Birdman ha scritto:
Oggi il vicino è tornato alla carica.
Mi ha detto che sicuramente quando vado al mare faccio un sacco di allenamento (mimando il gesto della monta), e se ne è andato dicendo "ti voglio bene".
Sono ufficialmente preoccupato.
Questo "uomo macedone" è bello grosso? Chiedo in caso tu debba passare alla legittima difesa :D
Sui vicini non ho poi molto da dire, solite storie di tacchi alti, bambini rompipalle e rumoroso sesso notturno. Sui coinquilini anche io potrei scrivere un libro avendo cambiato tre appartamenti nel giro di due anni ed in due nazioni diverse, mi limiterò a narrarvi degli episodi salienti avvenuti in quel di Lecce e Londra.
A Lecce ebbi la mia primissima esperienza da solo in casa. Fui immediatamente fortunato, poiché nella lotteria dei coinquilini pescai due militanti di Lotta Comunista. Ragazzi innocui, non fraintendete, ma piuttosto votati al partito e molto meno votati a cose trascurabili e di minore importanza come l'igiene personale ed il rispetto della proprietà e spazi altrui. Infatti, in poche settimane trasformarono quella casa in una perfetta imitazione di un regime comunista satellite di Mosca: tristezza, squallore, egalitarismo opportunistico e scarsa igiene regnavano sovrani. I ragazzi si ispiravano ciecamente al tradizionale principio comunista: "Ciò che è tuo è mio, ciò che è mio è mio". 10 minuti dopo il mio ingresso in casa, mi mostrarono entusiasti la loro magra dispensa (tre pacchi di pasta già aperti, un paio di scatolette di tonno) annunciando affabilmente che "potevo prendere da lì quello che volevo!"; nel dirmi questo con la coda dell'occhio guardavano famelici le pantagrueliche provviste di pasta e salsa che avevo portato con me. Inutile dire che ad ogni mia assenza trovavo un pacco di pasta ed una bottiglia di salsa in meno. Nel chiedergli conto delle mie scorte che diminuivano senza che io le toccassi mi rispondevano sorridenti che "Qui tutto è di tutti! E poi André, noi siamo veri artisti dell'arte dello scrocco!" ... Avrei voluto sfasciargli il grugno, ma seppi aspettare pazientemente.
Il bagno di casa, nelle loro mani, diventava una fogna di Calcutta con lo specchio lurido di schizzi di dentifricio, l'orlo della tazza pieno di gocce rapprese di urina ed il pavimento coperto da una moquette di peli. Adornarono la cucina con una natura morta da tre mesi: un cesto di banane che sviluppò tre diversi tipi di muffa, due bluastre ed una giallognola, inquietantissima. Inutili i miei sforzi di tenere la casa in ordine, provvedevano a rovinarli insudiciando tutto di nuovo mentre inneggiavano alla "vita universitaria fatta di goliardia e sporcizia!". La Scure della mia Vendetta calò sul loro collo, inesorabile: alla prima occasione gli feci sparire dal magazzino quattro anni di uscite settimanali del loro periodico "Lotta Comunista", infarcito di dottrine pseudo-leniniste che annunciavano regolarmente l'imminente crollo del sistema capitalistico e la necessità per i proletari di tutto il mondo di unirsi sotto la bandiera comunista e bla bla bla bla bla bla ... le mie parole non potranno mai rendere a pieno la loro disperazione nell'aver perso quattro anni di capolavori usciti dalle più grandi menti comuniste in Italia (???), materiale importantissimo dal quale pescavano regolarmente nell'organizzare incontri e conferenze e scrivere relazioni, preparando la gente alla venuta del Comunismo Mondiale. Ci siamo salutati in ottimi rapporti, non sapranno mai cosa ne è stato dei loro periodici i quali con spirito ecologista ho provveduto a riciclare e, come spero, si sono trasformati in tanta carta igienica che probabilmente starete usando proprio in questo momento.
