Dopo alcuni giorni estivi, all’inizio del luglio di 60 anni fa iniziarono a passare delle infiltrazioni fresche in quota sull’Italia settentrionale, che causarono temporali e locali danni (di particolare rilievo quelli a Cerano Novarese per un evento di vento convettivo, non è chiaro se sia downburst o tornado). Questo cambio sinottico raggiunse l’apice con la discesa di una saccatura sull’Europa occidentale domenica 04 luglio. La massa d’aria estiva al suolo venne messa in moto da potenti correnti occidentali in quota, d’intensità simile a quella del luglio 2023 (almeno in base alla rianalisi ERA5), e il risultato fu una giornata infernale, una delle peggiori (se non LA peggiore) mai avvenute in Italia, con più ondate di violentissime celle temporalesche sulle regioni settentrionali.
La prima ondata arrivò in mattinata, quando un violento sistema temporalesco si abbattè sulle zone circostanti il lago di Garda. Tra bresciano orientale, veronese e vicentino vento lineare e grandine seminarono distruzione: chicchi misurati fino a 10 cm e pesati fino a 110 g, probabilmente spinti dalle raffiche discendenti, distrussero infiniti ettari di vegetazione e coltivazioni, in certe zone portando alla perdita totale dei raccolti. Tetti sfondati dai chicchi, alberi sradicati, tegole spazzate via, questi altri danni ad opera di questa prima fase che si portò fino ai Colli Euganei e che causò almeno 4 feriti. Già di per sé sarebbe bastata, ma non fu altro che un “antipasto”.
Nel pomeriggio iniziò lo show principale. Diverse celle temporalesche si svilupparono sulle montagne, causando danni anche gravi sul Trentino-Alto Adige: sullo Sciliar un escursionista precipitò da un dirupo dopo essere stato colpito da un fulmine, mentre la fascia tra San Lorenzo Dorsino e Castello Tesino (TN) subì gravi danni ad opera di grandine e forti raffiche di vento (da non escludere il verificarsi di fenomeni vorticosi); sempre ad opera di fulmini, un altro uomo venne ferito e numerosi capi di bestiame uccisi. Un altro evento ventoso (di natura incerta, potrebbe essere un tornado, ma nelle cronache non viene riportato nemmeno il verificarsi di un temporale, quindi boh) si abbattè su Ponte Nossa (BG), spostando alberi, rovesciando una vettura, danneggiando abitazioni e ferendo una persona.
Forse le stesse celle della provincia di Trento discesero sul Veneto ed entrarono in pianura dall’altezza del Monte Grappa da dove iniziarono la loro corsa verso ESE. Dapprima produssero grandine (chicchi apparentemente pesati fino a 500 g a Montebelluna) ed i nubifragi causarono una vittima. La grandine venne ben presto accompagnata da raffiche di vento violentissime che raggiunsero la loro massima intensità tra Treviso città e San Donà di Piave, causando decine di feriti (34 a Treviso, 15 a San Donà). Le aree industriali di Silea (TV) e San Donà vennero devastate dal vento (tant’è che non sono da escludere eventi tornadici), con alberi sradicati, segnalazioni di veicoli rovesciati ed edifici parzialmente crollati. Il temporale entrò nell’Adriatico all’altezza di Jesolo ed Eraclea, miracolosamente senza lasciarsi morti alle spalle.
Ma mentre succedeva questo sul Veneto, ad ovest si verificava l’ondata che rese famoso questo evento temporalesco, un’ondata che tutt’ora non ha eguali in Italia. Almeno un paio di supercelle si svilupparono lungo l’asse del Po nel piacentino e iniziarono a muoversi verso ESE. Tra grandine e forti raffiche di vento, appena fuori Pontenure (PC) prese forma il primo tornado effettivamente confermato: si diresse dapprima verso sudest, investendo il paesino di Cadeo dove causò danni relativamente lievi in confronto a quel che stava per succedere. Qui virò a sinistra prima di investire la vicina Roveleto ed iniziò a zigzagare per le campagne seguendo un percorso circa orientale, ma si intensificò enormemente. Nessuno lo riconobbe per quello che era: in molti lo descrissero come una “nebbia”, nessun imbuto ben visibile, nessun vortice pendente sotto la base del cumulonembo, probabilmente era completamente avvolto nelle precipitazioni come talvolta succede. Ma i danni non mentirono sulla sua natura: segnali stradali vennero risucchiati e trovati lungo il Po, ad oltre 10 km a nord (probabilmente vennero lanciati nel core della cella e questi ricaddero con il downdraft insieme a pioggia e grandine), intere fattorie vennero distrutte e gli alberi spezzati e deturpati. Lungo l’autostrada del Sole all’altezza di Fiorenzuola d’Arda numerose automobili vennero investite e sollevate dal tornado, finendo a centinaia di metri di distanza (la più distante venne trovata a mezzo chilometro dall’autostrada). 6 persone a bordo di questi veicoli persero la vita. Il tornado continuò a colpire fattorie, passando sulla parte meridionale di Busseto (PR) e dissipandosi dopo quasi 30 km a nord di Soragna. Con altre 2 vittime in fattorie, il vortice si lasciò alle spalle 8 morti e almeno altri 75 feriti, oltre a danni incalcolabili.
