Moderatamente sensati - Il topic della politica
- doc G
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
A distanza di poche ore: il vicepresidente e candidato premier M5S:
Dalla Romania importiamo criminali ed esportiamo aziende, il 40% dei criminali romeni sceglie di venire a delinquere da noi.
A parte il perfetto modo con cui Gigi Di Mail si prepara per la politica estera, il tutto viene da una informativa per cui il 40% delle richieste di estradizione per reati commessi all'estero dai Romeni viene dall'Italia. Guarda caso fra i romeni all'estero vive in Italia proprio il 40%, proprio la stessa percentuale. Oltretutto se si richiede l'estradizione vuol dire che tali criminali non risiedono da noi. Caro Giggino, di geografia non capisci, di storia nemmeno, diritto costituzionale sorvoliamo, economia peggio che andar di notte, matematica lo stiamo vedendo, facciamo così, porta un argomento a piacere, magari va meglio.
Borghi Aquilini, responsabile economico della Lega di Salvini, propone la cancellazione totale del debito pubblico. Sorvolando sul fatto che poi nessuno presterebbe più soldi allo stato italiano (chi presterebbe soldi a qualcuno che già una volta non glieli ha ridati), e quindi ci condanneremmo in eterno a quell'austerità di cui Borghi e Salvini parlano sempre male, sorvolando sul fatto che ci sceglieremmo dal mazzo le cause internazionali, sorvolando dal fatto che oltre che dalla UE, dall'OCSE, dal FMI, dovremmo uscire da ogni possibile consesso internazionale, compresi i circoli bocciofili, poco meno dei due terzi del debito pubblico italiano è in mano a persone fisiche o giuridiche italiane, quindi una cifra vicina ai 1500 miliardi di euro. Ciò significa che dall'oggi al domani Borghi e Salvini prenderebbero dalle tasche degli italiani, non dei tedeschi, dei francesi, degli americani, ma degli italiani, 1500 miliardi. Una patrimoniale che manco Mussolini ai tempi dell'oro alla patria. E poi magari criticano Monti e l'IMU.
Infine Renzi dice che abbiamo un tesoretto di 47 miliardi. Da dove esce? Sono spese previste per i prossimi 20 anni ancora non effettuate. Vale a dire volevo comprarmi la macchina nuova, non l'ho fatto, mi aspetto che sul mio conto corrente in banca appaiano 20.000 euro in più. Se lo dicessi al direttore della filiale dove ho il conto chiamerebbe la neuro.
Aggiungiamo D'Alema e Bersani che sponsorizzano un convegno contro i vaccini Berlusconi che allatta agnelli.
Poi ditemi che possiamo farcela. Ma siate convincenti, vi prego.
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
doc, grazie mille per avermi rovinato la serata
.“Odio gli Shilton. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli Shilton.
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
doc G ha scritto: 12/04/2017, 20:30 A distanza di poche ore: il vicepresidente e candidato premier M5S:
Dalla Romania importiamo criminali ed esportiamo aziende, il 40% dei criminali romeni sceglie di venire a delinquere da noi.
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Infine Renzi dice che abbiamo un tesoretto di 47 miliardi. Da dove esce? Sono spese previste per i prossimi 20 anni ancora non effettuate. Vale a dire volevo comprarmi la macchina nuova, non l'ho fatto, mi aspetto che sul mio conto corrente in banca appaiano 20.000 euro in più. Se lo dicessi al direttore della filiale dove ho il conto chiamerebbe la neuro.
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
perché non hai letto dell'incontro alla Camera dei Deputati intitolato "vaccini: l'altra verità".
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
BruceSmith ha scritto: 12/04/2017, 22:07
perché non hai letto dell'incontro alla Camera dei Deputati intitolato "vaccini: l'altra verità".
Questo, organizzato da Movimento DIsturbo (bi)Polare ed M5Sdoc G ha scritto: 12/04/2017, 20:30
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
SE PER CASO AVETE CREDUTO AGLI SGRAVI IRPEF TANTO PROMESSI DAL PD PER L'ANNO PROSSIMO, ORA FATE CIAO CIAO CON LA MANINA. E PREPARATEVI ANZI ALL'AUMENTO DELLA PRESSIONE FISCALE, AMMESSA DALLO STESSO DEF
Una scommessa contro il tempo. Ora che conosciamo il testo del DEF e del Piano nazionale delle Riforme (non ancora quello del decreto per contenere di 3,4 miliardi il deficit tendenziale 2017), inizia a diventare chiara la vera partita politica. Quella sottesa alle scelte fatte dal premier Gentiloni insieme al ministro Padoan, e al pressing esercitato da Matteo Renzi. E’ una partita che appare giocata con tre ipotesi in campo. La prima: fermare i grillini, a qualunque costo. L’alternativa: la carta Rajoy, scommettere più sulla responsabilità che sull’azzardo. La terza: intanto rinviare le scelte più toste, con un occhio a chi sceglieranno i francesi all’Eliseo e alla data delle elezioni italiane.
