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da shaquille » 28/01/2020, 18:28
Articolo perfetto di Emanuele Gamba su Repubblica di oggi (edizione di Torino)
Adesso che Cairo ha portato il Toro al punto più basso della sua storia, guadagnandosi per l’eternità un posto nella memoria, deve ritornare alle faccende di nuda cronaca e darsi da fare, assieme a Mazzarri, per tirare fuori i granata dalla penosa situazione in cui lui e l’allenatore l’hanno cacciato. Tra i molti difetti che ha, Cairo non ha quello dell’impulsività (casomai è temporeggiatore fino allo sfinimento) e fa bene a non licenziare il tecnico adesso, all’indomani di una vergogna che sono loro a dover vivere, scontare e, nei limiti del possibile, cancellare.
Detto che era, e forse lo è ancora, il migliore allenatore possibile per un club del target del Toro (prima di ricoprirlo di insulti, sarebbe il caso di dare una ripassata a una carriera esemplare, come esemplare è stato il suo lavoro torinese fino a pochi mesi fa), in questa situazione Mazzarri è più vittima che colpevole: ha pagato i tentennamenti di Cairo, uno che per non fare il passo più lungo della gamba lo fa anche più corto dell’alluce, e il deterioramento dei rapporti con l’ambiente, da imputare a un club che non ha struttura né strategie, capace solo di chiudersi stizzito in sé stesso.
Mazzari, spesso lasciato solo, ha finito per assorbire questa negatività, ci ha messo del suo in tante circostanze (le lamentele stucchevoli, le proteste inutili, lo sconcertante caso Chiellini) ma di sbagli ne ha fatti meno di chi lo stipendia e di molti dei suoi calciatori. Se vogliamo, il suo vero grave sbaglio, quello che sarebbe giustissima causa di licenziamento, lo ha commesso facendo entrare Millico sul 5-0: per un anno mezzo lo ha centellinato, proteggendolo da chissà quali peccati di gioventù, per poi mandarlo allo sbaraglio in quell’umiliazione che non gli apparteneva. È parso un atto dimostrativo: Volete il ragazzino? Eccovelo. Non si fa così.
Questo è il momento del sangue freddo, della fermezza, della lucidità, dell’umiltà, dell’autocritica, della dignità, del senso del dovere: Cairo e Mazzarri devono predicarli e dare l’esempio, tocca a loro mettere la faccia, rallentare la decomposizione e magari fare, per una volta, qualcosa di granata: spalanchino le porte del Filadelfia, chiamino i tifosi, abbiamo l’umiltà di chiedere loro aiuto (lo avrebbero), spieghino in conferenza stampa gli errori commessi e le intenzioni per rimediarli. Invece di rassegnarsi a subire passivamente la contestazione (che non porta mai da nessuna parte), cerchino quel contatto con l’essenza stessa del Toro che si sono sempre negati. Tirino fuori l’anima, prima dei cosiddetti (per quelli, c’è il campo).
Il tempo di Mazzarri, che a giugno saluterà, è in scadenza, ma tocca a lui riportare la squadra in carreggiata e condurla agli obiettivi minimi: l’ottavo posto e la semifinale di Coppa Italia da giocare, contro la Lue, almeno con la rabbia addosso. Però si faccia da parte se nel giro di due-tre settimane non avrà ritrovato la trebisonda. Dopodiché, Cairo dovrà mettere un punto e andare a capo. Davanti ha due possibilità: mollare o rimediare. Una volta chiuso il sipario su quest’annata, spieghi a chiare lettere cosa vuol fare del Toro, presenti un programma a medio-lungo termine che recepisca le esigenze della tifoseria, che possa convincere e coinvolgere Belotti e Sirigu, le uniche ancore possibili, e che riguardi non soltanto la squadra, ma anche lo sviluppo immobiliare, il potenziamento del vivaio, la ristrutturazione dell’organigramma, i rapporti in pubblico e con il pubblico. Dica dove vuole arrivare, e in quanto tempo, senza i soliti slogan posticci ripetuti a pappagallo. Altrimenti, come pretende buona parte dei sostenitori, si faccia da parte senza stare a rivendicare i meriti della sua gestione (che sono esigui, se paragonati a contemporanei come Lotito, Percassi, De Laurentiis) e non scordando come prese il Toro, per due soldi e di fatto espropriandolo al legittimo proprietario con la sponda della politica cittadina. Potrebbe sempre restituire il favore, 15 anni dopo.
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