BruceSmith ha scritto:
beh, sarebbe una discussione interessante....
Bruce sintetizzo la mia tesi in poche brevi parole e dò un paio di coordinate su come sia arrivato a questi studi e conclusioni. E' un discorso del quale si può parlare all'infinito e volevo parlarne in privato per non fare del topic sulla politica internazionale il mio pulpito :D
Il titolo provvisorio della tesi è:
Regulating Globalisation: Normative Approaches to Global Governance(sto scrivendo la tesi in inglese). E' un lavoro di ricerca che ho iniziato due anni fa; ho studiato molti testi al riguardo ed ho anche seguito un workshop all'università di Oxford nell'estate 2008: mi si sono aperti orizzonti di studio normalmente impensabili per uno studente italiano, e sono stato fortunato ad avere la chance di viaggiare ed avere la possibilità di studiare certi argomenti.
La tesi è come già detto un lavoro di ricerca sulla possibilità di rafforzare
regulation e
accountability a livello globale: uso qui e lì termini inglesi perché questa lingua ormai domina l'accademia, ed il nome proprio di questi concetti è inglese, dunque trovare dei perfetti corrispettivi in italiano è difficile. Fondamentalmente, tutto ciò significa regolamentare in maniera più estesa, profonda ed efficace la comunità internazionale, la quale ha diversi aspetti profondamente anarchici, ed implementare la chiarezza della responsabilità degli agenti internazionali (accountability).
Perché fare ciò? La risposta è: globalismo ed interdipendenza. Il primo termine fa riferimento ai fenomeni derivanti dalla globalizzazione; il secondo all'interdipendenza economica, politica ed anche sociale e culturale che si è creata tra i paesi del mondo. Un esempio spiccio: nella pagina precedente si parlava del debito di Dubai. Cosa accade? Dubai vende il petrolio ad una azienda danese, la cui filiale in Canada va a rifornire le automobili a Toronto. Dubai, gonfia di denaro, chiama frotte di ingegneri da tutto il mondo per costruire avveneristiche opere d'ingegneria. Intanto si lancia sui mercati finanziari con titoli che verranno venduti in tutto il mondo: il titolo, semplificando le cose, è un
do ut des: io compro 1,000 euro di azioni Dubai World, e con un tasso del 5% dubai world allo scadere del termine mi ridarà 1060. Cosa accade? Crisi economica mondiale allargatasi dall'america al sistema finanziario mondiale, la domanda di beni si contrae, il prezzo del petrolio sale anche grazie ai guai in medio oriente, Dubai accusa il colpo e si trova improvvisamente ad aver difficoltà a ripagare i suoi debiti: ed i suoi debitori anche vanno in rosso, e così i loro debitori etc etc in un incredibile effetto domino. Questa è l'interdipendenza economica; la quale ha anche molti risvolti positivi, ma in questi tempi sono soprattutto i suoi difetti ad emergere. Quanto al globalismo, per una serie molto lunga di fattori, tra i quali però spiccano i grandi progressi di trasporti e mezzi di comunicazione, raramente un avvenimento locale resta all'interno dei suoi confini. E raramente un avvenimento internazionale non ha cause anche locali! Due esempi: la guerra civile in Somalia che da affare interno coinvolge altre nazioni in tutto il globo (Pakistan, Stati Uniti, Italia etc); il crack finanziario internazionale che impoverisce il contadino toscano che ha difficoltà a vendere i suoi prodotti. O anche risvolti culturali: la globalizzazione porta in certi contesti a voler riscoprire le identità locali, nel timore che vadano perse nel melting pot culturale.
La semplice conclusione di questo discorso è che né gli Stati-nazione né il sistema internazionale dispone di mezzi adeguati per far fronte in maniera efficace a tali fenomeni. Il primo ne è impossibilitato perché i suoi mezzi hanno giurisdizione nazionale, e questi fenomeni coinvolgono altri stati (anche se può comunque fare molto: La Colombia combattendo i narcos aiuta indirettamente quei paesi verso i quali il traffico di cocaina è indirizzato); il secondo ha mezzi e risorse limitate perché il processo di formazione di enti internazionali è in fase appena post-embrionale.