Per capire meglio, qualche numero. Renzi, per il quale la priorità sono le elezioni, ha premuto per sfidare l’Europa: contenere il più possibile la correzione al deficit quest’anno, indicare un deficit 2018 non all’1,2% del PIL ma all’1,8 se non al 2%. Non è stato accontentato sul primo obiettivo, ergo arriva il decreto con qualche centinaio di milioni di tagli ai ministeri, e maggiori introiti fiscali su tabacco, alcol e giochi, nonché una stretta alle imprese drenando liquidità con lo split payment IVA ai fornitori pubblici, e abbassando gli incentivi fiscali sull’ACE e sul Patent Box. Così si portano a casa 3,4 miliardi per quest’anno, che diventano 5 per il 2018. Renzi vorrebbe però votare prima della legge di bilancio 2018, perché lì scattano – e Gentiloni li ha confermai nel DEF – 19,7 miliardi di aggravi fiscali automatici, per garantire che il deficit scenda all’1,2% del PIL. Una legge di bilancio di tagli di spesa e aumenti di tasse di quelle proporzioni prima del voto sarebbe un regalo alle opposizioni, pensa Renzi.
La risposta di Padoan-Gentiloni è stata diversa. Intanto, coi 5 miliardi di minor deficit nel 2018 effetto del decreto in arrivo per il 2017, i 19,7 miliardi di clausola fiscale l’anno prossimo scendono a 14,7 miliardi. Dopodiché, col solito metodo Padoan di ogni fine anno, si tratta con l’Europa per farci concedere nel 2018 uno 0,6% di deficit in più, portandolo all’1,8%. E, di conseguenza, le clausole fiscali vengono alleggerite di altri 7 miliardi finanziati in deficit, facendole scendere a 8 miliardi. Certo, a questa somma da coprire per restare anche nel più largo obiettivo di deficit all’1,8% di PIL bisognerebbe sommare i 3 miliardi addizionali per il pubblico impiego e il promesso intervento sul cuneo fiscale, e 3 miliardi almeno di spese indifferibili aggiuntive. E dunque fin da ora spannometricamente si può dire che, anche se Padoan avesse successo strappando un deficit 2018 più vicino al 2% di PIL che all’1,2% promesso, resterebbe una manovra 2018 pari ad almeno un punto di PIL, se non verso i 20 miliardi. Non è un caso che la pressione fiscale torni a crescere, nel DEF di Gentiloni: dal 42,3% del 2017 al 42,8% nel 2018 e 2019. Per la stessa ragione sparisce dall’orizzonte anche la riforma IRPEF e gli sgravi sui redditi personali, che Renzi da due anni solennemente aveva promesso per il 2018.
Io non ci avevo mai creduto, tanto meno poi dopo che Renzi aveva appostato le due maxi clausole fiscali di garanzia nel 2018 e 2019: ma venivo ovviamente sbeffeggiato quando lo dicevo, mi davano del gufo impenitente. Se al contrario voi ci avete creduto, ora fate ciao ciao con la manina ai promessi sgravi. E magari ponetevi la domanda su chi mantiene quel dice...
Comunque è’ un quadro di oneri troppo pesanti, pensa Renzi, se si dovesse votare dopo la legge di bilancio 2018. Per questo l'ex premier chiedeva o di votare prima, oppure di piantarla con l’ortodossia del patto di stabilità europeo. L’obiettivo – qualunque sia la legge elettorale e la data in cui si vota – per l’ex premier è che il Pd sia il primo partito nelle urne, il Pd e non il Movimento 5 Stelle. E che il Capo dello Stato riparta dal Pd, per formare un governo se nessuno dei tre poli avrà ottenuto alle urne una maggioranza coesa e autosufficiente.
La strategia di Gentiloni è un’altra. Ha dato ragione senza se e senza ma a Renzi su molte richieste: la capitolazione davanti ai voucher, abrogati come voleva la Cgil; il premio agli statali, anche con un’altra infornata agevolata di precari nella scuola pensando ai voti: la punizione del ministro Calenda chiesta dall’ex premier, malgrado la sua legge antiscorrerie fosse stata concordata proprio con Renzi e non avesse alcuna possibilità di applicazione retroattiva a favore di Bollorè in Mediaset.
