Bluto Blutarsky ha scritto: 10/11/2019, 11:54Visto ieri The Irishman.
Cosa vi devo dire? Si potrebbero scrivere papiri su questo film, e sul legame tra il film e la storia dei gangster movies (genere con il quale Scorsese viene a torto o a ragione maggiormente identificato, e che qui - come Eastwood ne Gli Spietati - si prende la responsabilità in qualche modo di chiudere)
Sulla sceneggiatura, sulla storia degli Stati Uniti che viene fuori, con la sua continuità tra crimine e politica.
Sugli attori (tra De Niro, Pacino e Joe Pesci non saprei davvero dire chi è più straordinario).
Su un'epopea che di epico non ha più niente. Io credevo che Scorsese avrebbe fatto un "suo" C'era una volta in America, ma mi sbagliavo totalmente, i gangster di The Irishman non hanno nessuna nostalgia del passato ma solo l'amara consapevolezza di aver sprecato le cose più importanti della propria vita. Sono spogliati di qualunque aura romantica, piccoli meschini quadri intermedi del crimine.
Io mi limito all'osservazione più banale, per incoraggiarvi ad andarlo a vedere: un tre ore e mezza non mi sono annoiato un istante.
visto ieri sera in un cazzo di cinemino a 80 km da Pescara.
Cosa non si fa per Scorsese e De Niro.
devo dire che il boldato rispecchia pienamente la mia sensazione, le emozioni per la prima volta sono dietro la camera e non davanti.
Non c'è idolatria della mafia, c'è quasi una confessione del regista e dei suoi interpreti.
Una voglia di redimersi, di mostrare la mafia per quel che è.
Senza la disamina socio-culturale delle sue cause, senza la spavalderia delle musiche dei Rolling Stones e senza la presenza massiccia di primi piani che enfatizzino i momenti di crudeltà che i protagonisti vivono.
allo stesso modo, non c'è nemmeno una condanna politica o morale, ma solo emotiva.
Non c'è affetto in questo mondo, non ci può essere e questo è dannatamente il modo peggiore di vivere la propria esistenza.
Lo spirito goliardico si è estinto, quello che rimane è solo la memoria.
E' lo Scorsese quindi più sensibile, nel suo film più intimo, che passa da una mafia colorita e vivace dei suoi film anni 80 ad una luce completamente diversa. Grigia, cupa, fredda.
La lente fotografica (e musicale) ha l'intento di analizzare le scelte più difficili in contrasto con l'assenza di contatto emotivo.
Non è il miglior film di Scorsese, ma ho apprezzato il tentativo di superare l'esaltazione della mafia, di superare la sua giustificazione.
E lo apprezzo soprattutto perchè è stato lui a creare questo genere, ed è lui che lo ha chiuso proprio con questo film.
Come Sergio Leone ha inaugurato lo spaghetti western con un Pugno di dollari, e poi, infastidito dalle centinaia di imitazioni, lo ha chiuso con C'era una volta il West.
Scorsese, in un più ampio raggio di tempo, compie lo stesso percorso.
Con De Niro, tornato finalmente ai suoi livelli eccelsi, si erano promessi di chiudere con questa ingombrante ombra della mafia, attraverso un film di genere, in cui ci togliamo tutti i dubbi, il messaggio ai discepoli è abbastanza chiaro:
la mafia è una montagna di merda.