"The Future Begins Now"- College Football 2016
Inviato: 01/09/2016, 18:44
“The future is always beginning right now.”
Mark Strand
Una volta odiavo settembre.
Lo odiavo con tutto me stesso perché settembre per me rappresentava la fine: la fine dell’estate, la fine delle giornate in bici e in piscina, la fine della libertà, la fine del periodo più bello dell’anno. Iniziava la scuola, con il suo grigiore, i compiti, lo studio, le interrogazioni; e tutto il resto finiva.
La fine, appunto.
Poi però, con il passare del tempo e con nuove esperienze, mano a mano che crescevo, ho cominciato a guardare a questo mese di transizione- così strano e imprevedibile meteorologicamente parlando ma non solo- con occhi e atteggiamento diversi. Poco a poco ho capito: settembre non era affatto la fine di nulla, ma l’inizio di tutto. Semplicemente, avevo sbagliato prospettiva.
Settembre è una pagina bianca di un diario, la tela immacolata di un pittore, l’erba fresca di un campo di football; un capitolo da scrivere, un frutto da cogliere, una nuova opportunità. A settembre ci lasciamo indietro i dolci sapori di una estate lunga e affascinante per rialzare lo sguardo verso i nostri obiettivi, traguardi; a settembre la frivolezza del divertimento estivo evapora in una nube e lascia il posto alla solidità della vita reale, con i suoi patemi ed inconvenienze ma anche con le sue tante soddisfazioni ed opportunità riservate a chi è bravo a coglierle.
No, non lo odio più settembre: lo aspetto con ansia ora.
Settembre significa football.
Quando arrivai in America la prima volta, verso la fine di un agosto umido ed opprimente solo come il vecchio Sud sa regalare, qualcuno mi chiese:
“Can you smell it?"
“Smell what?- risposi io.
“Football season. What else?”- fu la risposta.
Imparai alla svelta: il football prima ancora di vederlo, toccarlo, in America lo si annusa nell’aria, lo si percepisce in quella magica atmosfera tardo estiva dove la fievole luce di un sole che tramonta esattamente all’ora giusta (quando vedo un tramonto a settembre, per qualche ragione, penso sempre che sia quella l’ora perfetta: dovrebbe tramontare tutto l’anno a quell’ora) conferisce all’erba e alle montagne un’aurea così stupendamente trascendentale da sfuggire alle mie capacità descrittive.
Nessuno è in grado di capire esattamente cosa sia quel qualcosa; non ha un odore distinto, uguale per tutti; non ha un colore; non ha una forma. Ma c’è. E’ nell’aria. Tutti lo sanno e tutti lo riconoscono in certe parti d’America. It’s time for football and you just know it.
Una nuova stagione, un nuovo inizio, una nuova opportunità per scrivere la propria storia. Una nuova alba.
E’ un momento pervaso di romanticismo perché tutto è estremamente malleabile alla propria immaginazione e ai propri sogni. Tutti sognano: dai bambini delle scuole medie ansiosi di allacciarsi il caso per la prima volta e scendere nell’arena del campo ai consumati professionisti dell’NFL all’inseguimento di un titolo o di un record, passando per gli adolescenti delle scuole superiori inebriati dalla sensazione di purissima onnipotenza che solo chi è sceso in un campo d’America il venerdì sera sotto i riflettori conosce. E’ un inizio, il sole che sorge a proiettare la propria luce su di un nuovo giorno. Non esistono classifiche, non esistono statistiche: sono tutti 0-0, tutti imbattuti, tutti- in cuor loro- egualmente convinti di vincere, di mettersi un anello al dito.
Non è solo un inizio dunque: ma è anche- e soprattutto- un’opportunità. Preziosa, da non sprecare; che non sempre torna. Esattamente quanto preziosa sia lo si capisce poi a dicembre e gennaio, nelle lacrime e nello sconforto di chi ha perso e appena realizzato che quell’opportunità non c’è più, è svanita. Dare il massimo per sfruttarla appieno non è dunque solo parte del gioco, ma è imperativo morale: perché è infinitamente più facile convivere con l’agonia della sconfitta che con la vergogna di sapere di non aver fatto tutto il possibile, di essersi risparmiati. Un vero giocatore di football sa che la prima semplice evenienza è parte del gioco, necessario dazio da pagare per poter partecipare, ma la seconda no: quella sì sarebbe un’onta insopportabile e bruciante; la vera sconfitta.