Ma sul deficit Gentiloni tiene duro sugli impegni europei, non scommette sull’esplosione continentale in caso di vittoria della Le Pen. Gentiloni, assai meno azzardoso di Renzi, pensa anche lui che le elezioni col proporzionale sarebbero un terno al lotto, con l’alto rischio di nessuna maggioranza stabile. Ma pensa anche che tenere un atteggiamento responsabile possa comunque premiare: esattamente come Rajoy alla fine è rimasto premier in Spagna malgrado i successivi passaggi elettorali in assenza di maggioranze, finché Podemos alla fine non si è spaccato e sgonfiato.
Certo, le due strategie non si sono sfidate apertamente. Per il Pd, sarebbe un rischio di troppo. Per questo si è comunque scelto di prendere un po’ di tempo, di rinviare scelte davvero strutturali, mischiando nelle misure un po’ di renzismo a un prevalente condimento di diplomazia. Il risultato sarà un’Italia che resta inchiodata a tassi di crescita da 1%, e per anni ancora con disoccupazione a doppia cifra. Ma quel che non ci si poteva davvero aspettare era che ora Gentiloni sfidasse apertamente Renzi sacrificando Padoan. Poi, come sempre nell'Italia appesa a un filo, vale l'unica legge: chi vivrà, vedrà.
Firmato Oscar G.
Una scommessa contro il tempo. Ora che conosciamo il testo del DEF e del Piano nazionale delle Riforme (non ancora quello del decreto per contenere di 3,4 miliardi il deficit tendenziale 2017), inizia a diventare chiara la vera partita politica. Quella sottesa alle scelte fatte dal premier Gentiloni insieme al ministro Padoan, e al pressing esercitato da Matteo Renzi. E’ una partita che appare giocata con tre ipotesi in campo. La prima: fermare i grillini, a qualunque costo. L’alternativa: la carta Rajoy, scommettere più sulla responsabilità che sull’azzardo. La terza: intanto rinviare le scelte più toste, con un occhio a chi sceglieranno i francesi all’Eliseo e alla data delle elezioni italiane.
Per capire meglio, qualche numero. Renzi, per il quale la priorità sono le elezioni, ha premuto per sfidare l’Europa: contenere il più possibile la correzione al deficit quest’anno, indicare un deficit 2018 non all’1,2% del PIL ma all’1,8 se non al 2%. Non è stato accontentato sul primo obiettivo, ergo arriva il decreto con qualche centinaio di milioni di tagli ai ministeri, e maggiori introiti fiscali su tabacco, alcol e giochi, nonché una stretta alle imprese drenando liquidità con lo split payment IVA ai fornitori pubblici, e abbassando gli incentivi fiscali sull’ACE e sul Patent Box. Così si portano a casa 3,4 miliardi per quest’anno, che diventano 5 per il 2018. Renzi vorrebbe però votare prima della legge di bilancio 2018, perché lì scattano – e Gentiloni li ha confermai nel DEF – 19,7 miliardi di aggravi fiscali automatici, per garantire che il deficit scenda all’1,2% del PIL. Una legge di bilancio di tagli di spesa e aumenti di tasse di quelle proporzioni prima del voto sarebbe un regalo alle opposizioni, pensa Renzi.
La risposta di Padoan-Gentiloni è stata diversa. Intanto, coi 5 miliardi di minor deficit nel 2018 effetto del decreto in arrivo per il 2017, i 19,7 miliardi di clausola fiscale l’anno prossimo scendono a 14,7 miliardi. Dopodiché, col solito metodo Padoan di ogni fine anno, si tratta con l’Europa per farci concedere nel 2018 uno 0,6% di deficit in più, portandolo all’1,8%. E, di conseguenza, le clausole fiscali vengono alleggerite di altri 7 miliardi finanziati in deficit, facendole scendere a 8 miliardi. Certo, a questa somma da coprire per restare anche nel più largo obiettivo di deficit all’1,8% di PIL bisognerebbe sommare i 3 miliardi addizionali per il pubblico impiego e il promesso intervento sul cuneo fiscale, e 3 miliardi almeno di spese indifferibili aggiuntive. E dunque fin da ora spannometricamente si può dire che, anche se Padoan avesse successo strappando un deficit 2018 più vicino al 2% di PIL che all’1,2% promesso, resterebbe una manovra 2018 pari ad almeno un punto di PIL, se non verso i 20 miliardi. Non è un caso che la pressione fiscale torni a crescere, nel DEF di Gentiloni: dal 42,3% del 2017 al 42,8% nel 2018 e 2019. Per la stessa ragione sparisce dall’orizzonte anche la riforma IRPEF e gli sgravi sui redditi personali, che Renzi da due anni solennemente aveva promesso per il 2018.
