (no, quel criminale giocava a Barcellona) ma si porta via il Warhol.
Anche qui, io avrei tenuto l’altro. Almeno era al sicuro, o così credevamo tutti.
“E poi ‘sti stronzi non mi hanno dato i tre milioni!”
“Come? Figli di… non farmi parlare delle banche. Quella di mio marito…”
“Mi avete rubato il quadro come i nazisti”, gridava a squarciagola Judith, l’ebrea. Una scenata a cena, erano da Frevo, o forse alla Marea. Boh, comunque la storia, ormai, la sapevano tutti. Era veramente ebrea.
Non era pazza, era furiosa. È andata in giro per Manhattan a incollare manifesti con la scritta Wanted $ 10,000 fuori dagli uffici della banca, con le facce dei direttori. Come nel Far West.
E loro l’hanno denunciata, per trenta milioni di dollari (!), per la campagna intimidatoria, e per diffamazione. “Noi siamo persone oneste!” E hanno pure dovuto vendere il Warhol, al prezzo scontato di £325,000, un affare per il compratore, per pagare i loro di costi.
Judith li ha contro-denunciati: “Loro non sono nessuno; qui, la star sono io!”
***
L’arte ormai vale come le azioni. Anzi di più. Un’azione ha un valore variabile, che, però, alle cinque di ogni giorno si ferma. Il fixing. Puoi venderla a un prezzo noto, accettato da tutti. Ma un Picasso? Eh, caro mio, vale quello che vuoi tu.
Un Picasso è meraviglioso, anche se ha un occhio in mezzo alla fronte.
Gli artisti stessi hanno acquistato ville con i loro quadri come garanzia. Chiamala deregulation, se vuoi. Conflitto di interessi, se sei onesto. Rubare, se...
“C’è troppa incertezza, non possiamo imprestare soldi per un quadro.”
Infatti, nel 2023 infatti i prestiti di dollari a fronte di opere d’arte hanno raggiunto “solo” 34 miliardi, continuando ad aumentare del 10% annuo. Nel 2025 saranno circa 40 miliardi. Banche?
***
La storia, la storia, non questi dettagli economici.
Judith ha affermato che il Basquiat (eccolo, che non mi veniva il nome giusto) vale 30 milioni di dollari. La banca dice che vale solo 4-6 milioni. Purtroppo, Judith ha fatto le cose in fretta, aveva tanta voglia di quella casa nel sud della Francia che ha firmato le carte in una umida domenica mattina di novembre, a casa, senza il suo avvocato. Firmando, sulla i di Judith invece del puntino aveva messo addirittura un cuoricino.
E ha cominciato ad aspettare. E sul conto non apparivano mica i tre milioni. Il Warhol era in banca. E dopo quattro settimane ha chiamato la polizia: “Mi hanno rubato il Warhol”.
“Quanti erano? Da dove sono entrati?”
“Erano qui, gli ho aperto io!”
“Ma come?”
“Sono andata un attimo in bagno e lo hanno preso. Ero convinta che fosse solo per controllare che non fosse falso!”
“Madam, ma allora non si configura come furto.”’
“Ah, no? Come cosa allora?”
Cambiale?
E dopo altre quattro settimane le hanno detto che non le davano il prestito. Ha una storia di assegni scoperti (anche se rimbalzanti è così figurativo) e cause perse. E non pagava l’affitto quando viveva nell’Upper East Side. Il padrone di casa l'ha denunciata.
“Ma la causa è ancora in corso!” ha precisato lei.
Poi ti chiedi perché gli avvocati fanno i soldi?
Con le infinite cause in corso.
Alla fine, e siamo rimasti tutti delusi, hanno fatto la pace. Lei ha “venduto” il Warhol alla banca per $440,000 e hanno cenato e brindato tutti insieme amichevolmente da Amaranth, sessantaduesima e Madison. Lei era pure con il nuovo fidanzato, un creativo della moda, quello che creava i cappelli di Jay-Z.
In cauda venenum
“Allora avete portato i soldi?”
“Veramente…”
“Come, veramente, non avete i soldi, dov’è il quadro, allora? Lo avete ancora voi, giusto?”
