Non metto tutti i limk, ma
questo e
questo sono due "pezzi" commoventi.
Un gentiluomo, prima di tutto.
Un pezzo di storia del baseball.
Un capitolo intero di storia.
Guardare i Sox è una fatica immane.
Le partite cominciano all'una di notte.
Finiscono alle quattro, quando va bene.
Ma più di qualche notte, dopo l'ultimo out della partita dei Sox, "mettevo sui" Dodgers.
Tardissimo ormai, ero stanchissimo.
Ma volevo provare quell'emozione che veniva dalla West Coast.
Quella connessione tra East e West.
Unica nello sport americano.
Per provare quella sensazione.
Per ascoltare per dieci, quindici, trenta minuti la voce di Vin Scully e sprofondare nel sonno.
Voce che avrebbe appianato la delusione di una sconfitta o rallentato il battito eccitato di una vittoria.
Crediamo che le vittorie e le sconfitte ci definiscano, ma è il racconto che ci definisce.
Vin Scully, un aedo moderno, che ci ha accompagnato da sempre.
Da Brooklyn a LA.
Da ovunque al Dodger Stadium.
Un pittore. Un poeta. Un artista.
Non so davvero come definirlo.
Nessuna parola è sufficiente.
Grazie di tutte le
tue parole, Vin.