La luce dell’alba illumina tutti in egual misura: ma sta a ciascun individuo decidere come utilizzare- o sprecare- il miracolo di un nuovo giorno, la benedizione di una nuova alba. Ogni mattina è un inizio, e come tale esige la risposta alla domanda più importante: cosa farai oggi per migliorare? Come userai questo giorno per avvicinarti, anche se solo di un centimetro, al tuo obiettivo?
E’ la risposta quotidiana a questa domanda che separa i vincenti dai perdenti.
C’è un cartello- grande, evidente- all’entrata della sala pesi di Appalachian State, sotto al quale tutti i giocatori devono necessariamente transitare. E’ impossibile da ignorare. Contiene una scritta bianca a caratteri cubitali: “This is the beginning of a new day”. E poi sotto: “God has given me this day to use as I will. I can waste it or use it for good.”
Scelte, risposte.
E ancora: “What I do today is IMPORTANT because I’m exchanging a day of my life for it. When tomorrow comes, this day will be gone forever. Leaving in its place something I have traded for it. I want it to be gain, not loss; good, not evil; success, not failure.”
Il successo è un scelta: o meglio, un processo fatto di tante scelte giuste, sacrifici, dedizione e rinuncie. Non è regalato, ma sudato. E, come se non bastasse, ha anche la caratteristica di essere precario, costantemente fragile: è un credito che va rinnovato di giorno in giorno, di alba in alba, con il sudore sulla fronte e la determinazione nella mente.
Ancora il cartello: “I shall not regret the price I paid for it, because the future is just a whole string of nows.”
Il future è niente più che un insieme di adesso. La pagina è bianca, la penna è nelle nostre mani.
Oggi è l’alba. Oggi si inizia davvero. Oggi ci ricordiamo ancora una volta di essere dei privilegiati ad amare questo straordinario sport che trascende i confini più strettamente sportivi e si erge quasi a culto laico, totalitario nel catturare i nostri cuori ed emozioni. Noi possiamo solo subirne il fascino, l’attrazione. E questo è un privilegio, non dimentichiamocelo mai.
Ora c’è un’intera stagione di college football dinanzi a noi: bianca, immacolata, tutta scrivere ed inventare. Aspetta solo di essere vissuta. E allora, amici, facciamolo assieme come meglio possiamo: viviamola appieno questa stagione, con il cuore in gola e con i battiti a mille. E’ la nostra festa, il rinnovamento della nostra fede.
Bentornato college football!
Mark Strand
Una volta odiavo settembre.
Lo odiavo con tutto me stesso perché settembre per me rappresentava la fine: la fine dell’estate, la fine delle giornate in bici e in piscina, la fine della libertà, la fine del periodo più bello dell’anno. Iniziava la scuola, con il suo grigiore, i compiti, lo studio, le interrogazioni; e tutto il resto finiva.
La fine, appunto.
Poi però, con il passare del tempo e con nuove esperienze, mano a mano che crescevo, ho cominciato a guardare a questo mese di transizione- così strano e imprevedibile meteorologicamente parlando ma non solo- con occhi e atteggiamento diversi. Poco a poco ho capito: settembre non era affatto la fine di nulla, ma l’inizio di tutto. Semplicemente, avevo sbagliato prospettiva.
Settembre è una pagina bianca di un diario, la tela immacolata di un pittore, l’erba fresca di un campo di football; un capitolo da scrivere, un frutto da cogliere, una nuova opportunità. A settembre ci lasciamo indietro i dolci sapori di una estate lunga e affascinante per rialzare lo sguardo verso i nostri obiettivi, traguardi; a settembre la frivolezza del divertimento estivo evapora in una nube e lascia il posto alla solidità della vita reale, con i suoi patemi ed inconvenienze ma anche con le sue tante soddisfazioni ed opportunità riservate a chi è bravo a coglierle.
No, non lo odio più settembre: lo aspetto con ansia ora.
Settembre significa football.
Quando arrivai in America la prima volta, verso la fine di un agosto umido ed opprimente solo come il vecchio Sud sa regalare, qualcuno mi chiese:
“Can you smell it?"
“Smell what?- risposi io.
“Football season. What else?”- fu la risposta.
Imparai alla svelta: il football prima ancora di vederlo, toccarlo, in America lo si annusa nell’aria, lo si percepisce in quella magica atmosfera tardo estiva dove la fievole luce di un sole che tramonta esattamente all’ora giusta (quando vedo un tramonto a settembre, per qualche ragione, penso sempre che sia quella l’ora perfetta: dovrebbe tramontare tutto l’anno a quell’ora) conferisce all’erba e alle montagne un’aurea così stupendamente trascendentale da sfuggire alle mie capacità descrittive.
