A tempo perso tornano le 10 cosette da dire sui Chicago Bears perché abbiamo pensato che non scrivere nulla fino al draft sarebbe stato brutto per i nostri tantissimi follower e tutte le nostre carissime follower. Quindi qualche pensiero sparso e disordinato che poi scriverne 10 a metà febbraio quando non hai nemmeno giocato i playoff non è cosa semplice. Abbiate pietà e apprezzate il gesto.
1) Non mi va di parlare tanto dei coach e dei coordinatori presi. Le scelte hanno una loro logica ed oggi tutti hanno ragione ma il problema è che nello sport parla il campo ed è giusto attendere. Ci tengo a ribadire che la logica nelle scelte mi pare ci sia, soprattutto se considero l’impostazione di Eberflus la scelta di Washington mi sembra buona per esperienza, per risultati recenti, per letture difensive. Quindi è giusto che su queste scelte spendano molte parole quelli che sono pagati per farlo o quelli che hanno un sacco di tempo da perdere sulla chat di Telegram ma io attendo il campo per capire come si inseriranno le cose anche se, per ora, continuo ad essere allineato col percorso di Poles. Attualmente, nello staff, l’uomo che ha più bisogno di fare un passo avanti è proprio l’head coach.
2) Il mondo è pieno di gente cattiva che vi dirà che senza Tom Brady Bill Belichick sarebbe stato zero e, molti di loro, non lo fanno pensando alle ultime tre stagioni ma al 36-44 che il Felpa ottenne nei 4 anni di Cleveland, prima di spostarsi a Boston. Mike Holmgren ha avuto come assistenti gente come Andy Reid e John Gruden, ma anche come Dick Jauron e Steve Mariucci. Holmgren ha lanciato ed allenato Bret Favre, ha creato stabilità dietro il centro a Seattle con Matt Hasselbeck e poi, da presidente a Cleveland, non è riuscito a spifferare un suggerimento che fosse uno tanto che i Browns in tre stagioni scelsero due diversi QB al draft senza pescare nulla di serio. Insomma, il discorso sarebbe più complesso, ma l’organizzazione la si fa partendo dalla testa che a Chicago non c’è; qua dovrà essere bravissimo Poles perché soltanto un GM di polso può rimediare agli errori di chi siede sopra di lui. Il resto lo fanno le scelte azzeccate, un pizzico di fortuna che non guasta mai, l’alchimia che si crea all’interno di tutto lo staff, dal GM all’ultimo magazziniere. Se si crea il micro mondo perfetto si può durare per anni, diversamente si è costantemente destinati all’oblio e alla rifondazione. Tutto questo per dire che oggi i nomi sono tutti giusti e tutti sbagliati, dipende che cosa avete in testa voi: idee, nomi, pregiudizi.
3) Altro buon esempio è secondo me John Fox, che sulla carta è stata la miglior scelta come head coach dopo Lovie Smith perché aveva la caratura perfetta per rimettere in piedi una squadra a pezzi e rifondare. Non ti poteva dare nessuna minima garanzia di vittoria ma aveva l’esperienza ed il passo di chi può gettare ottime fondamenta. Fu un fallimento catastrofico che non si poteva prevedere dopo che aveva portato al Super Bowl Panthers e Broncos. Un disastro.
4) Sappiamo che molto passerà dalla scelta del QB e che Poles ha già stabilito che, se qualcuno vorrà la pick numero 1 dei Bears, dovrà proporre una trade dal profilo “storico”, una cosa che non si è mai vista. Poles si pone così in una posizione sulla carta win-win: può avere una miriade di scelte sulle quali ricostruire con, probabilmente, una o due stagioni ancora con 2 primi giri, o scegliere il QB che tutti vogliono che lui scelga risultando così incolpevole qualora Caleb Williams rappresentasse un bust. Sì, perché se non arriva la super proposta i Bears andranno sul QB di USC.
5) Se non esiste una scienza giusta coi coach figuriamoci coi QB che arrivano nella lega con una semplice esperienza collegiale (a tratti un altro sport). I giocatori, soprattutto i quarterback, hanno bisogno di ambiente, di feeling, di compattezza, ma alcuni anche di mentori, istruttori, crescita. Non sempre il talento esce da solo, non sempre la grandezza si esprime con la naturalezza che si vorrebbe, non sempre il talento puro e cristallino è tutto ciò che serve per funzionare in un sistema, talvolta non serve nemmeno così tanto per andare a un passo dall’essere campioni. Ne serve per riscrivere la storia, per aprire le dinastie, per durare nel tempo. Non è detto che serva per indossare anche solo un anello, situazione che in più casi avrebbe giustificato il nostro essere tifosi. I 49ers hanno giocato due Super Bowl nelle ultime 5 stagioni, il QB titolare nel primo caso era Garoppolo, un secondo giro che avrebbe dovuto fare panchina per anni a Colin Kaepernick, l’altro è stato Mr Irrelevant Brock Purdy. Nell’era dell’ossessiva ricerca del franchise QB la loro unica vera prima scelta, Trey Lance, è durato due drive e fa la riserva a Dallas. La scienza.