Io non ci avevo mai creduto, tanto meno poi dopo che Renzi aveva appostato le due maxi clausole fiscali di garanzia nel 2018 e 2019: ma venivo ovviamente sbeffeggiato quando lo dicevo, mi davano del gufo impenitente. Se al contrario voi ci avete creduto, ora fate ciao ciao con la manina ai promessi sgravi. E magari ponetevi la domanda su chi mantiene quel dice...
Comunque è’ un quadro di oneri troppo pesanti, pensa Renzi, se si dovesse votare dopo la legge di bilancio 2018. Per questo l'ex premier chiedeva o di votare prima, oppure di piantarla con l’ortodossia del patto di stabilità europeo. L’obiettivo – qualunque sia la legge elettorale e la data in cui si vota – per l’ex premier è che il Pd sia il primo partito nelle urne, il Pd e non il Movimento 5 Stelle. E che il Capo dello Stato riparta dal Pd, per formare un governo se nessuno dei tre poli avrà ottenuto alle urne una maggioranza coesa e autosufficiente.
La strategia di Gentiloni è un’altra. Ha dato ragione senza se e senza ma a Renzi su molte richieste: la capitolazione davanti ai voucher, abrogati come voleva la Cgil; il premio agli statali, anche con un’altra infornata agevolata di precari nella scuola pensando ai voti: la punizione del ministro Calenda chiesta dall’ex premier, malgrado la sua legge antiscorrerie fosse stata concordata proprio con Renzi e non avesse alcuna possibilità di applicazione retroattiva a favore di Bollorè in Mediaset.
Ma sul deficit Gentiloni tiene duro sugli impegni europei, non scommette sull’esplosione continentale in caso di vittoria della Le Pen. Gentiloni, assai meno azzardoso di Renzi, pensa anche lui che le elezioni col proporzionale sarebbero un terno al lotto, con l’alto rischio di nessuna maggioranza stabile. Ma pensa anche che tenere un atteggiamento responsabile possa comunque premiare: esattamente come Rajoy alla fine è rimasto premier in Spagna malgrado i successivi passaggi elettorali in assenza di maggioranze, finché Podemos alla fine non si è spaccato e sgonfiato.
Certo, le due strategie non si sono sfidate apertamente. Per il Pd, sarebbe un rischio di troppo. Per questo si è comunque scelto di prendere un po’ di tempo, di rinviare scelte davvero strutturali, mischiando nelle misure un po’ di renzismo a un prevalente condimento di diplomazia. Il risultato sarà un’Italia che resta inchiodata a tassi di crescita da 1%, e per anni ancora con disoccupazione a doppia cifra. Ma quel che non ci si poteva davvero aspettare era che ora Gentiloni sfidasse apertamente Renzi sacrificando Padoan. Poi, come sempre nell'Italia appesa a un filo, vale l'unica legge: chi vivrà, vedrà.
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
BruceSmith ha scritto: 12/04/2017, 22:07
perché non hai letto dell'incontro alla Camera dei Deputati intitolato "vaccini: l'altra verità".
Bruce a furia di spammare ti stai rincoglionendo


.“Odio gli Shilton. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli Shilton.
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
Porsche 928 ha scritto: 12/04/2017, 22:56 SE PER CASO AVETE CREDUTO AGLI SGRAVI IRPEF TANTO PROMESSI DAL PD PER L'ANNO PROSSIMO, ORA FATE CIAO CIAO CON LA MANINA. E PREPARATEVI ANZI ALL'AUMENTO DELLA PRESSIONE FISCALE, AMMESSA DALLO STESSO DEF
Promessi da Renzi, nella veste di Presidente del Consiglio. Cosa che non è più, se non erro.
Vediamo se riescono (ancora) a bloccare le clausole automatiche di aumento dell'Iva e cosa fanno col cuneo fiscale...
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
Le clausole stanno provando a bloccarle taroccando le previsioni di crescita. Per quanto riguarda Renzi, non è più premier, ma non mi pare si possa smarcare da questo governo (ed ad onor del vero non mi pare lo stia facendo), è quanto meno corresponsabile, nel bene e nel male. E per quanto riguarda l'economia di bene ne vedo poco...
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
visto che doc mi ha rovinato la giornata, aggiungo questa fantastica chicca
http://www.ilpost.it/flashes/carlo-sibi ... o-mentana/
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
doc G ha scritto: 13/04/2017, 14:05 Le clausole stanno provando a bloccarle taroccando le previsioni di crescita. Per quanto riguarda Renzi, non è più premier, ma non mi pare si possa smarcare da questo governo (ed ad onor del vero non mi pare lo stia facendo), è quanto meno corresponsabile, nel bene e nel male. E per quanto riguarda l'economia di bene ne vedo poco...