Come agire? Luca10 dice che bisognerebbe cambiare l'architettura principale del sistema internazionale. Su questo sono d'accordo. Ma si tratta di scardinare le attuali istituzioni e cambiare il tutto dall'alto? No, per niente. Questo sarebbe un processo lungo, ma naturale. E' impossibile arrivare già a prevederne gli esiti, ma si può dire quali esiti è desiderabile avvengano (ciò che nello studio delle relazioni internazionali viene definito "approccio normativo", che in questo contesto non ha nulla a che fare con la legge ma bensì con cosa è desiderabile si concretizzi). E si può tentare di rispondere alla domanda: come avviare tali processi? Qui devo necessariamente tenermi breve perché altrimenti ci addentreremmo in un meandro di noiosi tecnicismi, ma a volerne parlare in privato se ne può discutere a volontà. Dunque:
Obiettivi normativi
-Rafforzamento dei sistemi di controllo, pianificazione, sorveglianza e giurisdizione transnazionali (corti internazionali, forum economici, NATO, ONU etc)
-Progressiva estensione della giurisdizione degli organi legali internazionali, e loro dotazione di mezzi coercitivi: molte risoluzioni e pareri non hanno forza di legge (come quelli emessi da vari organi ONU) o non sono materialmente applicabili (il mandato d'arresto per al-Bashir di cui parlavo precedentemente). In Inglese,
legally binding measures e
law enforcement.
-In sintesi: un aumento di cooperazione internazionale e chiarezza esecutiva, avvicinando il sistema internazionale che è estremamente anarchico ad un sistema nazionale che è caratterizzato da un regole ben esplicite (non si parla di governo mondiale, ma di governance mondiale: gli stati nazione sono sovrani, ma la loro cooperazione deve aumentare esponenzialmente).
Tutto molto bello, ma come?
Queste sono considerazioni personali, aperte a critiche e dibattiti. Inoltre io sono solo uno studente di laurea triennale e non ho l'arroganza di rispondere a certe domande con una certa sicurezza: il
come occupa solo la ridotta parte finale della mia tesi, ma tuttavia ho voluto includere le mie personali opinioni.
Ebbene, io ritengo che un modello da tenere in stretta considerazione sia l'UE. Quali lezioni ci dà l'integrità europea? Che nel 1945 l'Europa era in guerra, nel 1989 ancora divisa, e nel 2009 è pacificamente unita. Gli euro-scettici ed i loro deliri non trovano spazio qui: l'Europa NON è un governo regionale; ma è un'unione di stati sovrani, pacifica e improntata da ampia collaborazione ed un sistema legale e di politiche comunitare in costante espansione e sviluppo. Come si è arrivati a conseguire simili risultati in così poco tempo? C'è un misto di voglia di non ripetere gli stessi errori del passato, vicinanza culturale, storica, politica, incentivi alla comune collaborazione e diffusione di una cultura cosmopolita. Queste lezioni possono essere utili. Gli incentivi alla collaborazione economica hanno portato a risultati che sono andati ben oltre i meri effetti desiderati quando si firmavano i trattati di CECA ed EURATOM. Ad esempio, il fronteggiare comune questa crisi globale può essere un'occasione per stimolare la cooperazione e suscitare effetti che vanno oltre un mercato finanziario più stabile ed un maggiore benessere economico, aumentando la diffusione di ideali cosmopoliti e il livello della cooperazione globale. Gli ostacoli provengono da certi stati restii ad un processo simile, o perché arretrati o non pienamente democratici, o perché vi si oppongono chiaramente: Russia, Cina, quasi-stati africani, alcuni stati medio-orientali, gli stessi U.S. che non hanno ratificato il trattato sulla Corte Penale Internazionale. Queste sono situazioni da risolvere su scala regionale, ma una maggiore cooperazione internazionale può portare ad una maggiore "apertura mentale" da parte loro. Inoltre, la creazione di sistemi regionali (cioè continentali) più forti ed intesi democraticamente come nel caso dell'UE sarebbe un fattore chiave, ma la responsabilità di simili processi ricade soprattutto sulla volontà di certi Stati.
Si tratta di argomenti difficili: mi sono scelto una tesi ardua, per nulla compilativa ma di ricerca e sperimentale. Non ho reso giustizia ad un argomento simile trattandolo in così poche righe (e non gliene renderò neanche in 120 pagine), però ci si prova, e si ha la speranza di dare un microscopico contributo al dibattito in merito.