6) Poi c’è Green Bay che invece imposta i programmi ormai in automatico, convinta che non serva a nulla non mettere pressione al proprio titolare anche quando questo è un monumento vivente in città. Aaron Rodgers fu scelto quando a Farve rimanevano (almeno) 3 o 4 stagioni e stessa cosa è stata fatta con Love. Favre e Rodgers giocheranno poi altrove gli ultimi scampoli, ma a Green Bay scelgono il QB del futuro quando non c’è fretta di farlo e quando il titolare tutto si aspetta fuorché gli si piazzi una scomoda riserva a roster. Così però il rookie cresce nel sistema, cresce all’ombra di un titolare forte, si allena e prende qualche pizzico di esperienza qua e là. Annusa l’ambiente e quando è il suo momento è più o meno pronto a fare l’ultimo passo. Di Love vedremo, ovviamente, cosa sarà, ma l’impressione è di non essere davanti a un Trubisky qualunque.
7) Mi sono studiato un po’ di Williams di recente ed ammetto che sì, qualcosa di davvero buono sembra esserci, soprattutto ora che mi sono fissato ad osservarlo e non a guardarlo distrattamente. Non voglio bestemmiare, non qua, di solito lo faccio davanti alle chiese, ma la modalità di lancio ha un che di Patrick Mahomes nell’inventare la palla che sembra impossibile sia per traiettoria che per movimento del braccio. Sembra avere la giusta accortezza nel trovare il momento giusto per colpire, anche quando la porta è ormai definitivamente chiusa dà l’idea di poter trovare un varco aperto. Non è Justin Fields sulle gambe ma è piuttosto mobile e fisico. Ammetto che mi sta convincendo l’idea che, visto quanto si ha in casa oggi, sia una scelta impossibile da non fare.
8) Abbiamo passato anni a discutere di Cole Kmet e abbiamo visto Mahomes portare a casa il terzo anello senza un WR1 e con un TE dominante. Dall’altra parte forse è mancato proprio l’innesto deciso di Kittle per dare a Frisco quella spinta in più che è sembrata venir meno sempre sul più bello. Il QB dei Bears avrà a disposizione un ottimo WR1, probabilmente un solido WR2 ma soprattutto ha un TE che quest’anno cercherà la definitiva consacrazione e, io credo, siamo davvero vicinissimi ad avere un’arma micidiale nel ruolo. Non ai livelli dei due sopracitati, ok, continuo a non bestemmiare, ma Kmet può diventare decisivo come non mai. Sfruttatelo.
9) Presto partirà il mercato e, con esso, si definiranno meglio i mock draft ai quali parteciperemo più che volentieri anche su queste pagine. O su altre, visto che ipoteticamente potrei aprire un sito tutto mio e costringervi a pagare un abbonamento per leggere certe perle. Per ora, però, solo due domande mi frullano per la testa: ci sarà davvero qualcuno disposto ad intavolare la storica trade di cui parla Poles? La risposta è no, perché l’affermazione di Poles è funzionale a dire che non c’è disponibilità allo scambio. Ma se ci fosse chi potrebbe fare la follia? La seconda domanda è: quanto vale oggi Justin Fields sul mercato? Mentre scrivo alcuni siti riportano dei primi interessamenti in giro per la lega, uno dei motivi per cui la mia convinzione sulla scelta di Poles si è ulteriormente solidificata negli ultimi giorni. Le squadre potenzialmente interessate sono tante secondo me, alla fine penso la spunterà Atlanta e credo che il valore potrebbe essere persino un 2°, considerando che Trey Lance andò a Dallas per un 4° giro. Ovviamente nessuno sparerà così alto, quindi è probabile che con un terzo giro si chiuda facile.
10) L’inizio della off season si è acceso con le uscite di Cody Whitehair e Eddie Jakson. La prima era prevedibile, l’olineman era stato riprovato come C, le cose erano andate male, i segnali positivi di inizio carriera ormai sbiaditi del tutto. Su Jackson ho qualche perplessità; anche lui era lontano dagli standard delle prime tre stagioni e soffriva di qualche alto e basso, ma le ultime due stagioni erano state condite anche da qualche acciacco e comunque il 2022 era stato ancora piuttosto buono. Al netto di tutto questo e delle sue ormai 31 primavere, a meno che non vi siano state discussioni di rinnovo o altri retroscena che non conosco, è un elemento che almeno per la rotazione delle secondarie avrei tenuto. Però io, come al solito, non decido nulla.
Non rileggerò, non mi va. Perdonate refusi ed eventuali errori, grammatiche balbettanti e periodi sbagliati. Oggi è così.
Alla prossima.