Scusate il ritardo, ma stavo ancora festeggiando la Coppa vinta grazie al
complotto di Bettman contro i team canadesi
Non so nemmeno da dove cominciare.
Dovrei tifare Canucks. Per uno strano scherzo del destino ho visto in tv
quello là (si, dai, Pavel Vladimirovich Bure) ad un All Star Game, mentre giocava a Florida, nel 2000, e poi a Nhl ‘99 lo tradavo io stesso da Vancouver a Florida come era effettivamente avvenuto in quella stagione. Mi piaceva il soprannome, che oggi sarebbe un po’ impopolare, e mi piacevano i Ramones (che non è una marca di magliette) che
qualche anno prima avevano fatto uscire un album più o meno con lo stesso nome.
E se tanto mi dà tanto
@jovocop dovrebbe essere tifoso di Florida. Ma in
quella trade, Jovanovski, scelto al primo giro dai Panthers e rookie nell’anno del miracoloso approdo in finale dei Panthers nel ‘96, venne impacchettato e spedito in British Columbia.
Forse non eravamo ancora abbastanza vecchi da capire da dove venivano quei due. O almeno io non lo ero e quindi scelsi Florida, dove
non c’è nemmeno il ghiaccio da mettere sul Cuba Libre (cit. noto forumista).
Inevitabile dunque che durante queste finali di playoff
mi sia passata un po’ tutta la vita davanti, come se dovessi morire (e per la vostra felicità ciò sarebbe sicuramente avvenuto in caso di
biggest collapse of all time): le partite su AFN e il primo All Star Game in cui vidi giocare Bure, la trade devastante che spedì Luongo ai Canucks, gli insulti a Mike Keenan per
la peggior trade nella storia dell’hockey, nottate post universitarie a vedere giocare Bryan Allen e Steve Montador (pace all’anima sua), l’infortunio horror di Zednik, la trade devastante -parte II- che spedì Olli Jokinen, il nostro capitano e tuttora terzo miglior marcatore nella storia della franchigia, presso altri lidi (all’epoca non la presi molto bene, come riportavo in questo pezzo psichedelico su un blog che non esiste più ma che vive ancora nei nostri cuori
@chinasky http://east-coast-time.blogspot.com/200 ... round.html), l’era in cui il nostro miglior giocatore era (ebbene sì) Stephen Weiss, la sconfitta al primo turno 2012 contro i Devils in gara 7 all’Overtime in una delle poche volte, all’epoca, in cui avevamo provato l’ebbrezza della postseason, la stagione del riscatto con Gallant in panchina e la sconfitta bruciante al primo turno contro gli Islanders con il
tripping di Trocheck che ancora mi rode il culo, la scelta devastante di Tallon nell’expansion draft del 2017 di proteggere Alex Petrovic e di lasciare ai Vegas Golden Knights Reilly Smith e Jonathan Marchessault, l’arrivo di Bill Zito e la vittoria del 2022, dopo una vita (dal 1996), di un turno di playoff soffertissimo contro i Capitals ma festeggiato da me ed
@azazel come se avessimo vinto la coppa del Mondo, le sconfitte -plurime- contro i cugini di Tampa Bay quando sembrava fossimo noi la squadra da battere, il doloroso addio di Quenneville che mi era sembrato finalmente l’allenatore giusto, il blockbuster trade Tkachuk-Huberdeau dell’estate di due anni fa e l’arrivo di Maurice accolto tiepidamente dopo una stagione da record, la sconfitta in finale dell’anno scorso con 13 giocatori di numero che riuscivano a deambulare.
Queste a grandi linee erano le immagini – per lo più
devastanti – che mi scorrevano per la mente prima dell’epilogo finale.
Fin lì era stato davvero strano: rispetto alla
cavalcata tremenda dell’anno precedente stavolta sembrava tutto dovuto, sembrava inevitabile che dovessimo arrivare di nuovo alle Finals. Sembrava inaccettabile perdere ancora con Tampa, essere sconfitti dai Bruins privi di Marchand per le partite decisive della serie (e no, quella faccia da cazzo di Maroon stavolta non ci avrebbe certo fermati) o perdere dai Rangers che avevano abbastanza sculato contro Carolina. Sembrava
Cup or bust.
First intermisson – stay tuned for more rock’n’roll
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The Spaghetti Incident?