Beh, a me pare morda il freno solo per evitare un altro ribaltone in stile Letta: qualche giorno la tentazione è più forte e si avverte.
Ogni spiffero di "più tasse" è un tot di voti in meno. Presentarsi alle prossime elezioni con un bell'aumento dell'Iva come biglietto da visita sarebbe catastrofico...
E torniamo al post referendum. Dovevano - con rispetto parlando - mandare a cagare Mattarella e i soliti discorsi sulla responsabilità (che valgono solo per una parte politica) e dire al Presidente di cercarsi altrove i numeri per un altro governo.
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
@Whata guarda che siamo già in campagna elettorale per novembre, post primarie del PD.
Lo sanno anche i ***** che hanno approvato il progetto stadio di Roma solo per non perdere i voti dei romanisti.
PD e ***** si preparano al voto e intanto fanno sprofondare l'Italia.
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
Va bhe ma noi si è il paese in perenne campagna elettorale non è certo una novità
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Re: Moderatamente sensati - Il topic della politica
È una riforma a metà. Una scure rimasta a mezz'aria che non colpisce condannati per peculato, baby-pensionati quarantenni, congiunti ormai anch'essi attempati di deputati che svolsero il loro mandato nel Dopoguerra. Che ha risparmiato, all'ultima conta, un tenace e variegato drappello di 1.600 "fantasmi". Sono i sopravvissuti ai tagli della spending review deliberati per le Regioni, sono gli ex consiglieri (e i loro parenti) che dopo aver resistito alla soppressione dei vitalizi - perché questa norma è stata applicata ovunque in modo non retroattivo - hanno scansato anche la temporanea decurtazione delle pensioni.
Il buon esempio. Un passo indietro: il 22 marzo scorso il consiglio di presidenza della Camera ha introdotto un contributo di solidarietà, temporaneo, a carico degli ex deputati. Il presidente della conferenza delle assemblee regionali, il friulano Franco Iacop, ha subito applaudito alla decisione di Montecitorio rammentando "con soddisfazione" che i rappresentanti dei "parlamentini" sul territorio si erano portati avanti con il lavoro, approvando già il 10 ottobre del 2014 un ordine del giorno che prevedeva la stessa misura nelle Regioni. In realtà, dati alla mano, il compiacimento di Iacop è un tantino eccessivo. Perché oggi, a due anni e mezzo da quell'atto di indirizzo votato all'unanimità in conferenza, solo la metà delle Regioni ha seguito le indicazioni e fatto tagli veri, almeno nella misura indicata dall'ordine del giorno: dal sei per cento per vitalizi sotto i 1.500 euro al 15 per cento per gli importi superiori ai seimila euro. A mettersi in regola, diciamo così, Lombardia, Friuli, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Trentino, Val d'Aosta, Veneto e Puglia. Le altre regioni? Sono rimaste fuori da questo percorso virtuoso, in alcuni casi semplicemente non approvando una legge, in altri limitandosi a pannicelli caldi di natura diversa.
Reversibilità d'oro. Emblematico il caso di due Regioni autonome quali Sicilia e Sardegna. A Palermo l'Ars ha recepito il decreto Letta scritto per i dirigenti pubblici, con l'effetto di applicare i tagli solo ai percettori di vitalizi sopra i 90 mila euro annui. A essere penalizzati poco più di una ventina su 320 beneficiari di assegni. Non hanno pagato dazio, per fare qualche esempio, i congiunti di nove deputati che hanno frequentato il Palazzo nella prima legislatura: dalla figlia di Natale Cacciola, eletto nel partito monarchico nel 1947, che da 40 anni percepisce un vitalizio da 2 mila euro al mese, a quelli di Ignazio Adamo, esponente del Blocco del popolo, che da 44 anni percepiscono un assegno di reversibilità da quasi 4 mila euro. Nella Regione Sicilia che ha una storia più antica delle altre sono 130, record assoluto, le pensioni pagate a vedove e figli di "onorevoli" defunti. E le cifre, in alcuni casi, si avvicinano ai diecimila euro al mese: Anna Manasseri, vedova dell'onorevole Vincenzo Leanza, da 14 anni gode di un vitalizio da 9.200 euro mentre Angela Zoroschi, moglie dell'ex dc modicano Raffaele Avola scomparso nel 1993, riceve a casa un assegno da 8.200 euro. A Lina Caffarato, vedova di Pompeo Colaianni, spettano circa 8 mila euro.
