JS_53 ha scritto:Poi vorrei fare una domanda: ammesso e non concesso che ci sia un messaggio preciso, cosa vuole, vorrebbe o dovrebbe trasmettere?
La decadenza e la disillusione della vita di uomini e donne, nella forma della rassegnazione che si tramuta in escamotage, mezzucci, trucchi, autoreferenza e maschere (feste, cene, droga, donne, trash, sesso, ostentata iperattività, ironia) per allontanare malinconia, sofferenza ed insicurezza.
La più consistente scoperta che ho fatto, pochi giorni dopo aver compiuto sessantacinque anni, è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare.
L'inconsistenza, la relatività e l'impotenza del successo e dell'affermazione di se stessi, specie arrivati ad una fase della vita in cui si inizia a pensare alla morte, quando però ogni cosa seria perde senso ed ogni cosa futile diventa l'essenza per tirare avanti.
Finisce tutto così, con la morte. Prima però c'era la vita, nascosta dal bla bla bla...
Mentre attorno a te si sfalda il circolo vizioso ed artificiale (Verdone fugge in provincia, la mamma che perde il figlio va missionaria in Africa, il vicino di casa che destava tanto mistero viene arrestato, la radical-snob smascherata si tuffa nuda in piscina e diventa più mansueta) ed a morire sono proprio le persone più giovani (il ragazzo suicida e la spogliarellista 40enne) o il ricordo giovanile più intenso (il vero amore), che resta tuttavia l'unica vera consolazione e l'unico momento di sincera serenità.
La contaminazione a Roma e soprattutto dei romani a Roma, in quella rete di contatti che si instaura in modo spesso fortuito e casuale e porta alla creazione di quella moltitudine di variopinti ambienti, gruppi e circoli (nella borghesia intellettuale ma non solo) dei quali chi vive nella città non può fare a meno per dare un senso alla propria esistenza (fenomeno che soprattutto chi, come me, da esterno e non romano si trova a passare del tempo a Roma, può comprendere ed osservare alla perfezione).
Mi chiedono perché non ho più scritto un libro. Ma guarda qua attorno. Queste facce. Questa città, questa gente. Questa è la mia vita: il nulla.
La fascinazione anche fine a se stessa delle immagini, talvolta pazze, altre volte dolci, poi ancora disordinate ed infine semplicemente belle, e la potenza di una città che, con tutti i suoi limiti, ha visto il suo suolo calpestato da più personaggi storici di quanto tutte le altre città del mondo messe insieme possono vantare.
Il susseguirsi di personaggi del tutto vuoti e perdenti che hanno ancora emozioni e qualcosa da dire o un titolo ed una copertina da ostentare, in un vortice di citazioni, frasi, dialoghi e monologhi sempre sfiziosi ed appropriati.
Un sontuoso affresco di un microcosmo di vita, destinato ad invecchiare benissimo negli anni. Per me un capolavoro. Che senza alcun dubbio fa e farà addormentare molti alla visione, come tuttora fa oggi La dolce vita di Fellini.