Qualcuno ha letto le deliranti dichiarazioni di Belinelli al corriere?
addirittura considera un affronto il fatto che San Antonio abbia preferito Danny Green a lui
Ci sta che un professionista debba sempre automotivarsi non sentendosi inferiore a nessuno, ma forse ci vuole anche un po' di contatto con la realtà...
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«San Antonio la pagherà Adesso la Nba mi rispetta» «Con Sacramento mi divertirò. Aspetto Gentile da queste parti»
Sì, con gli Spurs sono arrabbiato: volevo restare, ma la loro offerta non era adeguata A un certo punto ero sicuro che all’Europeo avremmo vinto l’oro: tra noi giocatori ne parlavamo Sarà dura conquistare il pass olimpico: è incredibile che l’Europa abbia così pochi posti
«Ah, siete stati a San Antonio… Manco agli Spurs?» Nostalgia canaglia, nel fondo del cuore. Ma anche no: «Sì, mi sento un po’ tradito da loro». Marco Belinelli conclude la seduta pesi nella «facility» della Sleep Train Arena, la casa di lavoro nella sua nuova città, Sacramento, il sesto luogo Nba del ragazzo di San Giovanni in Persiceto, e afferra subito il toro per le corna. Perché abbia lasciato il vertice per ripartire da una squadra in ricostruzione, rimane sempre una buona domanda. E anche se due vittorie di fila (una contro i Nets di Bargnani) hanno attenuato un brutto bilancio (1-7), l’avvio è stato duro. Lo scenario del team, con gli alti e bassi nei rapporti tra coach George Karl (che rischierebbe il posto) e DeMarcus Cousins, lo è perfino di più. Da qui comunque si parte, parlando però anche di nazionale e della svolta tecnica di questi giorni, di Giochi olimpici e di quell’America in cui «Beli» ha ormai messo le radici.
Tanti continuano a non capire la sua scelta, nonostante il ricco contratto dei Kings.
«La mia priorità era restare a San Antonio e provare a rivincere lì. Ma i conti si fanno con i budget e gli Spurs mi proponevano una cifra inadeguata: un’offerta c’è stata, ma non era degna di me. Un professionista deve essere pagato per quello che vale. E nella Nba, aggiungo, non hai mai certezze». La delusione sta al top? «Sinceramente sì: due anni belli a San Antonio, le vittorie; per il mio carattere è normale essere incazzato. Hanno preferito Danny Green a me: ne prendo atto».
Ma Green ha accettato di guadagnare di meno rispetto ai soldi offertigli altrove.
«È quello che si dice, però non so se sia vero. Comunque, guardo al futuro: Sacramento mi voleva, è una realtà viva e mi dà un ruolo importante. Sento la fiducia del club verso di me» (Karl lo ha paragonato al mitico Pete Maravich, ndr).
Gregg Popovich era a Berlino durante l’Eurobasket e l’ha cercata al telefono. Ma lei non gli ha risposto.
«Non l’ho fatto apposta, non lo farei mai e men che meno con Pop. Non ho sentito la chiamata e poi avevamo sempre poco tempo».
Che cosa succederà quando tornerà a San Antonio da avversario?
«Avrò tanta rabbia addosso e la voglia di dimostrare quel che si sono persi. Ma è normale che sia così, sennò non proverei Il cambio di c.t. Pianigiani con me è stato un vero professionista Il ritorno di Messina? Sono contento per Ettore emozioni e non farei questo mestiere. È una sensazione già sperimentata altrove».
Però l’addio agli Spurs pare quello più traumatico di tutti.
«Forse sì. Ero quasi convinto di avercela fatta a rimanere ed ero motivato».
Sacramento sarà mai da titolo, un giorno?
« Sì. E già quest’anno potremmo essere una sorpresa nonostante l’avvio complicato: sta a noi dimostrarlo, essere outsider ci motiverà».
Il miglior Belinelli deve ancora arrivare?
«Lo spero. Lavoro per questo e conto di approfittare anche della nuova sfida».
Come sintetizzerebbe la sua carriera Nba?
«Con un concetto: sono partito dal nulla, sono diventato campione e ho vinto una gara da tre punti all’All Star Game».
Il rapporto con gli avversari è cambiato?
«Noto più rispetto e difensori più vicini nelle marcature: sanno quello che posso fare. Chi mi stima? Penso Chris Paul e Ettore Messina su tutti. Ma anche tanti altri: lo fanno in silenzio, però sanno quanto la mia scalata sia stata dura. Sto sull’anima a qualcuno? Probabilmente sì, è normale: basta solo che tutto rimanga nell’alveo della battaglia sul campo». Chi vincerà quest’anno? «Vorrei dire: alla fine Sacramento. Ma è irrealistico. Ci sono di sicuro Golden State, Cleveland e Oklahoma City, ma vedo forti pure i Clippers. Golden State ha l’onere del ‘back to back’ e io so quanto sia duro vincere per due volte di fila». Nona stagione Marco Belinelli, 29 anni, 195 cm, ora è a Sacramento. Prima scelta di Golden State nel 2007, ha giocato pure a Toronto, New Orleans, Chicago e San Antonio (campione 2014). Ha vinto anche una gara da tre punti all’All Star Game (Afp)
Viaggio nel tempo. Torniamo a Italia-Lituania, quarto di finale dell’Eurobasket.
«C’è ancora amarezza, ma provo a non pensarci più. Abbiamo peccato di lucidità e a me spiace il doppio perché già nel 2013 avevo perso così contro di loro».
Nell’azione decisiva pensavate di avere più tempo, soprattutto Gentile.
«Alessandro si è sentito responsabile. Ne ho parlato subito con lui perché lo rispetto e lo aspetto qua nella Nba. È giovane, pure io ho fatto quegli errori. Non è colpa di nessuno».
L’ammissione al torneo pre-olimpico consola?
«Sì e no. Lo dico senza problemi: dopo aver sconfitto Spagna e Germania e dopo aver bastonato Israele pensavo che avremmo vinto l’oro: ne parlavamo tra di noi, negli occhi di tutti c’era fiducia».
L’idea è che lei e Gallinari a un certo punto abbiate preso in mano la squadra.
«È vero. In particolare, abbiamo cercato di comunicare sul campo e di aiutarci. Dopo la prima partita il miglioramento è stato netto».
C’è stata la rottura tra Simone Pianigiani e il presidente Petrucci: al timone azzurro ritorna Ettore Messina.
«Non entro nel merito delle decisioni. Ho un gran rapporto sia con Pianigiani sia con Petrucci, che sono sempre stati vicini a noi. Petrucci, poi, ha migliorato la federazione: nei miei primi anni in azzurro era un disastro. Ho sentito sia Simone sia Ettore: posso solo ringraziare il primo perché con me è stato un grande professionista. Quanto a Messina, sono molto contento: questa nuova sfida lo carica. Ci vedremo la sera prima della partita con San Antonio».
L’Italia ce la farà ad andare ai Giochi di Rio?
« A mente fredda capisco quanto sarebbe stato importante arrivare almeno in finale e centrare la promozione diretta. Ci proveremo, ma sarà difficile: vedo una concorrenza tremenda. Ed è ingiusto che l’Europa, una culla del basket, abbia così pochi posti olimpici».