Eh ma se l affluenza media rimarrà quella temo che il gioco durerà poco...Bluto Blutarsky ha scritto: 22/06/2020, 10:21 Tornato al cinema ieri a vedere I Miserabili (consigliatissimo).
Da solo in sala. Completamente solo.
Il Covid ha fatto anche cose buone.
C'era una volta il Cinema
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Re: C'era una volta il Cinema
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Re: C'era una volta il Cinema
Io non vedo l'ora di rivedere Inception sul grande schermo. Ha momenti che meritano solo uno schermo almeno enorme.
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Re: C'era una volta il Cinema
Ci lascia anche Joel Schumacher
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rodmanalbe82 ha scritto:Bonaz ridefinisce il concetto di "come lavorare a fine luglio"
ripper23 ha scritto:Bonaz porta la voglia di non fare un cazzo in ufficio a livelli ineguagliabili![]()
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Re: C'era una volta il Cinema

The Gentlemen
Ricordate quando si pensava Guy Ritchie potesse essere una sorta di Tarantino inglese? Beh, lui si e cerca di far ricordare anche voi. Torna un po' allo stile dei suoi lavori iniziali che l'hanno lanciato sul panorama mondiale, ma purtroppo non c'e' niente di nuovo da aggiungere. Sono due ore tutto sommato di intrattenimento, il ritmo e' discreto e ogni tanto si ride anche, ma alcune trovate rendono la narrazione farraginosa e non troppo interessante. Un buon cast (Farrell su tutti) tiene su la baracca ma non riesce a fare molto di piu'. Ha ricevuto critiche per essere razzista (in un film in cui non si nega un "cunt" a nessuno, a un certo punto ad un nero viene dato del "black cunt" in una scena si inutile ma anche di cui anche sticazzi) e misogino (un solo personaggio femminile fondamentalmente di tappezzeria), il che la dice lunga sullo stato delle discussioni social nel 2020. In definitiva un film che i fan di Ritchie apprezzeranno, e molti troveranno poco piu' che passabile.
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Re: C'era una volta il Cinema
Un typo di altissima qualitàBonaz ha scritto: 22/06/2020, 23:14 Un giorno di ordinaria follia è Il momento di uccidere i miei preferiti.

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Re: C'era una volta il Cinema

Capone
La premessa del film e' coraggiosa se non interessante: prendi uno dei criminali piu' famosi di sempre e invece di guardare ai suoi anni ruggenti di crimini e brutalita' come tanti altri film, lo vai a studiare nel suo ultimo anno di vita, quando del pericoloso gangster di una volta e' rimasto molto poco e al suo posto c'e' un malato che sta perdendo la testa ed e' sempre piu' insignificante.
E quindi cosa rimane di interessante quando a una persona famosa solo per la sua efferatezza togli tale caratteristica? Purtroppo, non molto.
Una storia confusa e inconcludente, a meta' tra il mistero per un tesoro nascosto (fantomatici 10 milioni che Capone avrebbe nascosto e mai ufficialmente trovati) e il rimorso di un criminale che vien fuori in malattia e in fin di vita. Per buona parte del film c'e' Tom Hardy che guarda all'orizzonte confuso, col sigaro in bocca e si caga addosso (letteralmente). La passione di Hardy per fare le vocine in ogni personaggio che interpreta mi lascia confuso ma in qualche modo la sua dedizione e' ammirabile.
C'e' Matt Dillon che non vedevo da un po' e che si e' ormai trasformato in qualcosa a meta' tra un giovane Bruce Campbell e il cattivo di Coco.
Alcune idee di scrittura lasciano davvero interdetti come quella di parlare di questo fantomatico figlio illegittimo che pero' dopo due ore di telefonate varie non arriva assolutamente da nessuna parte. Insomma guardate altro.
