EXPO MILANO 2015
- frog
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Re: EXPO MILANO 2015
http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... f=HREC1-22
quando si faranno i conti alla fine, consideriamo anche questo aspetto
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Re: EXPO MILANO 2015
frog ha scritto:http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... f=HREC1-22
quando si faranno i conti alla fine, consideriamo anche questo aspetto
Speriamo sia vero: modestamente, secondo me siamo i n.ri al mondo in quello!!!!



Maybe I destroyed the game. Or maybe, you're just making excuses.
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Re: EXPO MILANO 2015
In extremis l'altroieri sono andato a vedere il padiglione cittadino, chiude tra 5 giorni.
Mi è piaciuto parecchio, la visita è gratis se si porta un biglietto di Expo, non ci sono code
Per chi fosse interessato: http://www.triennale.org/it/mostre/inco ... i43b2u1XZO
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Re: EXPO MILANO 2015
ma dove rimane? nel cortile della triennale? se si, passo giovedi.
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Re: EXPO MILANO 2015
francilive ha scritto:ma dove rimane? nel cortile della triennale? se si, passo giovedi.
no, il grosso è all'interno dell'edificio diviso in 4 sezioni su due piani, in più ci sono delle installazioni nel cortile esterno.
visitarlo tutto porta via un po' di tempo, c'è davvero tanta roba da vedere
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Re: EXPO MILANO 2015
http://www.ilrottamatore.it/il-fatto-e- ... -dellexpo/
Cala oggi il sipario sull’Expo, teatro dello scontro politico-simbolico più emblematico e radicale degli ultimi anni. Uno scontro assoluto, perché non fondato su chiacchiere, ma sulla realtà di un grande evento internazionale chiamato alle continue verifiche dei fatti. Ed esposto alla luce permanente dei media, i cui riflettori – peraltro – sono diventati roventi ben prima che l’avvenimento si materializzasse. E’ infatti a partire dagli scandali della primavera 2014 che emergono con chiarezza due visioni contrapposte dell’appuntamento, e si incrociano le lame dei protagonisti politici. “L’Expo è una rapina in corso, meglio chiuderlo”, dice lapidariamente Grillo il 13 maggio. Passano pochi mesi e il 13 agosto arriva la risposta di Renzi: “L’apertura dell’Expo sarà un no gufi day”. Tra i due squilli di tromba e successivamente, fino ai giorni scorsi, sull’Expo si riversa un oceano di previsioni, giudizi, proiezioni, congetture, allarmi e accuse. Di cui in particolare si fa veicolo il Fatto Quotidiano: più o meno 230 pezzi tra maggio 2014 e ottobre 2015 (74 volte in prima pagina), come testimonia la tabella.
Schermata 2015-10-30 alle 20.52.35
I TITOLI DEL FATTO
Eccone una limitata selezione. 10 maggio 2014: “Ritardi, mazzette e Pm: per Expo 2015 l’incubo del fallimento”; 10/5: “Expo, panico elettorale”; 13/5: “Expo, la città della salute sui terreni avvelenati”; 15/5: “La foto di Ban Ki-Moon tolta dal sito dell’Expo”; 18/6: “Così Expo cancella il diritto del lavoro”; 9/7: “Bufala Expo: 3mila posti di lavoro su 200mila promessi”; 10/9: “Solo 800 posti, altro che 200mila”; 29/10: “Lavori Expo, politici e affari: Lombardia terra di ‘ndrine”; 7/11: “Chi compra i terreni di Expo 2015? Nessuno”; 6/12: “Si sgonfia la bufala Expo: solo 4mila le assunzioni”; 21/12: “Expo, l’albero della vita tra sospetti e ritardi”; 7/2/2015: “Expo ad un passo dal crac”; 6/3: “Il flop Expo: impossibile finire i lavori in tempo”; 19/3: “Expo, mancano 43 giorni: ecco le foto del disastro”; 7/4: “Expo, dalla Cina senza furore: la balla