A Londra, le cose non andarono meglio. Chi due anni fa seguiva il mio topic live dall'estero forse ricorda di cosa parlo. Trovai un gustoso appartamentino nei quartieri ultra-popolari ad East London in una ridente zona al confine con i docklands, ricca di immigrati dal sud dell'Asia, cockney xenofobi e chavs. La casa era abitata da un folto gruppetto di Brasiliani, gente che appariva innocua e perlopiù portata a farsi gli affari suoi. Condividevo la camera con un tale Jeliferson, ragazzotto innocuo del Pernambuco che spinto probabilmente da nostalgia cercava di ricreare la natìa foresta pluviale amazzonica in camera nostra: aveva l'abitudine di lavare i suoi abiti solo in acqua (forse per risparmiare i 99 pence di detersivo?) e di stenderli poi sui termosifoni sparati al massimo, ricreando un clima torrido ed umidissimo nella altresì fredda Londra a dicembre. Ricordo che ogni notte controllavo le coperte per accertarmi che non ci fossero annidati boa, ragnacci giganteschi ed altri tipi di predatore amazzonico. Aveva anche l'abitudine di cucinare un fetente riso giallognolo ricco di cipolla che mangiava direttamente dalla padella. Spesso i suoi avanzi erano lasciati sul tavolino in camera per la gioia dei topolini casalinghi che ci andavano a banchettare alla grande. Purtroppo il povero Jeliferson ed i suoi amici erano anche degli immigrati illegali: una sera fui svegliato da una poliziotta che brandiva un manganello e mi intimava di non muovermi. Perquisirono l'intera casa dopo una soffiata e scoprirono che quei brasiliani lavoravano tutti sotto passaporto falso. Bella roba. Non sto a descrivere tutto il processo che ne seguì e come collaborai con le forze dell'ordine all'arresto del mercante d'identità false, Simaroni, un idiota che abitava nell'altra stanza il quale appena fu ammanettato iniziò a piangere come un bambino. Ricordo come Jeliferson intanto mostrava un'immagine della Vergine Maria al poliziotto che l'arrestava giurando di essere una brava persona (ed in effetti lo era, puliva cessi per mantenere la famiglia in Brasile), e quello gli intimava di vestirsi, incurante. Jeliferson si infila un paio di stivaloni texani ed una camicia che sembrava uscita dall'OK Corral: il poliziotto mi guarda, mi fa l'occhiolino, si gira di nuovo verso di lui e dice "Ragazzo stai andando in commissariato non ad una sfilata". Seppi poi che qualche giorno dopo, appena libero, prese il primo aereo per il Brasile e sparì per sempre. Addio Jeliferson.
Ai Brasiliani seguirono i Bulgari. Bravi ragazzi, onesti ed amichevoli, piuttosto simpatici anche se c'era una coppia male assortita composta da una ragazzona che studiava turismo ed il suo fidanzato, Ivan, un ultrà di Plovdiv trapiantato a Londra: cercò di trasmettermi il suo amore per le risse da pub, l'essere hooligan, i superalcolici e l'acqua dei cetriolini sott'olio. Declinai educatamente. Ricordo quando una volta mi affacciai in camera loro per chiedergli se potevano prestarmi un po' di bagnoschiuma e mi arrivò in faccia un tanfo che sembrava fosse esplosa una fabbrica di vernici. Era popper che loro lasciavano aperto in camera come afrodisiaco per le loro selvagge notti di sesso che turbavano i miei sogni.
Lasciai Londra, tristissimo, ma loro non mi mancarono affatto.
Tornai a Lecce, e qui ebbi come coinquiline Bea ed Eva, due fighe di Barcellona che mi introdussero in un giro erasmus niente male all'interno del quale feci tantissime conoscenze ed amicizie che coltivo tutt'ora.
E beh, direi che dopo tante avventure un po' di fortuna me la sono anche guadagnata
