Cricket
Inviato: 14/07/2013, 18:34
Non so neppure da dove cominciare.
E sarò per forza incompleto, devo essere interessante, se vi perdo dopo il primo paragrafo è la fine.
Uno sport sconosciuto, che regala emozioni uniche.
No, non faremo un meeting giocando a cricket, però sui colli bolognesi ci sono dei campi…
L’immagine di Mark Prior che va a stringere la mano ai due battitori australiani che per oltre un minuto hanno atteso la decisione del terzo arbitro (quello che usa replay televisivi, simulazioni 3D per proiettare la traiettoria della palla e file audio per capire se la palla ha toccato la mazza) è quello che lo sport dovrebbe essere.
L’accusa a Stuart Broad di non aver camminato verso l’uscita, dopo che era chiaramente andato out, ma di aver colpevolmente aspettato la decisione arbitrale, è emblematico di quanto questo sport sia tradizionale e sia allo stesso momento all’avanguardia. Sia all’edge della tecnologia. Sia al passo con i tempi.
È regionale: Gran Bretagna, Australia, Subcontinente Indiano, Isole Caraibiche, poco altro. È un po’ l’alter ego del baseball: USA, Canada, Estremo Oriente, America Centrale, un po’ d’Europa. Sono uno il negativo dell’altro, ma c’è molto più in comune di quanto si creda. Gli inglesi prendono in giro il baseball chiamandolo rounders, gli americani non hanno idea di che cosa sia il cricket non chiamandolo neppure.
Trent Bridge è a Nottingham, una delle case del cricket. In questi cinque giorni è stata la sede del primo test match delle Ashes, le serie che si disputano ogni due anni tra Inghilterra ed Australia. D’estate in Europa ed a cavallo di Capodanno nell’estate australiana. Solitamente cinque sfide di cinque giorni l’una. Per una microscopica urna di sei pollici che contiene le ceneri di uno dei due bastoncini che stanno in equilibrio sui tre stumps.
Solita storia. Gli australiani demolirono gli inglesi all’Oval (un’altra delle case del cricket) nel 1882 ed i giornali scrissero che gli inglesi erano diventati cenere (Le Ashes). Da qui il nome della serie.
Gli inglesi mandarono in Australia carcerati, conigli e mazze da cricket. Poi anche una palla da rugby.
E la tradizione fece il resto.
E come da tradizione, i maestri all’inizio vincono sempre, poi gli allievi cominciano a vincere, poi si va avanti-indietro, poi l’Australia comincia a vincere troppo, poi gli inglesi fanno i miracoli, e avanti fino all’infinito. Essendoci cinque partite dovrebbe sempre esserci un vincitore, ma nel test match cricket c’è anche il pareggio (match drawn). E se la serie finisce pari l’urna resta in mano ai campioni in carica. Ed a lungo sono gli australiani a tenersi l’urna.
Il gioco, nella sua enorme complessità regolamentare, è molto semplice.
Uno lancia, uno batte cercando di difendere tre paletti piantati a terra. Se colpisce la palla può correre verso altri tre paletti (scambiandosi di posto con il suo compagno) e segnare un punto. Se la batte fuori dal campo rimbalzando fa quattro, se al volo ne segna sei. Si giocano due innings con dieci out. Si comincia alle undici del mattino. Si fanno pause per merende, pranzo, la pausa del tè, si finisce verso le diciotto. Alle volte alle diciotto e trenta con i guardiani notturni che devono restare vivi mentre scendono (salgono?) le ombre della sera.
Tenere a mente.
Headinglry 1981. Edgbaston 2005. Trent Bridge 2013.
Oggi è finito il primo Test Match di questa calda estate inglese ed è stata una cinque giorni degna delle altre due citate. Nel 1981 Ian Botham entrò con sette out e l’Inghilterra sotto 1-0 nella serie e segnò 149 runs. Nel 2005 gli inglesi vinsero di due runs. Praticamente la partita a più stretto punteggio di sempre.
Mercoledì al lancio della moneta vincono i bianchi d’Inghilterra (tanto giocano tutti in bianco comunque) e scelgono di battere. Sembra una buona idea anche se il cielo è coperto e la palla gira molto. Segnano subito molto perdendo poche wickets (facendo pochi out). Sono 102-3 (cioè hanno segnato 102 runs ed hanno tre out), poi 180-6, 213-7. Poi il classico crollo inglese, perdono tre wickets segnando nel frattempo due runs. Il totale del loro primo innings (c’è la s anche se è singolare) è un misero 215.