del milione di ticket”; 10/4: “Lo chef Sassone: Expo è un magna magna”; 12/4: “Altro che blindato, l’Expo è una groviera”; 17/4: “Klodian, primo morto di Expo”; 18/4: “Expo, 3 opere su 4 ancora incomplete e senza collaudi”; 29/4: “Expo al via, ma l’Italia non è pronta”; 5/5: “Come è inutile l’Expo nel secolo di Internet”; 9/5: “Expo, un milione di metri quadri che nessuno vuole”; 10/5: “Sulla via Crucis di Expo, cercando un po’ d’acqua”; 20/5: “Expo, la stroncatura delle archistar: sembra Disneyland”; 24/5: “Expo, la verità nascosta del flop dei visitatori”; 24/5: “Expo, una piccola fiera di periferia a Milano”; 26/5: “Flop Expo, Sala non riesce a smentire”; 27/5: “Expo, chiudetelo prima: il fallimento è totale”; 30/5: “Esposizione, Sala ammette il flop: solo 1,9 milioni di visite a maggio”; 6/6: “Expo, le cifre segrete che provano il flop”; 13/6: “Expo, gara fatta con i piedi. In ritardo tutti i gadget”; 18/6: “Cantone boccia Oscar: gli stand Eataly di Expo finiscono in Procura”; 7/7: “Ingressi Expo, il mezzo flop arriva in Comune”; 10/7: “La balla di Expo: 2 milioni e 600mila ingressi. In meno”; 16/7: “Expo e le balle sui visitatori: ecco i numeri degli ingressi”; 17/7: “Expo, non mi stupisce l’insuccesso di visite”; 23/7: “Miraggio di Sala: visitatori di Expo? Il numero non si conosce per il caldo”; 4/8: “Expo continua a dare i numeri: mancano 500mila visitatori”; 5/8: “L’Expo dei record: il miliardo e mezzo che manca nei conti”.
Solo il generale agosto spegne l’ardore antiExpo del Fatto. A settembre, poi, la campagna si affloscia definitivamente per concludersi, lo scorso 16 ottobre, con un titolo emblematico e mesto: “Dicono: Expo è un successo. Ma è proprio vero?”.
Ora, è noto che cosa rappresentino i titoli in un giornale. Sono i “codici per accedere al resto dell’articolo” (Eco), esaltano le parole-chiave giuste, quelle che restano nella memoria diventando uno schema interpretativo del messaggio. Costituiscono insomma i famosi framing – l’equivalente mediatico delle scorciatoie cognitive (euristiche) – che orientano il lettore in una realtà sovraccarica di informazioni. Per questo – al di là delle ragioni politico-editoriali dell’accanimento antiExpo – la campagna del Fatto ci serve per capire quali euristiche vengono attivate in circostanze del genere. E quali bias mettono in moto.
IL PRINCIPIO DI FAMILIARITA’
“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità” è una frase attribuita a Goebbels, ministro della propaganda nazista. Che l’abbia o no pronunciata, è certo che il cosiddetto mere-exposure effect, (effetto della mera esposizione) o principio della familiarità, è sempre stato utilizzato nelle comunicazioni e nelle pubblicità della società di massa. Ha una sua brutalità: basta la banale, ossessiva ripetizione di un messaggio a lasciare una ‘traccia di memoria’ nella mente del consumatore e influenzarne il comportamento o il giudizio. In questo senso, i 230 pezzi e le 74 prime pagine avranno convinto i lettori del Fatto che l’Expo è stato una sorta di crimine contro l’umanità. Poniamoci però un problema: se il Fatto avesse prodotto – per esempio – ogni 10 pezzi un articolo più oggettivo o addirittura favorevole all’Expo, probabilmente il lettore avrebbe mantenuto una generale posizione critica sull’evento, ma con argomenti più razionali e ragionati. La critica all’Expo, o ad alcuni suoi aspetti, sarebbe stata meglio strutturata. Perché anche i lettori del Fatto non vivono più in epoca Goebbels, per fortuna, ed è finita la società di massa che viveva di bombardamenti pubblicitari a tappeto. I cittadini pensano – e vogliono pensare – sempre più con la loro testa.
