Gio ha scritto:Dietto ha scritto:
Cosa ha fatto?
Non tutto quello che ha promesso, come tutti gli altri presidenti prima di lui e quelli che seguiranno, ma molto piu di quello che pensa.
Ha funzionato tutto, no sopratutto con l'economia anche se deboli ma chiari segnali di ripresa adesso ci sono, e` merito suo, forse non ma sicuaramte senza gli interventi governativi le cose sarebbero andate peggio e in ogni caso la FIAt non avrebbe comprato Chrysler

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E in ordine sparso e a memoria, la modifica sanitaria e riuscita a farla passare (piu o meno) risolvera tutti i problemi sicuramente no ma e gia un enorme passo avanti rispetto a quello che c'era prima. Le truppe son tutte ritornate dal Iraq, il trattato START e` stato approvato, Osama pare sia in fondo al golfo persico ha firmato legislazioni per ridurre in deficit ......
Insomma ha qualcosina ha fatto.
Non sono per niente d'accordo.
Peraltro mi sono ricordato che a inizio dicembre avevo giusto scritto un fondo su Obama, ve lo incollo perchè chiaramente riassume bene come la penso sulla questione.
Obama, una bella carta da regalo non basta più
Nel novembre 2008, quando si sono svolte le ultime elezioni presidenziali americane, l’immagine di Barack Obama era troppo più scintillante rispetto a quella dello sfidante John McCain per poter perdere il voto del post-George ‘Dubya’ Bush.
L’icona battagliera del reduce dal Vietnam è una figura che ha tuttora un certo appeal sul popolo a stelle e strisce, ma un giovane senatore nero dell’Illinois, nato alle Hawaii da genitori multietnici, era un’occasione troppo ghiotta. Anche perché la splendida ‘carta da regalo’ di Barack non si fermava qui: possibile primo Presidente di colore – scenario talmente da film che negli States era già stato anticipato in due famose serie tv con il colored David Palmer in ‘24’ e l’ispanico Matt Santos in ‘West Wing’ – e il distacco netto, almeno a parole, dalla politica guerrafondaia ed economicamente scellerata del predecessore. E ancora un’aura di novità data anche, e soprattutto, dall’uso della rete e dal coinvolgimento, in particolare a livello di donazioni, di tutta la popolazione, con attenzione particolare alle fasce minoritarie storicamente meno propense a recarsi alle urne. Un mix tanto inusuale quanto perfetto per catturare l’entusiasmo e l’immaginazione del popolo americano, che gli ha infatti consegnato lo studio ovale della Casa Bianca.
Tre anni più tardi, con la campagna per le presidenziali 2012 che sta per entrare nel vivo, la situazione è radicalmente cambiata. La carta da regalo scintillante è stata strappata e Obama non è più bello, eccitante e perfetto come prima. A livello sociale la riforma sanitaria tanto sbandierata in campagna elettorale si è risolta, in pratica, in un nulla di fatto. A livello economico gli Stati Uniti sono ricaduti in una crisi economica ancora più grave della precedente, la peggiore dal 1929. Per non parlare poi dell’occupazione, con la fetta di popolazione che non riesce a trovare lavoro che si ingrandisce sempre di più e il Presidente che non riesce a far approvare dal Congresso la propria riforma dopo aver perso la maggioranza alla Camera durante le elezioni di mid-term del 2010.
Anche in politica estera l’Obama reale è stato ben diverso dall’Obama elettorale. Al Nobel per la Pace assegnatogli nel 2009, più sulla fiducia e sulle promesse che sui fatti, ha fatto seguito un atteggiamento tutt’altro che pacifista. Tanto che forse l’unico vero grande successo della presidenza Obama è l’uccisione di Osama Bin Laden, difficilmente pronosticabile nel 2008 come il punto più alto dei quattro anni al 1600 di Pennsylvania Avenue dell’ex senatore dell’Illinois. Per non parlare poi della questione lobby, con Obama che in diverse occasioni durante il mandato ha dimostrato nei fatti di sentire le pressioni dei grandi conglomerati di potere. Una questione che gli analisti più attenti mettevano in risalto già tre anni fa, ma che di certo stride con l’immagine patinata di Presidente sostenuto quasi esclusivamente dalle donazioni popolari.
A dodici mesi dalle elezioni, insomma, l’Obama ‘fashion’ e rivoluzionario è solamente un lontano ricordo, riposto nella scatola delle memorie da aspettative insostenibili e realtà ineludibili. Se vuole riguadagnarsi la fiducia degli americani e un altro ‘giro sulla giostra’, il quarantenne nato a Honolulu ora deve impegnarsi veramente sul piano politico ed economico dopo aver sprecato il ‘jolly’ narrativo che tanto piace agli eredi della Mayflower. In condizioni normali forse sarebbe già spacciato, ma con i Repubblicani che faticano a trovare un candidato pienamente credibile Obama ha ancora margine di manovra. A patto di affidarsi, stavolta, più ai fatti e meno a lustrini e paillettes.