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Re: C'era una volta il Cinema
Segnalo anche io qualche film, anche se soprattutto recuperi:
Wasp Network
Racconta le vicende di spionaggio tra Cuba e Stati Uniti nei primi anni di 90' con i tanti rifugiati cubani che sbarcavano a Miami. Una storia molto interessante e poco battuta dal cinema, in questo caso raccontata perlopiù dal punto di vista dei Cubani. 2 ore che passano in fretta, un film di genere girato con perizia intrecciando in maniera organica le vicende di diversi personaggi, tutti realmente esistiti. Il cast è composto da grandi nomi, dalla Cruz a Garcìa Bernal passando per Wagner Moura che per il secondo film consecutivo (dopo quella ciofeca di "Sergio") finisce per bombarsi quella dea di Ana de Armas.
Un prodotto non indimenticabile ma dignitosissimo e utile per portarti ad approfondire vicende interessanti.
Trovate su Netflix.
Le belve
Non vorrei parlarvene ma so che qui son tanti gli appassionati di Oliver Stone Blake Lively, quindi nel caso guardate solo i primi 4 minuti dove ci da dentro con uno dei protagonisti.
Film di rara bruttezza, dialoghi imbarazzanti, personaggi piatti, e dire che sarebbe tratto da un libro di Don Wislow.
Heat
Ho riletto le boiate che avevo scritto quando lo vidi per la prima volta e non mi convinse, incredibile come ne capissi ancora meno di adesso di cinema. Capolavoro clamoroso, non c'è una singola scena sbagliata, un dramma shakespeariano girato nella miglior Los Angeles di sempre (ah no, c'è sempre "Collateral")
Wasp Network
Racconta le vicende di spionaggio tra Cuba e Stati Uniti nei primi anni di 90' con i tanti rifugiati cubani che sbarcavano a Miami. Una storia molto interessante e poco battuta dal cinema, in questo caso raccontata perlopiù dal punto di vista dei Cubani. 2 ore che passano in fretta, un film di genere girato con perizia intrecciando in maniera organica le vicende di diversi personaggi, tutti realmente esistiti. Il cast è composto da grandi nomi, dalla Cruz a Garcìa Bernal passando per Wagner Moura che per il secondo film consecutivo (dopo quella ciofeca di "Sergio") finisce per bombarsi quella dea di Ana de Armas.
Un prodotto non indimenticabile ma dignitosissimo e utile per portarti ad approfondire vicende interessanti.
Trovate su Netflix.
Le belve
Non vorrei parlarvene ma so che qui son tanti gli appassionati di Oliver Stone Blake Lively, quindi nel caso guardate solo i primi 4 minuti dove ci da dentro con uno dei protagonisti.
Film di rara bruttezza, dialoghi imbarazzanti, personaggi piatti, e dire che sarebbe tratto da un libro di Don Wislow.
Heat
Ho riletto le boiate che avevo scritto quando lo vidi per la prima volta e non mi convinse, incredibile come ne capissi ancora meno di adesso di cinema. Capolavoro clamoroso, non c'è una singola scena sbagliata, un dramma shakespeariano girato nella miglior Los Angeles di sempre (ah no, c'è sempre "Collateral")
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Re: C'era una volta il Cinema
penny, hai letto il libro?PENNY ha scritto: 23/06/2020, 11:31 Le belve
Non vorrei parlarvene ma so che qui son tanti gli appassionati di Oliver Stone Blake Lively, quindi nel caso guardate solo i primi 4 minuti dove ci da dentro con uno dei protagonisti.
Film di rara bruttezza, dialoghi imbarazzanti, personaggi piatti, e dire che sarebbe tratto da un libro di Don Wislow.
ho sentito pareri contrastanti (e - in effetti - il buon don qualche passaggio a vuoto l'ha avuto...)
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Re: C'era una volta il Cinema
@PENNY heat é un film clamoroso e vanta tuttora una delle migliori scene d azione di sempre. Peraltro uno dei rari casi in cui la tradizione contestualizzare al meglio la scrittura. Tutto é nella tensione della sfida, incessante che tiene sulle spine lo spettatore per tutto il tempo. C é azione anche nei momenti in cui nessuno fa niente!