I DUE SISTEMI
Anche se – come ci dice Daniel Kahneman – la nostra testa funziona in modo un po’ bizzarro. Soprattutto è piuttosto pigra, cerca di risparmiare energie cognitive. Sintetizzando: noi tutti siamo dotati – secondo lo psicologo cognitivo vincitore del Nobel per l’economia – di due sistemi di ragionamento diversi (sistema 1 e sistema 2), che raccolgono informazioni e rispondono in maniera differente a seconda delle circostanze. Il sistema 1 – che viene messo in moto in automatico, oppure in condizioni di stanchezza o di mancanza di interesse – ragiona in maniera istantanea; mentre il sistema 2 è il sistema del calcolo e dell’approfondimento. Il sistema 1 si lascia trascinare dalle informazioni immediatamente disponibili, dall’impatto emotivo e, nel caso che ci interessa, dai trucchi del framing giornalistico: è responsabile dell’associazione mentale “più articoli vedo sul tema, più quella campagna è vera”. L’informazione vive sostanzialmente di questi inganni, e usa il sistema 1 “avviato in default” dai lettori che hanno sempre meno tempo e voglia di approfondire una notizia e di confrontarla con la realtà. Per cui accade che il dato numerico – che in condizioni sane è bollino di qualità di ogni inchiesta o indagine giornalistica – può diventare invece il passepartout della disinformazione: siamo talmente convinti della forza oggettiva dei numeri, da associarli immediatamente alla verità. Un qualunque dato sparato in un titolo, ci convince che l’articolo sia oro colato (e quindi possiamo risparmiarcene la lettura). Non è così. Quantomeno non sempre: il dato va sempre verificato, analizzato e comparato, e per questo c’è bisogno del sistema 2, che capisce e interpreta i numeri, ed è in grado di collegarli agli eventi. Solo il sistema 2 comprende le statistiche e smaschera gli inganni. Solo quando lo mettiamo in moto, riusciamo a distinguere il dato buono da quello cattivo.
L’ANCORAGGIO
Prendiamo l’euristica dei numeri per eccellenza, l’anchoring effect. Quando proviamo a stimare una quantità numerica su cui non abbiamo precedenti informazioni, siamo portati a farlo partendo dalle prime immediatamente disponibili. Il primo dato che riusciamo a ricavare diventa il punto fermo a partire dal quale completeremo la nostra ricerca (da qui, la metafora dell’ancora).
Avete presente la polemica sul numero degli ingressi e dei biglietti venduti per l’Expo? Il Fatto ha montato il “caso” il 24 maggio, tre settimane dopo l’apertura di Expo, annunciando il disastro delle presenze, usando come parametri di giudizio i biglietti dei tram venduti e la spazzatura raccolta (leggere per credere). Neppure stime o proiezioni, piuttosto congetture, accostamenti parziali, ipotesi e niente di più: su queste basi il Fatto ha costruito il suo ancoraggio e ha sviluppato una campagna durata fino agli inizi di agosto, quando si è dissolta nel nulla. Perché non ci vuole un matematico per capire che i ricavi dei biglietti di una manifestazione che dura 6 mesi vanno calcolati a evento concluso. Un po’ come i sondaggi e le elezioni, diciamo. Il punto è che, proprio come quando si vota, anche in questo caso il bias dell’ancoraggio resta impunito. Nessuno chiede conto ai sondaggisti delle fregnacce che ci propinano. Nessun lettore chiede conto al Fatto di articoli privi di ogni fondamento.
IL PIO DESIDERIO E IL SENNO DEL POI
Il punto è – per restare sempre nell’ambito che ci interessa – che spesso si desidera a tal punto un evento, da mobilitare tutte le proprie risorse cognitive ed emotive in preparazione dello scenario immaginato. Il fenomeno è noto, si definisce “wishful thinking”. Nel mondo dell’informazione, il wishful thinking assume quasi sempre la forma della previsione catastrofica. Serve a giornalisti che furono d’assalto, illuminati commentatori, editorialisti e notisti politici per poter dire, a catastrofe avvenuta, “noi ve l’avevamo detto” (hindsight bias). E’ per questi motivi che la buona cronaca e il giornalismo d’inchiesta lasciano il posto all’irrazionalità e all’aria fritta. Intere paginate, invece di dedicarsi al racconto del presente in quanto tale, vengono riempite per descrivere un futuro presunto, apocalittico e angoscioso. L’informazione cede il passo alla faziosità, inocula inutili stress, e perde ogni credibilità. Poi – non temete – ad un certo punto arriva la realtà, che finisce sempre per prendersi le sue rivincite. E la vita continua.