I vitalizi ai condannati. In Sardegna l'unica "dieta" adottata è stata il blocco dell'adeguamento dei vitalizi all'Istat. Nessun altro taglio sulle "pensioni" dirette - escluse cioè le reversibilità - che l'amministrazione sarda eroga in quantità superiore a qualsiasi altra regione: 236 quelle pagate nel 2015. Un numero che è così alto anche perché, fino a qualche anno fa, il consiglio regionale di Cagliari dava la possibilità anche a chi non aveva raggiunto i 60 anni di ottenere il vitalizio. E fra i titolari di assegni, non colpiti da alcuna riduzione, ci sono anche l'ex vicepresidente del consiglio Claudia Lombardo (Fi) e l'ex assessore Andrea Biancareddu (Udc), baby pensionati a 41 anni e 48 anni con appannaggi mensili da oltre 7 mila euro (lordi). Lombardo e Biancareddu hanno svolto quattro legislature, per le regole sarde quel beneficio spetta loro. Nell'elenco dei vitalizi sardi, a lungo tenuto segreto, figurano oggi i nomi di 11 ex consiglieri di recente condannati per le spese allegre fatte coi soldi dei gruppi. Secondo le accuse si distribuivano una "paghetta" da 2.500 euro. Prassi riconosciuta illecita in primo e in qualche caso in secondo grado. Fra i consiglieri condannati per peculato che risultano percettori di vitalizi l'ex capogruppo di Idv Adriano Salis (3.500 euro), l'ex senatore del Pdl Silvestro Ladu (7.077) e Beniamino Scarpa (Partito sardo d'azione, 5.002).
I "settimini". In altre regioni, che hanno evitato il contributo di solidarietà, sono giunti segnali in senso contrario all'austerity: in Campania e in Calabria gruppi bipartisan di consiglieri hanno tentato di ripristinare il vitalizio cancellato sostituendolo con una pensione contributiva. Iniziative affondate fra le polemiche. Ma la stessa misura, senza grande clamore, era intanto già stata adottata in altre Regioni come la Sicilia. Il paradosso è che il colpo di forbice non è scattato proprio dove la spesa per i vitalizi è più rilevante: basti pensare che la Calabria, la regione più povera d'Italia, paga quasi 9,5 milioni di euro fra vitalizi diretti e indiretti, tre milioni in più della Lombardia che ha un reddito procapite due volte superiore. Ed è in queste regioni che la forbice sociale è più ampia: in Calabria, dove un abitante su tre vive sotto la soglia di povertà, 146 ex consiglieri sono titolari di una pensione "politica" e dodici sfondano il tetto dei settemila euro al mese. "Settimini", li hanno chiamati con ironia sui social, con riferimento invidiosetto alla loro "fortuna". In testa ci sono tre ex presidenti del consiglio - Antonio Borrello, Domenico Romano Carratelli e Antonio Giulio Galati - che hanno maturato il diritto alla lauta indennità facendo meno di 15 anni di attività complessiva.
Mai deputato, ma col vitalizio. La spesa per i vitalizi si è gonfiata negli anni grazie a regole generose e sotterfugi che hanno fatto, sul campo dei privilegi, l'Unità d'Italia. A Trieste l'ex consigliere friulano Roberto "Charlie" Visintin, scomparso di recente, è riuscito a godersi per oltre dieci anni una pensioncina malgrado avesse maturato appena 15 mesi di attività: colleghi benevoli, prima della fine della consiliatura, avevano approvato una legge che portava il periodo minimo necessario per il vitalizio da 30 mesi a, appunto, quindici. A Palermo Salvatore Caltagirone si rese protagonista di un'impresa simile: nella primavera del 2001 ebbe il tempo di sedersi appena cinque volte fra gli scranni dell'Ars. Conquistando solo per questa "apparizione" un assegno vita natural durante da 3 mila euro. Inimitabile la storia del quasi-deputato siciliano Franco Bisignano, uno che all'Ars non ci mise mai piede ma vinse un ricorso contro chi lo aveva preceduto in lista e, 15 anni dopo la fine della legislatura, acchiappò il diritto al vitalizio da 1.800 euro. Beneficio che, con la sua scomparsa, è passato alla moglie Franca Rosa Baglione.
Voce del verbo cumulare. Il discorso è sempre quello. I vitalizi sono stati aboliti, ma i provvedimenti non hanno colpito gli assegni riconosciuti in passato. Che continuano, dunque, a essere erogati. E in buona parte senza neppure le penalizzazioni previste. La metà delle Regioni non solo non ha applicato il contributo di solidarietà ma non ha neppure adottato un'altra misura prevista nelle direttive fornite dalla conferenza delle assemblee nel 2014: una decurtazione per chi cumula più pensioni (ad esempio quella di parlamentare nazionale o europeo e di consigliere). In Abruzzo, per fare un esempio, la legge che aboliva i doppi vitalizi, qualche mese fa, è giunta in aula e subito rispedita in commissione. "Per doverosi approfondimenti".