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Re: C'era una volta il Cinema
BruceSmith ha scritto: 23/06/2020, 12:24penny, hai letto il libro?PENNY ha scritto: 23/06/2020, 11:31 Le belve
Non vorrei parlarvene ma so che qui son tanti gli appassionati di Oliver Stone Blake Lively, quindi nel caso guardate solo i primi 4 minuti dove ci da dentro con uno dei protagonisti.
Film di rara bruttezza, dialoghi imbarazzanti, personaggi piatti, e dire che sarebbe tratto da un libro di Don Wislow.
ho sentito pareri contrastanti (e - in effetti - il buon don qualche passaggio a vuoto l'ha avuto...)
Quello no, ho letto poco e niente del Don in realtà, ma abbastanza per riconoscere che Stone non gli ha minimamente reso giustizia, perdendo completamente qualsiasi complessità dei personaggi.
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Re: C'era una volta il Cinema
Ma la differenza tra La grande fuga e gli Eroi di Hogan? 

rodmanalbe82 ha scritto:Bonaz ridefinisce il concetto di "come lavorare a fine luglio"
ripper23 ha scritto:Bonaz porta la voglia di non fare un cazzo in ufficio a livelli ineguagliabili![]()
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Re: C'era una volta il Cinema
Qualche visione da Fase 2, sempre dall'alto di un cazzo. Se vi incuriosiscono, sono quasi tutti su Netflix o su Sky.
Diamanti grezzi
Vero che è un gran casino che alla lunga ti snerva, vero che in quasi ogni scena parlano in tre contemporaneamente, vero che la musica a volte è soverchiante, ma nel complesso mi è piaciuto. È tutto funzionale a un ritratto che ha una sua autenticità. E poi mi dicono dalla regia che il diamond district di NY non è molto diverso da questo casino che viene descritto. C’è del vero in questo sconfitto che tenta un’improbabile colpo di coda per riscattare la sua vita. Unica riserva: Adam Sandler, non all’altezza di dare complessità a un tale personaggio, ma sono quasi l’unico a pensarla così.
Voto: 7
Hell or High Water
A proposito di gente che tenta il riscatto, questa volta non nel diamond district ma nel profondo Sud. Più che la trama (niente di così originale), in questo film conta la descrizione di un mondo in crisi perenne: crisi economica, crisi di valori, crisi di identità. Terra desolata e crepuscolare, dove l’unico barlume di romanticismo è nel rapporto tra i due fratelli protagonisti. Ripeto, tutto già visto (c’è anche lo sceriffo prossimo alla pensione), ma ben fatto. Sarebbe piaciuto a Sam Peckinpah.
Voto: 6,5
I miserabili
Fa’ la cosa giusta applicato alla periferia parigina del 2018. Perfetto. È il tipo di film che in Italia non siamo più capaci di fare, salvo rarissime eccezioni. Film, cioè, che coniugano l’impegno civile e lo spettacolo. Noi ormai da vent’anni ci siamo come convinti che, se si vuole parlare di Scampia o di una comunità di apicoltori o di un campo rom o del litorale di Ostia, lo si debba fare punendo lo spettatore, con un linguaggio semi-documentaristico che non concede nulla all’intrattenimento. Ma perché? Questo film è la prova che una “terza via” è ancora possibile. È ancora nelle sale, recuperatelo.
Voto: 7,5
Ella & John – The leisure seeker
Era già successo ad altri registi italiani: la trasferta sembra aver privato Virzì della sua qualità principale, la capacità di leggere la società in profondità. Fa un paio di riferimenti al contesto americano – la campagna elettorale di Trump – ma molto di sfuggita, da “autore europeo”, e per capirli bisogna leggere tra le righe (il che forse spiega le struncature della stampa d’oltreoceano). Resta la vicenda privata dei due anziani protagonisti, tenera ma niente di più. Probabilmente il merito maggiore del film è riuscire a parlare di morte senza mai perdere il tono sereno. È comunque l’America vista da un turista.
Voto: 6
Always – Per sempre
Tempo fa parlavamo di Spielberg. Questo è uno dei suoi film più trascurabili. Neanche il peggiore, si lascia guardare, ma è proprio incolore. Buoni sentimenti, una storia che prende la direzione che tutti si aspettano e poco altro: non all’altezza del suo talento. Oggi è ricordato più che altro per essere l’ultima apparizione di Audrey Hepburn. Proprio gli attori sono quelli che ne escono meglio, soprattutto la deliziosa Holly Hunter.