Ora, Velardi è quello che è. Ma io sfido a dargli torto, in questo caso.
Cala oggi il sipario sull’Expo, teatro dello scontro politico-simbolico più emblematico e radicale degli ultimi anni. Uno scontro assoluto, perché non fondato su chiacchiere, ma sulla realtà di un grande evento internazionale chiamato alle continue verifiche dei fatti. Ed esposto alla luce permanente dei media, i cui riflettori – peraltro – sono diventati roventi ben prima che l’avvenimento si materializzasse. E’ infatti a partire dagli scandali della primavera 2014 che emergono con chiarezza due visioni contrapposte dell’appuntamento, e si incrociano le lame dei protagonisti politici. “L’Expo è una rapina in corso, meglio chiuderlo”, dice lapidariamente Grillo il 13 maggio. Passano pochi mesi e il 13 agosto arriva la risposta di Renzi: “L’apertura dell’Expo sarà un no gufi day”. Tra i due squilli di tromba e successivamente, fino ai giorni scorsi, sull’Expo si riversa un oceano di previsioni, giudizi, proiezioni, congetture, allarmi e accuse. Di cui in particolare si fa veicolo il Fatto Quotidiano: più o meno 230 pezzi tra maggio 2014 e ottobre 2015 (74 volte in prima pagina), come testimonia la tabella.
Schermata 2015-10-30 alle 20.52.35
I TITOLI DEL FATTO
Eccone una limitata selezione. 10 maggio 2014: “Ritardi, mazzette e Pm: per Expo 2015 l’incubo del fallimento”; 10/5: “Expo, panico elettorale”; 13/5: “Expo, la città della salute sui terreni avvelenati”; 15/5: “La foto di Ban Ki-Moon tolta dal sito dell’Expo”; 18/6: “Così Expo cancella il diritto del lavoro”; 9/7: “Bufala Expo: 3mila posti di lavoro su 200mila promessi”; 10/9: “Solo 800 posti, altro che 200mila”; 29/10: “Lavori Expo, politici e affari: Lombardia terra di ‘ndrine”; 7/11: “Chi compra i terreni di Expo 2015? Nessuno”; 6/12: “Si sgonfia la bufala Expo: solo 4mila le assunzioni”; 21/12: “Expo, l’albero della vita tra sospetti e ritardi”; 7/2/2015: “Expo ad un passo dal crac”; 6/3: “Il flop Expo: impossibile finire i lavori in tempo”; 19/3: “Expo, mancano 43 giorni: ecco le foto del disastro”; 7/4: “Expo, dalla Cina senza furore: la balla del milione di ticket”; 10/4: “Lo chef Sassone: Expo è un magna magna”; 12/4: “Altro che blindato, l’Expo è una groviera”; 17/4: “Klodian, primo morto di Expo”; 18/4: “Expo, 3 opere su 4 ancora incomplete e senza collaudi”; 29/4: “Expo al via, ma l’Italia non è pronta”; 5/5: “Come è inutile l’Expo nel secolo di Internet”; 9/5: “Expo, un milione di metri quadri che nessuno vuole”; 10/5: “Sulla via Crucis di Expo, cercando un po’ d’acqua”; 20/5: “Expo, la stroncatura delle archistar: sembra Disneyland”; 24/5: “Expo, la verità nascosta del flop dei visitatori”; 24/5: “Expo, una piccola fiera di periferia a Milano”; 26/5: “Flop Expo, Sala non riesce a smentire”; 27/5: “Expo, chiudetelo prima: il fallimento è totale”; 30/5: “Esposizione, Sala ammette il flop: solo 1,9 milioni di visite a maggio”; 6/6: “Expo, le cifre segrete che provano il flop”; 13/6: “Expo, gara fatta con i piedi. In ritardo tutti i gadget”; 18/6: “Cantone boccia Oscar: gli stand Eataly di Expo finiscono in Procura”; 7/7: “Ingressi Expo, il mezzo flop arriva in Comune”; 10/7: “La balla di Expo: 2 milioni e 600mila ingressi. In meno”; 16/7: “Expo e le balle sui visitatori: ecco i numeri degli ingressi”; 17/7: “Expo, non mi stupisce l’insuccesso di visite”; 23/7: “Miraggio di Sala: visitatori di Expo? Il numero non si conosce per il caldo”; 4/8: “Expo continua a dare i numeri: mancano 500mila visitatori”; 5/8: “L’Expo dei record: il miliardo e mezzo che manca nei conti”.