Ma sono stati così veloci a fare i dieci out che l’Australia deve andare a battere nel tardo pomeriggio. E quella che sembrava una giornata favorevole ai canguri - il sole uscito alto e caldo aiuta i battitori - si trasforma in un incubo. In un paio d’ore i canguri si ritrovano 53-4, avendo perso i migliori battitori inclusi Clarke, Watson e Rogers. Al mattino del giovedì il campo inglese è felice. Alla pausa pranzo c’è quasi esultanza. Gli australiani in crollo verticale si ritrovano nel pomeriggio a 117-9. Un solo out dalla fine del primo innings con un totale bassissimo.
Ed ecco che va a battere Ashton Agar. Diciannovenne aussie semisconosciuto, battitore numero 11. In teoria il peggiore del gruppo. Due settimane fa giocava County Cricket fra le pecore del Queensland. Ed Agar fa il Botham. In partnership con Hughes segna 98, sfiorando il century. Fare 100 a cricket è una figata, anche gli inglesi tifavano per lui, anche se qualcuno giustamente ammoniva: “Ricordate Edgbaston 2005”. Agar batte tutti i record di un numero 11 nella storia del Test Cricket. Finalmente va out chiudendo l’innings australiano a 280.
I gialloverdi (in realtà bianchi) australiani si ritrovano con 65 runs di vantaggio dopo un innings che in tutto è durato meno di due giorni. Il ritmo era da ODI (One Day International, a tratti da Twenty20, il cricket veloce da 20 over). [Un over è fatto da sei lanci.]
Tocca quindi battere nel tardo pomeriggio (inizio secondo innings) ai bianchi d’albione. Inizia malissimo, subito 11-2, gli australiani sono ringalluzziti, rincanguriti se si potesse dire.
Sono cadute 22 wickets in meno di due giorni. Quelli che hanno i biglietti per il quinto (e decisivo) giorno iniziano a preoccuparsi.
Precisazione uno.
Alle volte (spesso) questi test match sono scontati. Una squadra va a battere e segna 550 runs. Vanno gli altri e sapendo che difficilmente vinceranno, iniziano a giocare per il pareggio. Segnano 200 runs in due giorni. Poi quelli in vantaggio per 550-200 chiedono il follow on. Cioè rifanno battere quelli in svantaggio per tentare di farli tutti dieci out ancora una volta (nel secondo innings) e vincere la partita. Che se poi anche ne segnano 360, poi a loro bastano dieci runs e vincono. Poi invece piove perché è pur sempre l’estate inglese e tutti vanno a casa contenti. Pareggio.
A questo punto gli inglesi cominciano a giocare a test cricket. In battuta KP e Cook. KP è Kevin Pietersen, il monello del cricket inglese; Cook, ovviamente, il capitano. Palle battute in grande sicurezza. Bowlers australiani che non trovano più i facili out. Qui in my humble opinion gli inglesi hanno vinto il match. Il test cricket è accumulo di runs con grande controllo, evitare errori stupidi, non forzare nulla. Bere il tè alla pausa.
Cook fa 50, KP 64. Ma non è tutto facile, incominciano ad arrivare gli out, gli inglesi si ritrovano 218-6 (in totale 433-280, in effetti un vantaggio abbastanza misero con soli 4 out rimasti e moltissimo tempo per l’Australia per rimontare). Arriva in battuta Ian Bell, ormai oltre la trentina, non è mai stato il grande che tutti pensavano diventasse. Ha 17 century nella sua carriera, non male, ma la più importante la realizza tra venerdì e sabato. Resta a battere 384 minuti, affronta 267 lanci e segna 109 runs. Quando cade la sua wicket (bowler Starc, presa al volo di Haddin) gli inglesi sono 371-8. Insieme a Stuart Broad (quello “disonesto” che non ha camminato) li ha portati ad un totale di 586, oltre 300 di vantaggio. Si respira meglio. Gli inglesi vanno all out per 375. Gli australiani batteranno per ultimi inseguendo un target di 311 per vincere il Test Match. Se gli inglesi li fanno out prima vincono loro. Il quarto giorno sarà decisivo.
La metà inglese del cielo gongola. 311, impossibile. Su 554 test match un secondo innings conclusivo con un totale da inseguire di 300 e più è successo 26 volte, in un secolo e mezzo!
Gli australiani beffardi se ne fregano, vogliono vendicare Edgbaston 2005 e la sconfitta di due runs.
E partono bene! 39-0, 52-0, 84-0. Facce lunghe. Inglesi preoccupati. Finalmente dopo 84 runs arriva il primo out, Broad prende la wicket di Watson per 46. LBW.
Precisazione due.
LBW – leg before wicket.
