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da francilive » 09/03/2012, 0:30
MARGIN CALL
Periodo fortunato. Dopo Transiberian un altro titolo di valore assoluto. Non è stato ancora distribuito in Italia, ma credo che a differenza del film di Brad Anderson, quello lo vedremo nelle nostre sale.
Mi aveva incuriosito dalla nomination di JC Chandor per la miglior sceneggiatura. Meritatissima, tant'è che dopo aver visto Margin Call mi chiedo perchè non abbia vinto, ma si sa, è inutile mettersi a pontificare su certe questioni.
La vicenda ruota attorno ad una delle più grandi speculazioni finanziarie degli ultimi anni, che ha portato al crollo di wall street. Tutto dura poco più di 24 ore. Il tempo di disfarsi di azioni fasulle per miliardi di dollari. La questione, di per sè complessa per un profano, è spiegata a prova di coglione, un po' come Jeremy Irons, il megaboss, chiede all'ultima recluta, Zachary Quinto, che ha scoperto tutto il casino.
Margin Call eccelle a mio avviso in tre particolari essenziali:
1- la caratterizzazione dei personaggi. Sono rappresentati tutti gli stereotipi che ruotano attorno ad un ambiente senza scrupoli. Dai veterani, Kevin Spacey (come al solito una spanna sopra tutti anche senza impegnarsi troppo...) e Stanley Tucci, con fortune opposte, ma identiche amarezze nell'ingoiare consuetamente il boccone amaro. Lo specchio della disillusione, del predicare bene e razzolare male. Principi solidi, sanno sempre qual è la cosa giusta da fare, ma non hanno nessuna coerenza nel perseguirli.
Ai più giovani, Paul Bettany, Zachary Quinto e Penn Badgley, che non sapevo nemmeno chi cazzo fosse. In loro prevale lo stupore per quanto li circonda, e il cercare di emergere con doti molto differenti.
Ai megaboss, tra cui c'è spazio anche per Demi Moore, donna in carriera che, come tutti gli altri, si piegheranno alle volontà del supremo Jeremy Irons. Ovviamente per soldi.
2- i rapporti tra le varie figure. Più si sale nelle gerarchie, più i soggetti diventano meschini e senza scrupoli. E al tempo stesso incompetenti tecnicamente. Quando il megaboss Jeremy Irons ammette di prendere una vagonata di soldi (oltre 80 milioni di dollari all'anno) solo per controllare e prendere qualche decisione, si rivela in pieno il senso antidemocratico della società capitalistica, uno dei messaggi che l'autore vuol far arrivare in modo evidente allo spettatore. Un mondo che solo ed esclusivamente per soldi, rinuncia e ripudia qualsiasi ideale, ignorando le sorti di milioni di persone rovinate da certe scelte, da certe decisioni.
3- la percezione del tempo. Le scene hanno una cadenza perfetta. Si ha l'impressione di essere li con loro quella notte. Di vivere le stesse angosce, finendo per sostenere le sorti di soggetti che non sono altro che dei gran figli di puttana.
bonus - i dialoghi tra Irons e Spacey. La messa in scena del carisma più genuino. Non mi dico altro, vi ho già detto troppo.
Per me superiore al Wall Street di Oliver Stone, che in qualche modo gli ha tirato la volata.
Consigliatissimo.
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