Solo il generale agosto spegne l’ardore antiExpo del Fatto. A settembre, poi, la campagna si affloscia definitivamente per concludersi, lo scorso 16 ottobre, con un titolo emblematico e mesto: “Dicono: Expo è un successo. Ma è proprio vero?”.
Ora, è noto che cosa rappresentino i titoli in un giornale. Sono i “codici per accedere al resto dell’articolo” (Eco), esaltano le parole-chiave giuste, quelle che restano nella memoria diventando uno schema interpretativo del messaggio. Costituiscono insomma i famosi framing – l’equivalente mediatico delle scorciatoie cognitive (euristiche) – che orientano il lettore in una realtà sovraccarica di informazioni. Per questo – al di là delle ragioni politico-editoriali dell’accanimento antiExpo – la campagna del Fatto ci serve per capire quali euristiche vengono attivate in circostanze del genere. E quali bias mettono in moto.
IL PRINCIPIO DI FAMILIARITA’
“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità” è una frase attribuita a Goebbels, ministro della propaganda nazista. Che l’abbia o no pronunciata, è certo che il cosiddetto mere-exposure effect, (effetto della mera esposizione) o principio della familiarità, è sempre stato utilizzato nelle comunicazioni e nelle pubblicità della società di massa. Ha una sua brutalità: basta la banale, ossessiva ripetizione di un messaggio a lasciare una ‘traccia di memoria’ nella mente del consumatore e influenzarne il comportamento o il giudizio. In questo senso, i 230 pezzi e le 74 prime pagine avranno convinto i lettori del Fatto che l’Expo è stato una sorta di crimine contro l’umanità. Poniamoci però un problema: se il Fatto avesse prodotto – per esempio – ogni 10 pezzi un articolo più oggettivo o addirittura favorevole all’Expo, probabilmente il lettore avrebbe mantenuto una generale posizione critica sull’evento, ma con argomenti più razionali e ragionati. La critica all’Expo, o ad alcuni suoi aspetti, sarebbe stata meglio strutturata. Perché anche i lettori del Fatto non vivono più in epoca Goebbels, per fortuna, ed è finita la società di massa che viveva di bombardamenti pubblicitari a tappeto. I cittadini pensano – e vogliono pensare – sempre più con la loro testa.