Voto: 6
Si alza il vento
L’ultima sinfonia di Miyazaki è un film prezioso per tante ragioni. È l’unico dei suoi in cui non compaiono elementi soprannaturali. È quello che copre l’arco narrativo più ampio (oltre vent’anni), e che quindi ha il respiro del romanzo. È quello più precisamente calato nella realtà storica del Giappone. È il più “adulto” (c’è persino, appena suggerita, una scena di sesso) e il più autobiografico, il che può sembrare paradossale visto che rievoca un personaggio realmente esistito. Ha uno stile lieve e malinconico, ma il tema è straziante: i sogni di un uomo (costruire aerei) piegati alla logica più disumana, la guerra. Un regista mediocre avrebbe reso più espliciti i sentimenti di Jiro, magari attraverso qualche scena madre in cui il protagonista prendeva coscienza degli orrori della guerra. Miyazaki no, per due motivi: perché è giapponese, e quindi abituato a togliere più che ad aggiungere; e perché è uno dei più grandi narratori del nostro tempo, e non ha bisogno di esplicitare le cose, lascia che sgorghino da sole.
Voto: 8
U-Boot 96
Alle elementari ci facevano fare l’esercizio di distinguere, in un testo, i paragrafi descrittivi e quelli narrativi. Ecco, questo film di guerra ha una parte descrittiva eccellente (il realismo con cui è raccontata la vita dell’equipaggio di un sommergibile tedesco lascia ancora sbalorditi) e una parte narrativa secondo me abbastanza deludente. Molto belli l’inizio, il finale e alcuni singoli momenti, ma oltre due ore all’interno del sommergibile fanno un po’ fatica a scorrere via.
Voto: facciamo una media, 6,5
The Place
Dopo Perfetti sconosciuti, Paolo Genovese alza l’asticella e si tuffa in un film dall’alto contenuto allegorico, mantenendo l’idea dell’unità di luogo (stavolta è un bar). Sotto la lente d’ingrandimento non ci sono più solo i rapporti umani, ma addirittura temi come il bene, il male e il libero arbitrio. Ovviamente, se aumentano le ambizioni aumentano anche i rischi, e il film non è esente da difetti. L’ho trovato comunque un tentativo interessante, anche se di seconda mano (è tratto da una serie tv americana). La vera critica che gli faccio è che, a conti fatti, gli manca il coraggio di osare fino in fondo, la volontà di dare un vero cazzotto nello stomaco allo spettatore.
Voto: 6,5
Mektoub, My Love: canto uno
Dal regista de La vita di Adele, che, a parte le scene che sappiamo, mi aveva lasciato abbastanza freddo. Questo mi è piaciuto decisamente di più. È una specie di amarcord giovanile in cui, nell’arco di un’estate, un gruppo di ventenni si prende, si lascia, si ama, si diverte, insomma vive. A prima vista ti chiedi: “Come può parlare a me un film in cui tutti i ragazzi sono belli e tutte le ragazze sono in fiore?”; poi però ci entri dentro lo stesso. Ha un grande merito: in un periodo in cui esaltare la bellezza dei corpi e le gioie del sesso sembra un peccato mortale, questo film celebra un gruppo di ragazzi ansioso di vivere il bello della loro età, indugiando sui loro corpi pieni di vita accarezzandoli con la macchina da presa. È un film molto più sensuale de La vita di Adele (anche se c’è solo una scena spinta, subito all’inizio), perché esprime con la regia il desiderio che hanno l’uno per l’altra.
Voto: 7,5
Diamanti grezzi
Vero che è un gran casino che alla lunga ti snerva, vero che in quasi ogni scena parlano in tre contemporaneamente, vero che la musica a volte è soverchiante, ma nel complesso mi è piaciuto. È tutto funzionale a un ritratto che ha una sua autenticità. E poi mi dicono dalla regia che il diamond district di NY non è molto diverso da questo casino che viene descritto. C’è del vero in questo sconfitto che tenta un’improbabile colpo di coda per riscattare la sua vita. Unica riserva: Adam Sandler, non all’altezza di dare complessità a un tale personaggio, ma sono quasi l’unico a pensarla così.
