11 luglio 2009.
Parte tutto da lì. Quel giorno io e DF decidemmo di rilevare gli allora Escondido Flames da squall, giusto in tempo per avere la trade deadline per iniziare a lavorare su una squadra da ricostruire totalmente da 0. Finimmo la stagione con il quinto peggior record della lega, testamento di una situazione disastrosa come ML ma anche come minors, in cui Pedro Alvarez era l'unica gemma in mezzo a tanta spazzatura. Abbiamo iniziato subito a lavorare in maniera aggressiva: in pochi giorni cedemmo Iannetta, Matsuzaka, Posada, Atkins, Kendrick e Marquis facendo arrivare in cambio, tra gli altri, prospetti come Alcides Escobar, Chris Carter, spazio salariale futuro e prendendo dalla spazzatura Bud Norris.
Nell'off-season la relocation a LA con conseguente cambio di denominazione, logo e colori sociali. Era l'inizio ufficiale di una nuova era. L'obiettivo che ci eravamo dati, fin da subito, uno solo: l'anello. Dal primo draft arrivarono Shelby Miller e Jacob Turner, dalla prima FA Martin Prado. Tutti giocatori che hanno fatto parte del cammino di questa squadra e del processo di crescita che in quattro anni - tra alti e bassi, imprevisti talvolta in entrambi i casi - ha centrato l'obiettivo. E spera di non essere arrivata all'apice ma di poter continuare a dire la sua anche in futuro, grazie a una strategia di sostenibilità a lungo termine messa in piedi in questi anni.
Oggi alcuni di quei giocatori che arrivarono per primi, all'inizio del nostro progetto, si mettono con noi l'anello al dito: Pedro che ieri sera ha preso una BB fondamentale, Alcides, Carter che è tornato a casa dopo aver tanto girato negli anni, Shelby che è il nostro asso per il presente e il futuro. Altri non ci sono più, ma indirettamente hanno contribuito uguale a questo titolo (e si metteranno l'anello anche loro visto che hanno iniziato la stagione con noi). Turner è stato pedina chiave per arrivare a Posey - finale di stagione sotto i suoi standard, ma ha stretto i denti con un dito rotto e ieri ha messo a referto 1B e BB importantissime - mentre Prado ha salutato per far vestire il blue&gold ad Hanley Ramirez, che pur giocando a sprazzi nel finale è stato a suo modo decisivo.
In questo percorso abbiamo rischiato, qualche volta facendo bene e qualche altra volta meno, ma l'obiettivo è stato sempre lì davanti e abbiamo messo tutto ciò che potevamo per raggiungerlo, facendo formazioni ogni santo giorno - anche più volte al giorno - e ragionando a profusione sulle mosse da fare e sulle statistiche di qualche sconosciuto 18enne dominicano.
Poi questi straordinari play-off: non siamo stati al nostro meglio, ma abbiamo lottato ogni AB di ogni singolo turno. Senza mai mollare, anche quando venerdì la finale sembrava ormai persa, sotto 5-12. Abbiamo battuto una Cleveland in gran spolvero che ci aveva battuto in RS e aveva, sostanzialmente, estromesso dai PO una corazzata come Detroit. Poi abbiamo eliminato gli amici di Springfield, LA dinastia di questo gioco con quattro titoli in fila e sette "podi" in altrettante edizioni. Quindi abbiamo fatto l'ultimo passetto battendo i campioni uscenti di Seattle, reduci dal miglior record in RS e che già due volte ci avevano sbarrato la strada - pur se di poco - durante la stagione regolare. Chiedere qualcosa di meglio sarebbe stato difficile. E senza il lavoro FONDAMENTALE di DF, molto più importante del mio, sarebbe stato impossibile. La serata di ieri passata a commentare, imprecare e poi finalmente esultare su whatsapp, ci ripaga di tutto l'impegno di questi anni.
29 settembre 2013: Los Angeles Bruins, 2013 Dinasty Series Champions.
PS- Chiedete a DF cosa gli ho detto domenica o lunedì su Pettitte. Me lo sentivo che, se avessimo vinto, sarebbe stato grazie a una sua gemma. Dinasty Series MVP.