I DUE SISTEMI
Anche se – come ci dice Daniel Kahneman – la nostra testa funziona in modo un po’ bizzarro. Soprattutto è piuttosto pigra, cerca di risparmiare energie cognitive. Sintetizzando: noi tutti siamo dotati – secondo lo psicologo cognitivo vincitore del Nobel per l’economia – di due sistemi di ragionamento diversi (sistema 1 e sistema 2), che raccolgono informazioni e rispondono in maniera differente a seconda delle circostanze. Il sistema 1 – che viene messo in moto in automatico, oppure in condizioni di stanchezza o di mancanza di interesse – ragiona in maniera istantanea; mentre il sistema 2 è il sistema del calcolo e dell’approfondimento. Il sistema 1 si lascia trascinare dalle informazioni immediatamente disponibili, dall’impatto emotivo e, nel caso che ci interessa, dai trucchi del framing giornalistico: è responsabile dell’associazione mentale “più articoli vedo sul tema, più quella campagna è vera”. L’informazione vive sostanzialmente di questi inganni, e usa il sistema 1 “avviato in default” dai lettori che hanno sempre meno tempo e voglia di approfondire una notizia e di confrontarla con la realtà. Per cui accade che il dato numerico – che in condizioni sane è bollino di qualità di ogni inchiesta o indagine giornalistica – può diventare invece il passepartout della disinformazione: siamo talmente convinti della forza oggettiva dei numeri, da associarli immediatamente alla verità. Un qualunque dato sparato in un titolo, ci convince che l’articolo sia oro colato (e quindi possiamo risparmiarcene la lettura). Non è così. Quantomeno non sempre: il dato va sempre verificato, analizzato e comparato, e per questo c’è bisogno del sistema 2, che capisce e interpreta i numeri, ed è in grado di collegarli agli eventi. Solo il sistema 2 comprende le statistiche e smaschera gli inganni. Solo quando lo mettiamo in moto, riusciamo a distinguere il dato buono da quello cattivo.
L’ANCORAGGIO
Prendiamo l’euristica dei numeri per eccellenza, l’anchoring effect. Quando proviamo a stimare una quantità numerica su cui non abbiamo precedenti informazioni, siamo portati a farlo partendo dalle prime immediatamente disponibili. Il primo dato che riusciamo a ricavare diventa il punto fermo a partire dal quale completeremo la nostra ricerca (da qui, la metafora dell’ancora).
Avete presente la polemica sul numero degli ingressi e dei biglietti venduti per l’Expo? Il Fatto ha montato il “caso” il 24 maggio, tre settimane dopo l’apertura di Expo, annunciando il disastro delle presenze, usando come parametri di giudizio i biglietti dei tram venduti e la spazzatura raccolta (leggere per credere). Neppure stime o proiezioni, piuttosto congetture, accostamenti parziali, ipotesi e niente di più: su queste basi il Fatto ha costruito il suo ancoraggio e ha sviluppato una campagna durata fino agli inizi di agosto, quando si è dissolta nel nulla. Perché non ci vuole un matematico per capire che i ricavi dei biglietti di una manifestazione che dura 6 mesi vanno calcolati a evento concluso. Un po’ come i sondaggi e le elezioni, diciamo. Il punto è che, proprio come quando si vota, anche in questo caso il bias dell’ancoraggio resta impunito. Nessuno chiede conto ai sondaggisti delle fregnacce che ci propinano. Nessun lettore chiede conto al Fatto di articoli privi di ogni fondamento.
IL PIO DESIDERIO E IL SENNO DEL POI
Il punto è – per restare sempre nell’ambito che ci interessa – che spesso si desidera a tal punto un evento, da mobilitare tutte le proprie risorse cognitive ed emotive in preparazione dello scenario immaginato. Il fenomeno è noto, si definisce “wishful thinking”. Nel mondo dell’informazione, il wishful thinking assume quasi sempre la forma della previsione catastrofica. Serve a giornalisti che furono d’assalto, illuminati commentatori, editorialisti e notisti politici per poter dire, a catastrofe avvenuta, “noi ve l’avevamo detto” (hindsight bias). E’ per questi motivi che la buona cronaca e il giornalismo d’inchiesta lasciano il posto all’irrazionalità e all’aria fritta. Intere paginate, invece di dedicarsi al racconto del presente in quanto tale, vengono riempite per descrivere un futuro presunto, apocalittico e angoscioso. L’informazione cede il passo alla faziosità, inocula inutili stress, e perde ogni credibilità. Poi – non temete – ad un certo punto arriva la realtà, che finisce sempre per prendersi le sue rivincite. E la vita continua.
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Re: EXPO MILANO 2015
L'unico punto su cui mi sentirei di dissentire e' questo:
Per il resto, l'analisi mi sembra impeccabile.Perché anche i lettori del Fatto non vivono più in epoca Goebbels, per fortuna, ed è finita la società di massa che viveva di bombardamenti pubblicitari a tappeto. I cittadini pensano – e vogliono pensare – sempre più con la loro testa.
