Non si può parlare di un disco del genere. E' musica sacra, arcana, trascendente. Gabriel scava dentro le profondità della civiltà, c'è musica mediorientale, berbera, armena, tribale. C'è il deserto. E' musica misteriosa, solenne, potente.
Ci sarebbe da scrivere nel topic delle recensioni storiche. Parliamo veramente di uno dei più grandi dischi della storia, a prescindere dal suo essere colonna sonora
qui riporto quanto scritto altrove da una bravissima ascoltatrice
Un sogno può elevarti al cielo. Un sogno può sfociare in ossessione e rovinarti la vita. Di questo era perfettamente consapevole Peter Gabriel quando nel 1989 ha fondato la casa discografica Real World che permette ad artisti di ogni provenienza del mondo di poter incidere la musica con i più sofisticati mezzi di registrazione e di esportarli al di fuori del proprio paese d'origine. Ma per capire la vera portata di questo sogno bisogna spostarsi indietro di qualche anno e andare nel 1982 quando Gabriel, per la prima volta, propone e organizza un festival che cambierà la storia del mondo artistico occidentale: il World of art, music and dance. Un progetto ambizioso che prevede una settimana di full immersion nell'arte di paesi provenienti dai quattro angoli della terra e che, per tutta una serie di sfortunati eventi, sarà un bagno dal punto di vista economico tale che dovranno intervenire i suoi vecchi amici Genesis ad aiutarlo a risollevare le sorti. Bisognerà attendere il successo del predecessore "So". Peter Gabriel grazie ai proventi delle vendite di quel disco riesce ad avere nuovamente le possibilità economiche per realizzare il suo sogno. Investe ogni centesimo guadagnato nel riadattare un vecchio mulino a studio di registrazione e fonda la Real World Ltd. Ancora una volta si mette in gioco in prima persona: "Passion" è il primo titolo ad uscire per questa etichetta ed è un appassionato atto di fede a queste aspettative, nelle sue promesse della contaminazione culturale, dove per riprodurre suoni negli scenari nordafricani che fanno da sfondo al film "L'ultima tentazione di Cristo" di Martin Scorsese, Peter Gabriel chiama in studio musicisti provenienti da ogni parte del mondo, dal Ghana, Costa D'Avorio , Nuova Guinea, dal Bahrain, India solo per fare qualche esempio. La Real World è un'avventura, potrebbe andare male, il suo fondatore ci ha investito tutti i suoi soldi e la sua credibilità artistica. La pressione è enorme, incalcolabile. Inoltre non era un periodo semplice nemmeno per quanto riguarda la sua vita privata. Si aprono le danze, "The feeling begins", un brano tutto imbastito intorno a percussioni e un'antica melodia armena. Già si ha l'assaggio del miracoloso equilibro tra la sensibilità del Gabriel alle prese con i propri fantasmi interiori e la musicalità tipica proveniente da mondi finora sconosciuti all'occidente. "Gethsemane" è lo specchio di queste paure, inquietante e malevola tutta orchestrata dal solo Gabriel; "Lazarus Raised" ancora una volta un perfetto connubio tra melodie tradizionali provenienti dal Kurdistan e quelle occidentali dell'autore. Si va avanti, la tensione è ancora palpabile, si arriva a "Open". Musicalmente è basata su una improvvisazione fatta da Shankar e lo stesso Gabriel, il modo migliore per descriverla è come se fosse una preghiera di un uomo arrivato al culmine della disperazione e l'unica voce che può sentire, l'unica a cui è veramente aperto ora, è quella del suo Creatore. E se un ascoltatore occasionale non sapesse che "With this love" è l'opera di un rocker del secolo scorso, direbbe tranquillamente che si tratta di un brano di musica classica. Ha una bellezza e una dolcezza infinita senza tempo, quasi come l'Amore, pura e incantata. Il tempo avanza, letteralmente si potrebbe sentire il rumore della sabbia, che scorre nella clessidra, nella scarna "Sandstorm" e lentamente giungiamo al punto centrale, al capolavoro: "Passion". Tutto il dolore, la sofferenza del mondo racchiusi in un brano di più di sette minuti dove le voci fanno da padrone su tutto il resto. E' anche un confronto pacifico e alla pari tra tre mondi vocali diversi: l'anglosassone Gabriel, il senegalese Youssou N' Dour e il pakistano Nusrat Fateh Ali Khan, mai abbastanza compianto. Fino a questo momento non c'è stato un'attimo di cedimento, come moderno demiurgo Peter Gabriel è riuscito ad immergere l'ascoltatore in un pathos emotivo che non lo molla per un istante e in "It's accomplished" sembra abbia dato carta bianca ai suoi musicisti, sembra abbia detto "l'opera è finita, dobbiamo essere contenti di quello che abbiamo creato". E' tutta una festa: dalle campane che aprono il brano, dal ritmo gioioso e incalzante delle percussioni, alla voce finalmente libera dalle ombre che l'avevano rinchiusa fino a quel momento. E' tutto compiuto.
questo è il mio passaggio preferito.
allego:
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