Arriva il bowler di corsa e fionda la palla (questa davvero di legno) a 70-80-90 miglia all’ora e tu – in posizione non naturale – devi ribatterla. Ma la palla viene fatta rimbalzare a 4-6-8 piedi da te ed il rimbalzo tende a fregarti. Se la palla abbatte gli stump sei out. Ed allora metti fuori la gamba e TAC! la fermi. Non si può. L’arbitro a quel punto deve valutare se la traiettoria della palla avrebbe colpito gli stump ed alza il dito indice. OUT.
84-1, 111-2, 124-3. L’innings aussie procede bene, ma non benissimo. Rogers si redime un po’, Clarke out per solo 23, Agar il fenomeno viene fatto battere ottavo. Ma a quel punto le cose sono precipitate. Australia 207-7, cade Starc, che in fondo non è un battitore, 211-8, poi cade la nona wicket, 231-9. Restano in due come a Little Big Horn, come a Fort Alamo. Agli inglesi serve una wicket, agli australiani 80 runs per arrivare a 311 (e vincere 587 a 586). In battuta Haddin, buono e Pattinson, un bowler.
E piano piano i due formano una decente partnership, poi una discreta partnership, poi una buona, arrivano a 60 runs dalla vittoria, a 40, a 31, a 20, a 15. Nel campo inglese c’è panico.
Capitano Cook le prova tutte, fast bowlers, spinners, all arounders.
Prova Graeme Swann, il maestro dello spin, prova Jimmy Anderson (che prenderà 10 wickets alla fine della partita) forse il miglior bowler del mondo oggi, prova Broad, prova Finn, che delude, prova Root.
Sarà ancora lui, Anderson, a costringere al liscio Haddin, poco dopo mangiato, con una palla insidiosa che sfiora la mazza. Cook fa la presa e grida subito. L’arbitro tentenna. Gli inglesi si appellano alla tecnologia. Windows.
La folla, che è colorata, che ha bevuto fiumi di birra, che ha esultato, che ha fatto la hola, che dopo cinque giorni non sa che cosa altro fare, esplode dopo un minuto di quasi raccoglimento.
Prior, lo wicketkeeper, il padrone di casa in un certo senso, stringe la mano ai due battitori australiani.
1-0 Inghilterra.
Potrebbero essere le Ashes più belle di sempre. Ma vedo gli inglesi grandi favoriti.
Questo è sport.
E sarò per forza incompleto, devo essere interessante, se vi perdo dopo il primo paragrafo è la fine.
Uno sport sconosciuto, che regala emozioni uniche.
No, non faremo un meeting giocando a cricket, però sui colli bolognesi ci sono dei campi…
L’immagine di Mark Prior che va a stringere la mano ai due battitori australiani che per oltre un minuto hanno atteso la decisione del terzo arbitro (quello che usa replay televisivi, simulazioni 3D per proiettare la traiettoria della palla e file audio per capire se la palla ha toccato la mazza) è quello che lo sport dovrebbe essere.
L’accusa a Stuart Broad di non aver camminato verso l’uscita, dopo che era chiaramente andato out, ma di aver colpevolmente aspettato la decisione arbitrale, è emblematico di quanto questo sport sia tradizionale e sia allo stesso momento all’avanguardia. Sia all’edge della tecnologia. Sia al passo con i tempi.
È regionale: Gran Bretagna, Australia, Subcontinente Indiano, Isole Caraibiche, poco altro. È un po’ l’alter ego del baseball: USA, Canada, Estremo Oriente, America Centrale, un po’ d’Europa. Sono uno il negativo dell’altro, ma c’è molto più in comune di quanto si creda. Gli inglesi prendono in giro il baseball chiamandolo rounders, gli americani non hanno idea di che cosa sia il cricket non chiamandolo neppure.
Trent Bridge è a Nottingham, una delle case del cricket. In questi cinque giorni è stata la sede del primo test match delle Ashes, le serie che si disputano ogni due anni tra Inghilterra ed Australia. D’estate in Europa ed a cavallo di Capodanno nell’estate australiana. Solitamente cinque sfide di cinque giorni l’una. Per una microscopica urna di sei pollici che contiene le ceneri di uno dei due bastoncini che stanno in equilibrio sui tre stumps.
Solita storia. Gli australiani demolirono gli inglesi all’Oval (un’altra delle case del cricket) nel 1882 ed i giornali scrissero che gli inglesi erano diventati cenere (Le Ashes). Da qui il nome della serie.
Gli inglesi mandarono in Australia carcerati, conigli e mazze da cricket. Poi anche una palla da rugby.
E la tradizione fece il resto.