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Re: EXPO MILANO 2015
Analisi corretta anche per me.
Per la cronaca, sono tornato l'altroieri a Expo in visita serale e c'era più gente che mai.
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Re: EXPO MILANO 2015
Che fosse un flop nei numeri dei visitatori solo quelli del fatto potevano scommetterci: le offerte dei biglietti scontati erano ovunque prima dell'evento e anche dopo, se prese con promozioni varie (es. sky).
E ora, avendo perso la faccia sui numeri dei visitatori, non potranno martellare sulle vere questioni serie: riutilizzo dell'area, conti economici reali.
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Re: EXPO MILANO 2015
Adesso che è finito e che l'Expo è stato il successo che ho sempre pensato sarebbe stato, vorrei raccontare un piccolo episodio, celando il nome del giornale e del giornalista sebbene sono sicuro che lui, al mio posto, non mi ricambierebbe la cortesia, per dirla con il poeta.
Poche settimane prima dell'apertura dell'Expo sono stato mandato da Panorama a fare un servizio su come procedevano i lavori. Vado a Rho e vengo preso in consegna da uno dei responsabili dell'organizzazione che mi fa fare un giro di due ore e mezza dentro e fuori i padiglioni. Mancavano due settimane all'apertura e, francamente, i lavori non mi sembravano poi così indietro come da settimane si diceva su tutti gli altri giornali. Ma io non sono un capomastro e magari avevano ragione loro. Però il colpo d'occhio fu fantastico: costruzioni strepitose, di una bellezza unica, originali, ben posizionate attorno alle principali vie di scorrimento, un albero della vita che, anche da spento, era imponente e proprio "bello", non so se mi spiego. Vidi centinaia, forse addirittura migliaia di persone che lavoravano senza prendere fiato e il tutto produceva un colpo d'occhio magnifico. Insomma: anche a due settimane dall'apertura chiunque avrebbe capito che si stava costruendo qualche cosa di davvero pazzesco, unico. chiunque l'avrebbe capito che si sarebbe aperto il primo maggio, che tutti i padiglioni sarebbero stati terminati o quasi. Chiunque.
Finito il tour, sempre guardato a vista dal personale della sicurezza, esterno le mie prime impressioni al mio accompagnatore e alla fine gli chiedo:
"Scusa, ma sono il primo giornalista al quale hai fatto fare un giro così approfondito"? E lui mi risponde: "Certo che no, ne ho accompagnati decine". Ribatto: "Ah... e tra loro c'è anche quel noto giornalista di quel noto giornale che è noto perché tutti i giorni dice in prima pagina che l'Expo sarà un flop clamoroso"? "Sì, certo, ho accompagnato anche lui". "Ah... e senti, mi manderesti il suo pezzo, perché voglio capire se mi sono fatto impressionare dalla bellezza di quello che ho visto. Magari lui, avendo fatto lo stesso giro che ho fatto io, ha scoperto magagne che a me sono sfuggite". "Ehm...", mi risponde, "veramente dopo aver fatto lo stesso tour che hai fatto tu, non ha scritto niente". "Ah", dico io, "e come mai non ha scritto?" "Eh... gliel'ho chiesto anche io, mi ha risposto che la linea del giornale è che l'Expo sarà un flop e che lui, nonostante il nome che porta, non poteva andare contro la linea del giornale". Ecco, in quel preciso istante ho capito che l'Expo sarebbe stato un successo clamoroso.