Sullo sfondo restano i dati. Per i 3.500 vitalizi regionali, diretti o pagati agli eredi, se ne vanno ogni anno 150 milioni di euro, la gran parte dei quali spesi in regioni del Sud: Sicilia, Sardegna, Puglia, Campania, Lazio stanno in un range fra i 10 e i 18 milioni annui ciascuna. Il costo medio di un vitalizio regionale è di 45.245 euro annui, tre volte quello di una pensione "non politica". Numeri che, in attesa delle pronunce dei tribunali, continuano a porre con forza una questione di opportunità.
Il buon esempio. Un passo indietro: il 22 marzo scorso il consiglio di presidenza della Camera ha introdotto un contributo di solidarietà, temporaneo, a carico degli ex deputati. Il presidente della conferenza delle assemblee regionali, il friulano Franco Iacop, ha subito applaudito alla decisione di Montecitorio rammentando "con soddisfazione" che i rappresentanti dei "parlamentini" sul territorio si erano portati avanti con il lavoro, approvando già il 10 ottobre del 2014 un ordine del giorno che prevedeva la stessa misura nelle Regioni. In realtà, dati alla mano, il compiacimento di Iacop è un tantino eccessivo. Perché oggi, a due anni e mezzo da quell'atto di indirizzo votato all'unanimità in conferenza, solo la metà delle Regioni ha seguito le indicazioni e fatto tagli veri, almeno nella misura indicata dall'ordine del giorno: dal sei per cento per vitalizi sotto i 1.500 euro al 15 per cento per gli importi superiori ai seimila euro. A mettersi in regola, diciamo così, Lombardia, Friuli, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Trentino, Val d'Aosta, Veneto e Puglia. Le altre regioni? Sono rimaste fuori da questo percorso virtuoso, in alcuni casi semplicemente non approvando una legge, in altri limitandosi a pannicelli caldi di natura diversa.
Reversibilità d'oro. Emblematico il caso di due Regioni autonome quali Sicilia e Sardegna. A Palermo l'Ars ha recepito il decreto Letta scritto per i dirigenti pubblici, con l'effetto di applicare i tagli solo ai percettori di vitalizi sopra i 90 mila euro annui. A essere penalizzati poco più di una ventina su 320 beneficiari di assegni. Non hanno pagato dazio, per fare qualche esempio, i congiunti di nove deputati che hanno frequentato il Palazzo nella prima legislatura: dalla figlia di Natale Cacciola, eletto nel partito monarchico nel 1947, che da 40 anni percepisce un vitalizio da 2 mila euro al mese, a quelli di Ignazio Adamo, esponente del Blocco del popolo, che da 44 anni percepiscono un assegno di reversibilità da quasi 4 mila euro. Nella Regione Sicilia che ha una storia più antica delle altre sono 130, record assoluto, le pensioni pagate a vedove e figli di "onorevoli" defunti. E le cifre, in alcuni casi, si avvicinano ai diecimila euro al mese: Anna Manasseri, vedova dell'onorevole Vincenzo Leanza, da 14 anni gode di un vitalizio da 9.200 euro mentre Angela Zoroschi, moglie dell'ex dc modicano Raffaele Avola scomparso nel 1993, riceve a casa un assegno da 8.200 euro. A Lina Caffarato, vedova di Pompeo Colaianni, spettano circa 8 mila euro.
I vitalizi ai condannati. In Sardegna l'unica "dieta" adottata è stata il blocco dell'adeguamento dei vitalizi all'Istat. Nessun altro taglio sulle "pensioni" dirette - escluse cioè le reversibilità - che l'amministrazione sarda eroga in quantità superiore a qualsiasi altra regione: 236 quelle pagate nel 2015. Un numero che è così alto anche perché, fino a qualche anno fa, il consiglio regionale di Cagliari dava la possibilità anche a chi non aveva raggiunto i 60 anni di ottenere il vitalizio. E fra i titolari di assegni, non colpiti da alcuna riduzione, ci sono anche l'ex vicepresidente del consiglio Claudia Lombardo (Fi) e l'ex assessore Andrea Biancareddu (Udc), baby pensionati a 41 anni e 48 anni con appannaggi mensili da oltre 7 mila euro (lordi). Lombardo e Biancareddu hanno svolto quattro legislature, per le regole sarde quel beneficio spetta loro. Nell'elenco dei vitalizi sardi, a lungo tenuto segreto, figurano oggi i nomi di 11 ex consiglieri di recente condannati per le spese allegre fatte coi soldi dei gruppi. Secondo le accuse si distribuivano una "paghetta" da 2.500 euro. Prassi riconosciuta illecita in primo e in qualche caso in secondo grado. Fra i consiglieri condannati per peculato che risultano percettori di vitalizi l'ex capogruppo di Idv Adriano Salis (3.500 euro), l'ex senatore del Pdl Silvestro Ladu (7.077) e Beniamino Scarpa (Partito sardo d'azione, 5.002).