Non molto a nord, nella zona di Pieveottoville (PR), si formò un secondo tornado, che causò danni e feriti a sud di Ragazzola e Roccabianca. A Rigosa un’auto ed una roulotte vennero sollevate e scagliate via; Gramignazzo venne sfiorata a nord prima dei pochi minuti più devastanti dell’intero evento. Il villaggio di Torricella, nel comune di Sissa Trecasali, venne centrato nella sua parte settentrionale che dà sul Po e venne devastato. Tutte le case a nord della chiesa subirono qualche tipo di danno, quelle ai piedi dell’argine vennero quasi rase al suolo completamente. Una donna perì all’interno della sua abitazione. Il tornado si dissolse poco dopo da qualche parte lungo il fiume, ma non prima di averci scagliato dentro una vettura uccidendo i due uomini all’interno. Con 3 morti e almeno altri 86 feriti, il tornado di Torricella fu la principale causa dell’inserimento di questa giornata nella storia meteorologica italiana. Ad ora rimane probabilmente il tornado più violento mai registrato in Emilia-Romagna e il suo ricordo vive tutt’ora, grazie anche al nome di un ristorante aperto in città in uno degli edifici parzialmente distrutti quel giorno.
Mentre sul lato sud del Po i tornado scorrazzavano per le campagne uccidendo e distruggendo, a nord le zone agricole del mantovano e del cremonese venivano danneggiate dalla grandine. Tra Bondanello (MN) e Mirandola (MO) caddero chicchi di grandine pesati fino a 150-200 g e a San Giovanni del Dosso (MN) un agricoltore rimase ferito. Queste stesse supercelle raggiunsero il ferrarese, scatenando il terzo tornado confermato (nonché l’unico documentato) della giornata. Il vortice si abbattè su San Giovanni di Ostellato e si dissolse su Comacchio, dopo aver causato gravissimi danni ad abitazioni e fattorie, oltre che a linee elettriche e vegetazione. Copiando il fratello piacentino, numerose automobili vennero sollevate dalle strade e scaraventate nei campi, purtroppo uccidendo un’altra donna. Secondo alcune segnalazioni, una mietitrebbia venne sollevata e trovata a due chilometri di distanza. Oltre alla singola vittima, altre 59 persone rimasero ferite. I temporali intanto si estesero nuovamente al Veneto orientale causando danni ad opera di vento e grandine, con chicchi di 7-8 cm osservati a Cavarzere (VE) ed un morto a Padova.
Tra tardo pomeriggio ed inizio serata una nuova serie di temporali si formò su Piemonte e Lombardia occidentale. Quelli più intensi portarono grandinate violente sul Piemonte meridionale, le quali causarono gravi danni alle coltivazioni ed un numero imprecisato di feriti. Ma oltre a ciò, quei temporali produssero qualcosa che tutt’ora rimane inedito per l’Italia. Intorno alle 19:00, gli abitanti di Bandita di Cassinelle, sulla parte nord dell’Appennino alessandrino, video un vortice discendere dai rilievi ad ovest ed abbattersi sulle case della zona: una donna perse la vita mentre cercava di recuperare il bucato e casa sua le crollò addosso. Il rarissimo tornado si mosse verso est-nordest scavalcando le colline a sud di Ovada dove sollevò e scaraventò una vettura fuori strada uccidendo uno degli occupanti ed un anziano sulla sua proprietà. Da lì continuò imperterrito tra colline e vallate per poi sfiorare Casaleggio Boiro e colpire in pieno Mornese prima e Bosio dopo, dissipandosi nella zona di Carrosio dopo circa 30 km di tragitto. Delle numerose strutture colpite, pezzi delle stesse, mobili ed oggetti vari vennero sollevati e ritrovati nelle vallate e nelle foreste, mentre queste ultime vennero “stirate” con possibili segnalazioni di alberi scortecciati. Oltre a ciò, almeno altre 29 persone rimasero ferite. Con il passare delle ore, i temporali in questa zona probabilmente diventarono un sistema multicellulare (lineare?) e si abbatterono su Milano e dintorni, causando almeno 4 feriti tra cui 3 su un treno schiacciato da un albero caduto, e 2 morti, una madre e sua figlia spazzate via dagli allagamenti nel fiume Olona.
Altri temporali (probabilmente in parte derivanti da quelli pomeridiani) si svilupparono tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia accanendosi in particolare su quest’ultima, l’unica regione del nord che non subì danni fino a quel momento. Lungo l’Isonzo persero la vita 2 persone e almeno altre 4 rimasero ferite a causa di grandine (con chicchi descritti come “palle da biliardo”), forti raffiche di vento e nubifragi. Nell’area di Trieste e Padriciano si contarono almeno altri 14 feriti, dovuti a raffiche di vento misurate fino a 129 km/h.
E la Venezia Giulia chiuse l’outbreak, sebbene i temporali causarono ulteriori danni il giorno dopo al centro-nord uccidendo altre tre persone. Con un totale di 25 morti (22 solo il 4, 15 unicamente ad opera dei tornado) e almeno 352 feriti (potenzialmente fino a 500, 249 dei quali a causa dei tornado), l’outbreak temporalesco del 04-05 luglio 1965 rimane tutt’ora uno dei più violenti e letali mai osservati al nord Italia non associati direttamente ad alluvioni. In termini di estensione e fenomenologia ricorda le famose due settimane di luglio 2023 ma concentrate in sole 36 ore circa, e con una componente tornadica molto più rilevante su ogni fronte (bilancio umano, numero, intensità e durata dei vortici), che ha ben pochi eventi paragonabili ad essa, e della quale, a parer mio, non si parla abbastanza. La “legacy” di questo evento è consolidata nel paese di Torricella, per la quale il tornado di quella domenica pomeriggio rimane un’oscura parte integrante della sua storia, una delle pochissime cittadine in Italia, se non l’unica, ad avere un tornado come un punto chiave della propria storia.