E come da tradizione, i maestri all’inizio vincono sempre, poi gli allievi cominciano a vincere, poi si va avanti-indietro, poi l’Australia comincia a vincere troppo, poi gli inglesi fanno i miracoli, e avanti fino all’infinito. Essendoci cinque partite dovrebbe sempre esserci un vincitore, ma nel test match cricket c’è anche il pareggio (match drawn). E se la serie finisce pari l’urna resta in mano ai campioni in carica. Ed a lungo sono gli australiani a tenersi l’urna.
Il gioco, nella sua enorme complessità regolamentare, è molto semplice.
Uno lancia, uno batte cercando di difendere tre paletti piantati a terra. Se colpisce la palla può correre verso altri tre paletti (scambiandosi di posto con il suo compagno) e segnare un punto. Se la batte fuori dal campo rimbalzando fa quattro, se al volo ne segna sei. Si giocano due innings con dieci out. Si comincia alle undici del mattino. Si fanno pause per merende, pranzo, la pausa del tè, si finisce verso le diciotto. Alle volte alle diciotto e trenta con i guardiani notturni che devono restare vivi mentre scendono (salgono?) le ombre della sera.
Tenere a mente.
Headinglry 1981. Edgbaston 2005. Trent Bridge 2013.
Oggi è finito il primo Test Match di questa calda estate inglese ed è stata una cinque giorni degna delle altre due citate. Nel 1981 Ian Botham entrò con sette out e l’Inghilterra sotto 1-0 nella serie e segnò 149 runs. Nel 2005 gli inglesi vinsero di due runs. Praticamente la partita a più stretto punteggio di sempre.
Mercoledì al lancio della moneta vincono i bianchi d’Inghilterra (tanto giocano tutti in bianco comunque) e scelgono di battere. Sembra una buona idea anche se il cielo è coperto e la palla gira molto. Segnano subito molto perdendo poche wickets (facendo pochi out). Sono 102-3 (cioè hanno segnato 102 runs ed hanno tre out), poi 180-6, 213-7. Poi il classico crollo inglese, perdono tre wickets segnando nel frattempo due runs. Il totale del loro primo innings (c’è la s anche se è singolare) è un misero 215.
Ma sono stati così veloci a fare i dieci out che l’Australia deve andare a battere nel tardo pomeriggio. E quella che sembrava una giornata favorevole ai canguri - il sole uscito alto e caldo aiuta i battitori - si trasforma in un incubo. In un paio d’ore i canguri si ritrovano 53-4, avendo perso i migliori battitori inclusi Clarke, Watson e Rogers. Al mattino del giovedì il campo inglese è felice. Alla pausa pranzo c’è quasi esultanza. Gli australiani in crollo verticale si ritrovano nel pomeriggio a 117-9. Un solo out dalla fine del primo innings con un totale bassissimo.
Ed ecco che va a battere Ashton Agar. Diciannovenne aussie semisconosciuto, battitore numero 11. In teoria il peggiore del gruppo. Due settimane fa giocava County Cricket fra le pecore del Queensland. Ed Agar fa il Botham. In partnership con Hughes segna 98, sfiorando il century. Fare 100 a cricket è una figata, anche gli inglesi tifavano per lui, anche se qualcuno giustamente ammoniva: “Ricordate Edgbaston 2005”. Agar batte tutti i record di un numero 11 nella storia del Test Cricket. Finalmente va out chiudendo l’innings australiano a 280.
I gialloverdi (in realtà bianchi) australiani si ritrovano con 65 runs di vantaggio dopo un innings che in tutto è durato meno di due giorni. Il ritmo era da ODI (One Day International, a tratti da Twenty20, il cricket veloce da 20 over). [Un over è fatto da sei lanci.]
Tocca quindi battere nel tardo pomeriggio (inizio secondo innings) ai bianchi d’albione. Inizia malissimo, subito 11-2, gli australiani sono ringalluzziti, rincanguriti se si potesse dire.
Sono cadute 22 wickets in meno di due giorni. Quelli che hanno i biglietti per il quinto (e decisivo) giorno iniziano a preoccuparsi.
Precisazione uno.
Alle volte (spesso) questi test match sono scontati. Una squadra va a battere e segna 550 runs. Vanno gli altri e sapendo che difficilmente vinceranno, iniziano a giocare per il pareggio. Segnano 200 runs in due giorni. Poi quelli in vantaggio per 550-200 chiedono il follow on. Cioè rifanno battere quelli in svantaggio per tentare di farli tutti dieci out ancora una volta (nel secondo innings) e vincere la partita. Che se poi anche ne segnano 360, poi a loro bastano dieci runs e vincono. Poi invece piove perché è pur sempre l’estate inglese e tutti vanno a casa contenti. Pareggio.