Nessuno è in grado di capire esattamente cosa sia quel qualcosa; non ha un odore distinto, uguale per tutti; non ha un colore; non ha una forma. Ma c’è. E’ nell’aria. Tutti lo sanno e tutti lo riconoscono in certe parti d’America. It’s time for football and you just know it.
Una nuova stagione, un nuovo inizio, una nuova opportunità per scrivere la propria storia. Una nuova alba.
E’ un momento pervaso di romanticismo perché tutto è estremamente malleabile alla propria immaginazione e ai propri sogni. Tutti sognano: dai bambini delle scuole medie ansiosi di allacciarsi il caso per la prima volta e scendere nell’arena del campo ai consumati professionisti dell’NFL all’inseguimento di un titolo o di un record, passando per gli adolescenti delle scuole superiori inebriati dalla sensazione di purissima onnipotenza che solo chi è sceso in un campo d’America il venerdì sera sotto i riflettori conosce. E’ un inizio, il sole che sorge a proiettare la propria luce su di un nuovo giorno. Non esistono classifiche, non esistono statistiche: sono tutti 0-0, tutti imbattuti, tutti- in cuor loro- egualmente convinti di vincere, di mettersi un anello al dito.
Non è solo un inizio dunque: ma è anche- e soprattutto- un’opportunità. Preziosa, da non sprecare; che non sempre torna. Esattamente quanto preziosa sia lo si capisce poi a dicembre e gennaio, nelle lacrime e nello sconforto di chi ha perso e appena realizzato che quell’opportunità non c’è più, è svanita. Dare il massimo per sfruttarla appieno non è dunque solo parte del gioco, ma è imperativo morale: perché è infinitamente più facile convivere con l’agonia della sconfitta che con la vergogna di sapere di non aver fatto tutto il possibile, di essersi risparmiati. Un vero giocatore di football sa che la prima semplice evenienza è parte del gioco, necessario dazio da pagare per poter partecipare, ma la seconda no: quella sì sarebbe un’onta insopportabile e bruciante; la vera sconfitta.
La luce dell’alba illumina tutti in egual misura: ma sta a ciascun individuo decidere come utilizzare- o sprecare- il miracolo di un nuovo giorno, la benedizione di una nuova alba. Ogni mattina è un inizio, e come tale esige la risposta alla domanda più importante: cosa farai oggi per migliorare? Come userai questo giorno per avvicinarti, anche se solo di un centimetro, al tuo obiettivo?
E’ la risposta quotidiana a questa domanda che separa i vincenti dai perdenti.
C’è un cartello- grande, evidente- all’entrata della sala pesi di Appalachian State, sotto al quale tutti i giocatori devono necessariamente transitare. E’ impossibile da ignorare. Contiene una scritta bianca a caratteri cubitali: “This is the beginning of a new day”. E poi sotto: “God has given me this day to use as I will. I can waste it or use it for good.”
Scelte, risposte.
E ancora: “What I do today is IMPORTANT because I’m exchanging a day of my life for it. When tomorrow comes, this day will be gone forever. Leaving in its place something I have traded for it. I want it to be gain, not loss; good, not evil; success, not failure.”
Il successo è un scelta: o meglio, un processo fatto di tante scelte giuste, sacrifici, dedizione e rinuncie. Non è regalato, ma sudato. E, come se non bastasse, ha anche la caratteristica di essere precario, costantemente fragile: è un credito che va rinnovato di giorno in giorno, di alba in alba, con il sudore sulla fronte e la determinazione nella mente.
Ancora il cartello: “I shall not regret the price I paid for it, because the future is just a whole string of nows.”
Il future è niente più che un insieme di adesso. La pagina è bianca, la penna è nelle nostre mani.
Oggi è l’alba. Oggi si inizia davvero. Oggi ci ricordiamo ancora una volta di essere dei privilegiati ad amare questo straordinario sport che trascende i confini più strettamente sportivi e si erge quasi a culto laico, totalitario nel catturare i nostri cuori ed emozioni. Noi possiamo solo subirne il fascino, l’attrazione. E questo è un privilegio, non dimentichiamocelo mai.
Ora c’è un’intera stagione di college football dinanzi a noi: bianca, immacolata, tutta scrivere ed inventare. Aspetta solo di essere vissuta. E allora, amici, facciamolo assieme come meglio possiamo: viviamola appieno questa stagione, con il cuore in gola e con i battiti a mille. E’ la nostra festa, il rinnovamento della nostra fede.
Bentornato college football!