Marco Cobianchi
Giornalista di Panorama
Poche settimane prima dell'apertura dell'Expo sono stato mandato da Panorama a fare un servizio su come procedevano i lavori. Vado a Rho e vengo preso in consegna da uno dei responsabili dell'organizzazione che mi fa fare un giro di due ore e mezza dentro e fuori i padiglioni. Mancavano due settimane all'apertura e, francamente, i lavori non mi sembravano poi così indietro come da settimane si diceva su tutti gli altri giornali. Ma io non sono un capomastro e magari avevano ragione loro. Però il colpo d'occhio fu fantastico: costruzioni strepitose, di una bellezza unica, originali, ben posizionate attorno alle principali vie di scorrimento, un albero della vita che, anche da spento, era imponente e proprio "bello", non so se mi spiego. Vidi centinaia, forse addirittura migliaia di persone che lavoravano senza prendere fiato e il tutto produceva un colpo d'occhio magnifico. Insomma: anche a due settimane dall'apertura chiunque avrebbe capito che si stava costruendo qualche cosa di davvero pazzesco, unico. chiunque l'avrebbe capito che si sarebbe aperto il primo maggio, che tutti i padiglioni sarebbero stati terminati o quasi. Chiunque.
Finito il tour, sempre guardato a vista dal personale della sicurezza, esterno le mie prime impressioni al mio accompagnatore e alla fine gli chiedo:
"Scusa, ma sono il primo giornalista al quale hai fatto fare un giro così approfondito"? E lui mi risponde: "Certo che no, ne ho accompagnati decine". Ribatto: "Ah... e tra loro c'è anche quel noto giornalista di quel noto giornale che è noto perché tutti i giorni dice in prima pagina che l'Expo sarà un flop clamoroso"? "Sì, certo, ho accompagnato anche lui". "Ah... e senti, mi manderesti il suo pezzo, perché voglio capire se mi sono fatto impressionare dalla bellezza di quello che ho visto. Magari lui, avendo fatto lo stesso giro che ho fatto io, ha scoperto magagne che a me sono sfuggite". "Ehm...", mi risponde, "veramente dopo aver fatto lo stesso tour che hai fatto tu, non ha scritto niente". "Ah", dico io, "e come mai non ha scritto?" "Eh... gliel'ho chiesto anche io, mi ha risposto che la linea del giornale è che l'Expo sarà un flop e che lui, nonostante il nome che porta, non poteva andare contro la linea del giornale". Ecco, in quel preciso istante ho capito che l'Expo sarebbe stato un successo clamoroso.
Marco Cobianchi
Giornalista di Panorama
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Re: EXPO MILANO 2015
Arrivi tardi 

Giordan ha scritto: Menzione onorevole per Pap, che si è distinto per avere la stessa voce di Battiato e la peggior pronuncia anglo-americana ogni epoca!!!
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Re: EXPO MILANO 2015
Paperone ha scritto:Arrivi tardi
Sorry, l'ho visto su FB proprio da te e un altro forumista che ha postato poco sopra, ma mi sembrava nessuno l'avesse condiviso anche qui. Chiedo venia per il plagio

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Re: EXPO MILANO 2015
Vero che non si tratta dell'autorevole Fatto Quotidiano, però mi sa che l'Expo non è stato sto flop annunciato.
Vero pure che poteva essere gestito meglio e tutto il resto, e sarà da capire cosa fare delle aree post Expo, però mi sembra l'ennesima figura da peracottari in tema economico di quelli che sanno cosa vuole la ggggente
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=ACCYnRRB
Vero pure che poteva essere gestito meglio e tutto il resto, e sarà da capire cosa fare delle aree post Expo, però mi sembra l'ennesima figura da peracottari in tema economico di quelli che sanno cosa vuole la ggggente
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Re: EXPO MILANO 2015
Jakala ha scritto:Che fosse un flop nei numeri dei visitatori solo quelli del fatto potevano scommetterci: le offerte dei biglietti scontati erano ovunque prima dell'evento e anche dopo, se prese con promozioni varie (es. sky).
E ora, avendo perso la faccia sui numeri dei visitatori, non potranno martellare sulle vere questioni serie: riutilizzo dell'area, conti economici reali.
Appunto.
Tra le altre cose alcune aziende che hanno costruito i padiglioni devono essere ancora pagate. Vedremo


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Re: EXPO MILANO 2015
Riapre una parte di area Expo.
http://it.blastingnews.com/milano/2016/ ... 38399.html
Cosa consigliate, se ci siete già stati da Maggio 2016?
http://it.blastingnews.com/milano/2016/ ... 38399.html
Cosa consigliate, se ci siete già stati da Maggio 2016?