A questo punto gli inglesi cominciano a giocare a test cricket. In battuta KP e Cook. KP è Kevin Pietersen, il monello del cricket inglese; Cook, ovviamente, il capitano. Palle battute in grande sicurezza. Bowlers australiani che non trovano più i facili out. Qui in my humble opinion gli inglesi hanno vinto il match. Il test cricket è accumulo di runs con grande controllo, evitare errori stupidi, non forzare nulla. Bere il tè alla pausa.
Cook fa 50, KP 64. Ma non è tutto facile, incominciano ad arrivare gli out, gli inglesi si ritrovano 218-6 (in totale 433-280, in effetti un vantaggio abbastanza misero con soli 4 out rimasti e moltissimo tempo per l’Australia per rimontare). Arriva in battuta Ian Bell, ormai oltre la trentina, non è mai stato il grande che tutti pensavano diventasse. Ha 17 century nella sua carriera, non male, ma la più importante la realizza tra venerdì e sabato. Resta a battere 384 minuti, affronta 267 lanci e segna 109 runs. Quando cade la sua wicket (bowler Starc, presa al volo di Haddin) gli inglesi sono 371-8. Insieme a Stuart Broad (quello “disonesto” che non ha camminato) li ha portati ad un totale di 586, oltre 300 di vantaggio. Si respira meglio. Gli inglesi vanno all out per 375. Gli australiani batteranno per ultimi inseguendo un target di 311 per vincere il Test Match. Se gli inglesi li fanno out prima vincono loro. Il quarto giorno sarà decisivo.
La metà inglese del cielo gongola. 311, impossibile. Su 554 test match un secondo innings conclusivo con un totale da inseguire di 300 e più è successo 26 volte, in un secolo e mezzo!
Gli australiani beffardi se ne fregano, vogliono vendicare Edgbaston 2005 e la sconfitta di due runs.
E partono bene! 39-0, 52-0, 84-0. Facce lunghe. Inglesi preoccupati. Finalmente dopo 84 runs arriva il primo out, Broad prende la wicket di Watson per 46. LBW.
Precisazione due.
LBW – leg before wicket.
Arriva il bowler di corsa e fionda la palla (questa davvero di legno) a 70-80-90 miglia all’ora e tu – in posizione non naturale – devi ribatterla. Ma la palla viene fatta rimbalzare a 4-6-8 piedi da te ed il rimbalzo tende a fregarti. Se la palla abbatte gli stump sei out. Ed allora metti fuori la gamba e TAC! la fermi. Non si può. L’arbitro a quel punto deve valutare se la traiettoria della palla avrebbe colpito gli stump ed alza il dito indice. OUT.
84-1, 111-2, 124-3. L’innings aussie procede bene, ma non benissimo. Rogers si redime un po’, Clarke out per solo 23, Agar il fenomeno viene fatto battere ottavo. Ma a quel punto le cose sono precipitate. Australia 207-7, cade Starc, che in fondo non è un battitore, 211-8, poi cade la nona wicket, 231-9. Restano in due come a Little Big Horn, come a Fort Alamo. Agli inglesi serve una wicket, agli australiani 80 runs per arrivare a 311 (e vincere 587 a 586). In battuta Haddin, buono e Pattinson, un bowler.
E piano piano i due formano una decente partnership, poi una discreta partnership, poi una buona, arrivano a 60 runs dalla vittoria, a 40, a 31, a 20, a 15. Nel campo inglese c’è panico.
Capitano Cook le prova tutte, fast bowlers, spinners, all arounders.
Prova Graeme Swann, il maestro dello spin, prova Jimmy Anderson (che prenderà 10 wickets alla fine della partita) forse il miglior bowler del mondo oggi, prova Broad, prova Finn, che delude, prova Root.
Sarà ancora lui, Anderson, a costringere al liscio Haddin, poco dopo mangiato, con una palla insidiosa che sfiora la mazza. Cook fa la presa e grida subito. L’arbitro tentenna. Gli inglesi si appellano alla tecnologia. Windows.
La folla, che è colorata, che ha bevuto fiumi di birra, che ha esultato, che ha fatto la hola, che dopo cinque giorni non sa che cosa altro fare, esplode dopo un minuto di quasi raccoglimento.
Prior, lo wicketkeeper, il padrone di casa in un certo senso, stringe la mano ai due battitori australiani.
1-0 Inghilterra.
Potrebbero essere le Ashes più belle di sempre. Ma vedo gli inglesi grandi favoriti.
Questo è sport.