“Veramente…”
“Non lo avrete mica perso? Guarda che io ti arresto!”
[Tutto legale, è possibile farlo anche in Italia, articolo 383 codice procedura penale, si dice in flagranza di reato. Flagranza con la L. Non fragranza, quello era Fassino.]
I direttori della banca erano preoccupati per i manifesti, avevano dubbi se portare i soldi in un ristorante, ma lei non li aveva incollati i manifesti, non li aveva visti nessuno, li aveva solo inviati via e-mail. Anzi li aveva creati e inviati il fidanzato, il cappellaio matto. Ma tutto era finito sul Post e il casino aveva deprezzato il valore del quadro. Mentre le spese aumentavano.
Quali spese?
E l’avvocato di lei, allora, ha avuto l’idea. Ha chiesto la ricevuta fiscale della vendita del quadro. Ma i direttori della banca non la trovano. Come dal salumiere. L'ho messa nella borsa.
“Ma lo avete venduto o no?”
Judith cavalca rabbia e ansia. Non sappiamo se anche il fidanzato. Sopravvive tra spavalderia e sconcerto.
“Questa guerra legale ha distrutto la mia carriera nella moda, non mi invitano più alla Fashion Week”. Ha progetti, una linea di vestiti, un business in espansione, e addirittura un podcast, che non riesco neppure a tradurre: “Sexless in the Sticks,” focusing on faith, fashion and female empowerment. Una vera perla, un uragano di F.
“Tutto quello che ho viene dal divorzio, ma la casa è pignorata e i quadri sono… persi.”
“Non lo so come queste persone ritengano di potersi prendere non uno, ma due quadri dal mio glorioso divorzio!”
Glorioso lo ho aggiunto io.
“Ma, forse è tutta colpa mia. Ho lasciato accesso a troppe persone. E sto imparando la lezione.”
***
New York City
Un quarto dei residenti di New York City (più una) non ha abbastanza soldi per generi di prima necessità come casa e cibo. Molti non possono permettersi di andare dal dottore, una crisi di accessibilità ai servizi primari che l’amministrazione politica di New York non riesce più a fronteggiare.
Il rapporto, redatto da un gruppo di ricerca della Columbia University e da Robin Hood, un gruppo anti-povertà, ha rilevato che la percentuale di newyorkesi in condizioni di povertà era quasi il doppio della media nazionale nel 2023 ed era aumentata di sette punti percentuali in soli due anni.
Il picco è, in parte, dovuto alla scadenza degli aiuti governativi che erano stati erogati durante la pandemia.
Il governatore Kathy Hochul e il sindaco Eric Adams (attualmente in galera, no, ma dovrebbe starci), apparentemente riconoscendo il malcontento per l’alto costo della vita, e preoccupati per le loro poltrone, hanno concentrato i loro programmi e le loro speranze di rielezione trasmettendo agli elettori il seguente messaggio: stiamo cercando di rendere New York più accessibile. È un compito arduo, ha affermato Richard Buery Jr., amministratore delegato di Robin Hood.
La città “ha tanta ricchezza ma anche tanti bisogni. Questi sono problemi interamente causati dall’uomo”.
Non hanno fatto la ricerca la scorsa settimana. Lo studio dura da circa tredici anni. Coinvolge tremila nuclei familiari. Un numero rilevante da un punto di vista statistico.
I ricercatori utilizzano un sistema di misurazione diverso rispetto a quello utilizzato dal governo federale (quello che sta scomparendo) per misurare la povertà, tenendo conto del reddito, del sostegno non monetario come i crediti d’imposta e del costo della vita locale.
Secondo questo parametro, la soglia di povertà per una coppia con due figli in una famiglia in affitto a New York City è ora di 47.190 dollari. Lo studio ha rilevato che il 58% dei newyorkesi, ovvero più di 4,8 milioni di persone, apparteneva a famiglie con redditi inferiori del 200% della soglia di povertà.
La governatrice ha proposto di tagliare l’imposta statale sul reddito per la maggior parte dei residenti, e vuole dare alle future mamme che ricevono assistenza pubblica un sussidio di 100 dollari mensili durante la gravidanza, e 1200 dollari quando nasce il bambino.
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Re: Profondo Baseball
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