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A proposito di gente che tenta il riscatto, questa volta non nel diamond district ma nel profondo Sud. Più che la trama (niente di così originale), in questo film conta la descrizione di un mondo in crisi perenne: crisi economica, crisi di valori, crisi di identità. Terra desolata e crepuscolare, dove l’unico barlume di romanticismo è nel rapporto tra i due fratelli protagonisti. Ripeto, tutto già visto (c’è anche lo sceriffo prossimo alla pensione), ma ben fatto. Sarebbe piaciuto a Sam Peckinpah.
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Ella & John – The leisure seeker
Era già successo ad altri registi italiani: la trasferta sembra aver privato Virzì della sua qualità principale, la capacità di leggere la società in profondità. Fa un paio di riferimenti al contesto americano – la campagna elettorale di Trump – ma molto di sfuggita, da “autore europeo”, e per capirli bisogna leggere tra le righe (il che forse spiega le struncature della stampa d’oltreoceano). Resta la vicenda privata dei due anziani protagonisti, tenera ma niente di più. Probabilmente il merito maggiore del film è riuscire a parlare di morte senza mai perdere il tono sereno. È comunque l’America vista da un turista.
Voto: 6
Always – Per sempre
Tempo fa parlavamo di Spielberg. Questo è uno dei suoi film più trascurabili. Neanche il peggiore, si lascia guardare, ma è proprio incolore. Buoni sentimenti, una storia che prende la direzione che tutti si aspettano e poco altro: non all’altezza del suo talento. Oggi è ricordato più che altro per essere l’ultima apparizione di Audrey Hepburn. Proprio gli attori sono quelli che ne escono meglio, soprattutto la deliziosa Holly Hunter.
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Si alza il vento
L’ultima sinfonia di Miyazaki è un film prezioso per tante ragioni. È l’unico dei suoi in cui non compaiono elementi soprannaturali. È quello che copre l’arco narrativo più ampio (oltre vent’anni), e che quindi ha il respiro del romanzo. È quello più precisamente calato nella realtà storica del Giappone. È il più “adulto” (c’è persino, appena suggerita, una scena di sesso) e il più autobiografico, il che può sembrare paradossale visto che rievoca un personaggio realmente esistito. Ha uno stile lieve e malinconico, ma il tema è straziante: i sogni di un uomo (costruire aerei) piegati alla logica più disumana, la guerra. Un regista mediocre avrebbe reso più espliciti i sentimenti di Jiro, magari attraverso qualche scena madre in cui il protagonista prendeva coscienza degli orrori della guerra. Miyazaki no, per due motivi: perché è giapponese, e quindi abituato a togliere più che ad aggiungere; e perché è uno dei più grandi narratori del nostro tempo, e non ha bisogno di esplicitare le cose, lascia che sgorghino da sole.
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U-Boot 96
Alle elementari ci facevano fare l’esercizio di distinguere, in un testo, i paragrafi descrittivi e quelli narrativi. Ecco, questo film di guerra ha una parte descrittiva eccellente (il realismo con cui è raccontata la vita dell’equipaggio di un sommergibile tedesco lascia ancora sbalorditi) e una parte narrativa secondo me abbastanza deludente. Molto belli l’inizio, il finale e alcuni singoli momenti, ma oltre due ore all’interno del sommergibile fanno un po’ fatica a scorrere via.