I "settimini". In altre regioni, che hanno evitato il contributo di solidarietà, sono giunti segnali in senso contrario all'austerity: in Campania e in Calabria gruppi bipartisan di consiglieri hanno tentato di ripristinare il vitalizio cancellato sostituendolo con una pensione contributiva. Iniziative affondate fra le polemiche. Ma la stessa misura, senza grande clamore, era intanto già stata adottata in altre Regioni come la Sicilia. Il paradosso è che il colpo di forbice non è scattato proprio dove la spesa per i vitalizi è più rilevante: basti pensare che la Calabria, la regione più povera d'Italia, paga quasi 9,5 milioni di euro fra vitalizi diretti e indiretti, tre milioni in più della Lombardia che ha un reddito procapite due volte superiore. Ed è in queste regioni che la forbice sociale è più ampia: in Calabria, dove un abitante su tre vive sotto la soglia di povertà, 146 ex consiglieri sono titolari di una pensione "politica" e dodici sfondano il tetto dei settemila euro al mese. "Settimini", li hanno chiamati con ironia sui social, con riferimento invidiosetto alla loro "fortuna". In testa ci sono tre ex presidenti del consiglio - Antonio Borrello, Domenico Romano Carratelli e Antonio Giulio Galati - che hanno maturato il diritto alla lauta indennità facendo meno di 15 anni di attività complessiva.
Mai deputato, ma col vitalizio. La spesa per i vitalizi si è gonfiata negli anni grazie a regole generose e sotterfugi che hanno fatto, sul campo dei privilegi, l'Unità d'Italia. A Trieste l'ex consigliere friulano Roberto "Charlie" Visintin, scomparso di recente, è riuscito a godersi per oltre dieci anni una pensioncina malgrado avesse maturato appena 15 mesi di attività: colleghi benevoli, prima della fine della consiliatura, avevano approvato una legge che portava il periodo minimo necessario per il vitalizio da 30 mesi a, appunto, quindici. A Palermo Salvatore Caltagirone si rese protagonista di un'impresa simile: nella primavera del 2001 ebbe il tempo di sedersi appena cinque volte fra gli scranni dell'Ars. Conquistando solo per questa "apparizione" un assegno vita natural durante da 3 mila euro. Inimitabile la storia del quasi-deputato siciliano Franco Bisignano, uno che all'Ars non ci mise mai piede ma vinse un ricorso contro chi lo aveva preceduto in lista e, 15 anni dopo la fine della legislatura, acchiappò il diritto al vitalizio da 1.800 euro. Beneficio che, con la sua scomparsa, è passato alla moglie Franca Rosa Baglione.
Voce del verbo cumulare. Il discorso è sempre quello. I vitalizi sono stati aboliti, ma i provvedimenti non hanno colpito gli assegni riconosciuti in passato. Che continuano, dunque, a essere erogati. E in buona parte senza neppure le penalizzazioni previste. La metà delle Regioni non solo non ha applicato il contributo di solidarietà ma non ha neppure adottato un'altra misura prevista nelle direttive fornite dalla conferenza delle assemblee nel 2014: una decurtazione per chi cumula più pensioni (ad esempio quella di parlamentare nazionale o europeo e di consigliere). In Abruzzo, per fare un esempio, la legge che aboliva i doppi vitalizi, qualche mese fa, è giunta in aula e subito rispedita in commissione. "Per doverosi approfondimenti".
Sullo sfondo restano i dati. Per i 3.500 vitalizi regionali, diretti o pagati agli eredi, se ne vanno ogni anno 150 milioni di euro, la gran parte dei quali spesi in regioni del Sud: Sicilia, Sardegna, Puglia, Campania, Lazio stanno in un range fra i 10 e i 18 milioni annui ciascuna. Il costo medio di un vitalizio regionale è di 45.245 euro annui, tre volte quello di una pensione "non politica". Numeri che, in attesa delle pronunce dei tribunali, continuano a porre con forza una questione di opportunità.
Our liberty depends on the freedom of the press, and that cannot be limited without being lost (Jefferson)
Republicans declared the Capitol attack on Jan. 6 “legitimate political discourse"
“Access to cheap goods is not the essence of the American Dream” said Scott Bessent
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“Access to cheap goods is not the essence of the American Dream” said Scott Bessent