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Dal regista de La vita di Adele, che, a parte le scene che sappiamo, mi aveva lasciato abbastanza freddo. Questo mi è piaciuto decisamente di più. È una specie di amarcord giovanile in cui, nell’arco di un’estate, un gruppo di ventenni si prende, si lascia, si ama, si diverte, insomma vive. A prima vista ti chiedi: “Come può parlare a me un film in cui tutti i ragazzi sono belli e tutte le ragazze sono in fiore?”; poi però ci entri dentro lo stesso. Ha un grande merito: in un periodo in cui esaltare la bellezza dei corpi e le gioie del sesso sembra un peccato mortale, questo film celebra un gruppo di ragazzi ansioso di vivere il bello della loro età, indugiando sui loro corpi pieni di vita accarezzandoli con la macchina da presa. È un film molto più sensuale de La vita di Adele (anche se c’è solo una scena spinta, subito all’inizio), perché esprime con la regia il desiderio che hanno l’uno per l’altra.
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Re: C'era una volta il Cinema
84 Charing Cross esisteva veramente a Londra (la libreria), con mia moglie ci siamo stati, ora chiaramente non c'è più, ma c'è una targa a commemorarlaPENNY ha scritto: 17/06/2020, 11:11 Aggiorno anche io con un po delle ultime visioni più interessanti:
Crawl (Amazon)
Ne hanno già parlato in diversi, quoto le opinioni positive, un horror onesto, con la tensione ben dosata per tutta la sua durata e scene con i coccodrilli abbastanza divertenti. Gli attori ci credono entrambi e il risultato è un oretta e mezza scarsa godibile.
***
84 Charing Cross Road (Netflix) e Stanley & Iris
Gli metto insieme perché non conoscevo nè l'uno ne l'altro e per entrambi son stato attirato dai grandi nomi presenti: Hopkins nel primo e Deniro + Fonda nel secondo. Mi son piaciuti molto, storie ben girate, scritte bene e recitate meglio. Sono quei piccoli grandi film che magari non fanno la storia, si perdono nelle filmografie e non rientrano in nessuna classifica di best all time, ma sono indubbiamente ottimo cinema.
****
****
Double indemnity e Out of the past
Entrambi noir anni 40, il primo di Wilder un mezzo capolavoro, un noir perfetto. Il secondo nonostante un cast eccelso mi ha un po' perso con un intreccio più complicato che mi ha distratto dall'atmosfera del film.
*****
***
Come to daddy
Questa cosa che Elijah Wood e Daniel Radcliffe dopo aver partecipato a due dei franchise più ricchi della storia del cinema si siano messi a fare filmetti di nicchia totalmente anti commerciali mi manda ai matti
Il film è sul genere pulp e il regista ha un bella mano, si basa tutto sul colpo di scena, ma il film è divertente e non lesina il sangue gratuito. Wood con quell'aria stralunata è perfetto.
Ottimo.
***



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Re: C'era una volta il Cinema
SafeBet ha scritto: 19/06/2020, 16:09BruceSmith ha scritto: 19/06/2020, 15:16 Tornando a roba seria, che altrimenti il livello si abbassa, continua la mia epopea post-lockdown in cui più un film profuma di cagata, più mi attira.
Mi stavo quasi addormentando sul divano, quando ho intravisto le chiappe (@wolviesix) di una surfista
(tutti questi trucchi per attirare l'attenzione, funzionano sempre alla grande. almeno con me) e quindi ho iniziato a vedere Paradise Beach.
a parte che non vedevo un film su rai2 dai tempi della lira, comunque è il classico film che comincia bene (con le chiappe), prosegue in maniera interessante (arriva una squalo) e poi diventa un vergognoso troiaio che non sta in piedi manco se continui a ripensare alle chiappe di cui sopra.
giudizio: tira più un pelo di figa che un carro di buoi.
(comunque io ho la fobia delle meduse in mare. più precisamente di prenderne una negli occhi. piuttosto che buttarmi in mezzo a 4 miliardi di meduse comparse nel giro di 5 secondi e scomparse 5 secondi dopo, mi faccio mangiare dallo squalo.)
visto al cinema.
solo in sala.
un'ora e mezza di seghe, per una volta non mentali.
Ah cazzo, ma c'è Blake!




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Re: C'era una volta il Cinema
francilive ha scritto: 02/06/2020, 11:13 Aperte le iscrizioni all ormai prossimi Udine far East festival. In edizione virtuale.
https://m.facebook.com/story.php?story_ ... 4396356785
Com'è questa bomba di Ashfall?